Ricciola dalle Alte Scogliere

Ricciola dalle Alte Scogliere

Angelo Serrau Marongiu

Durante il periodo successivo al lockdown, e quindi la fine della primavera e l’estate scorsa, ho frequentato le scogliere della costa est, cercando qualche cattura interessante a spinning. L’acqua sino a giugno si è mantenuta fredda e i barracuda non mancavano. Ma il vero divertimento erano i banchi di piccole ricciole, i limoncini, esemplari di circa 30 centimetri con qualche “pezzo” più raro che raggiungeva i 60. La ricciola non è un pesce come gli altri, ha una forza notevole e anche se di piccola taglia, ti fa sempre dannare. I recuperi sono imprevedibili e sono dominati da due caratteristiche tipiche delle ricciole: forza e astuzia. Infatti, questo pesce dà l'impressione che dosi le sue forze durante il combattimento, alternando partenze improvvise a pause fatte di “grattate” sulle rocce del fondo, che raggiunge nel tentativo di tagliare la lenza. A tutto questo si aggiungono le difficoltà ambientali. Infatti, in generale, la pesca avviene dai costoni franosi a picco sul mare, su fondali ricchi di grosse buche, circondate da rocce sempre più taglienti, man mano che il fondo si riduce, fino ai nostri piedi. Altri spot molto interessanti sono i piccoli promontori, rivolti verso il mare, con fondali che spesso non superano i 5 metri di profondità. In tutti questi casi lo strike e il successivo combattimento avviene in pochi metri d’acqua, sotto i nostri piedi.


Cambio di luce
Come per molte specie, anche per la ricciola i momenti propizi sono l’alba e il tramonto. Mi è capitato, ad esempio, di avere sotto i piedi un grosso banco di ricciole, quando il sole stava per tramontare. Erano circa le 18.00. Mi ricordo la scarsa luminosità, il mare in rimonta, lo scirocco sferzante e la scomodità dello spot. In più sentivo la stanchezza di una giornata lavorativa. Dopo diversi attacchi di esemplari di taglia minore e una lunga pausa, abbocca un esemplare di discrete dimensioni, una ricciola di circa 60 centime- tri. L'attacco è avvenuto quasi sul pelo dell'acqua, con l'artificiale che sfiorava, tra la schiuma, due grossi massi quasi affioranti. Il combattimento è durato pochi istanti. Il pesce non è riuscito a prendere il fondo per via della corrente di risalita che in questo caso ha giocato a mio favore. Alla fine, sempre a favore di corrente, il pesce è venuto fuori, qua-si da solo. Ho notato che questo è uno dei comportamenti che ha la ricciola: quando non riesce a prendere il fondo segue la corrente. Quindi, se possibile, conviene scegliere un posto dove la corrente crea una grossa onda a favore che aiuta il recupero.


Ricciole d’autunno
Uso una canna che ha potenza di un’oncia, abbastanza per molte prede ma sottodimensionata per fronteggiare da sola grosse ricciole. Per compensare il peso della mia canna, uso un mulinello Penn 3500 con una frizione dichiarata di 13 chili e, rispetto ai concorrenti della stessa misura, una capienza equivalente a un 5000. Con me ho sempre alcune bobine di ricambio, tutte armate con dell’ottima treccia: 0,23 per l’otto capi e 0,24 per il 4 capi. Co-me finale un fluorocarbon dello 0,52. Come per la pesca ai dentici, uso solo ancorette rinforzate T4x # sugli insostituibili e immancabili long jerk da 190 centimetri che colleziono in molte colorazioni per avere ampia scelta. Con questa attrezzatura ho fatto catture molto belle proprio all’inizio dell’autunno, ma qualche volta...

“Il primo attacco è stato tremendo, a circa 20 metri da me. Credo abbia fatto un agguato e infatti ha raggiunto il fondo, facendo quello che voleva”.

La prima uscita di quest’anno ho incrociato banchi di ricciole dalla mole insolita, esemplari dai 60, sino a oltre il metro di lunghezza. La prima ferrata, tra l’altro con un pesce importante, almeno per lo spinning dalla riva, non è stato fortunato. Si trattava di una ricciola di circa 80 centimetri. L’attacco è avvenuto a pochi metri da me, su un fondo di circa 5 metri. Già da subito ho tentato di forzare il recupero e questo mi ha consentito di avvicinarla sotto i piedi e scorgerne la sagoma. A circa 2 metri sotto la superficie, sembrava fatta, ma all’improvviso il pesce ha aggirato il masso dal quale pescavo. Questo mi ha obbligato ad allentare la forza e dargli un po’ di filo. Forza e spazio che il pesce si è ripreso abbondantemente, ritornando sul fondo e tranciando la treccia su una cresta sommersa a pochi metri di distanza. Ma non mi sono dato per vinto. Sono tornato sullo spot alla stessa ora e con le stesse condizioni meteo marine, qualche settimana dopo. La giornata era molto umida e lo scirocco la faceva da padrone. A tratti pioveva debolmente e il mare era piatto. Il primo attacco è stato tremendo, a circa 20 metri da me. Credo abbia fatto un agguato e infatti ha conquistato facilmente il fondo, facendo un po’ quello che voleva. Sentivo le forti testate ma non mi restava altro da fare se non aspettare e sudare freddo. La frizione suonava e la canna non finiva mai di piegarsi. Dopo qualche minuto di panico il pesce si è ripetuto. Come la volta precedente ha rotto di nuovo il filo, forse sul solito masso. Anche se deluso, per la perdita del pesce e dell’artificiale, ho deciso di continuare. Ho montato una nuova bobina e cercando in cassetta trovo una copia dell'esca persa, un artificiale con circa 3 anni di vita, un po’ ammaccato ma sempre pescante. Dopo diversi lanci è avvenuto il tanto atteso secondo attacco: spaventoso come il primo. Questa volta però ero preparato e ho contrastato la forza del pesce, anticipando le sue mosse. La preda era più vicina, a circa 10 metri da me; forse aveva superato il masso di prima. La frizione cantava e non si fermava mai. L’animale sembrava incontenibile, dava veramente l’impressione di un pesce im- portante. Solo dopo svariati minuti so-no iniziati i primi stop, alternati a ripartenze poderose. Ho iniziato a “pom- pare” nei momenti di stanca, ma il pe-sce era pesante e continuava a rimanere sul fondo. È stato un combat- timento molto lungo, avevo le braccia distrutte, e l’incubo che tagliasse un altra volta il filo, sul masso sommerso alla mia sinistra, mi perseguitava. Il pesce intanto ha iniziato con le classiche fughe laterali. Il mulo comunque suonava sempre meno e quando il pe-sce non prendeva filo, con le poche forze rimaste, cercavo sempre di sollevarlo. Dopo parecchi minuti finalmente ho intravisto la sagoma, questa si è fatta sempre più marcata, man mano che tiravo su, fino a quando non ha raggiunto il livello della superficie. Le fughe erano sempre più corte e il pesce si è piegato sul fianco mostrando tutta la sua ampiezza. Era una ricciola, bellissima, la più grande che abbia mai aggallato. A quel punto mi sono posto il problema di portarlo a terra, di salpare il pesce. Essendo solo, ho deciso di abbandonare l’idea del raffio e affidare il recupero ala cresta dell’onda. È andata bene, finalmente. Una cattura strepitosa per lo spinning medio da terra, un pesce che di poco ha superato i 7 chili. Mi sono sentito davvero felice, anche per via delle precedenti battaglie perse. Nelle giornate successive ho pescato diversi esemplari di circa 60, 70 centimetri, anche tre in una sola sessione, cosa che mai mi era capitata e difficilmente credo mi ricapiterà, sarà stato l’effetto lockdown.