Vincenzo Appio, sott'Acqua con la Testa

Nome nuovo, personaggio nuovo. Vincenzo Appio colpisce di primo acchito. Non è uno dei tanti assatanati col vizio dello sparo. E’ un moderato, capace, estroverso, un po’ fuori dal coro... giustamente?

Un nome nuovo, per me, ma assolutamente affidabile e meritevole, mi assicura Federico Rachele, mio vicino di gommone. Vincenzo è un giovane a posto, educato e piacevole, vedrai che non sbaglio. Federico mi passa il suo contatto e così lo chiamo. Ciao Vincenzo, sono…, mi ha detto Federico che saresti disponibile per una chiacchierata finalizzata a un articolo su MP. Hai immagini a supporto della tua storia?... Vincenzo fa Appio di cognome. È pugliese, ha girato un po’ dello stivale e finalmente, da una decina d’anni, è approdato nell’Isola. Pesca da quando aveva 10 anni nell’area tarantina, sullo Ionio, e siccome il fondale lì è ricco di grotto, ha sviluppato interesse e capacità nella pesca in tana, la stessa che in sostanza, dà corpo e vita all’agonismo federale. A 18 anni, in piscina, durante un allenamento di pallanuoto, attira l’attenzione di un suba- cqueo che misura la sua apnea e che lo convince a tesserarsi con il circolo Sub Murena di Talsano, tra le cui fila militava Giuseppe Giuffrè, un’istituzione regionale nell’ambito dell’apnea e della pescasub.
Quindi? Quindi iniziai a praticare l’-gonismo, anche tiro a segno sub. Vinsi pure un trofeo. L’esordio col fucile, fu a Brindisi, nel ’93, una selettiva. Trovai una tana stracolma di corvine. Riuscì a spararne due, più qualche sarago qui e là. Rientrai tra i primi dieci, ma non ci fu un seguito. Già, perché anche in quella prima selettiva, mi resi conto che la pesca in tana non è equilibrata. Troppo facile sparare in un buco che non lascia scampo all’avversario oltretutto accecato da un fortissimo fascio di luce. Comunque, partì in Polizia diciannovenne, prima a Parma, poi a Padova. Finché il Corpo mi propose una nuova destinazione: Cagliari. Per me avrebbe significato riabbracciare la pesca e con il sostegno di mia moglie Marialis, ben felice di seguirmi oltre Tirreno, accettai.


A Cagliari cosa successe? Beh, mi organizzai abbastanza velocemente. Casa a Torre degli ulivi e… gommone. Certo, il primo anno ho dovuto arrangiarmi, ero spaesato e senza compagnia. Poi scoprì un collega, anche lui appassionato di pescasub. Alavo a Perd’e sali e mi spingevo fino a Capo Malfatano. Posti magnifici con lastroni di granito che richiamano il paesaggio subaereo e pesci importanti, vedi dentici, orate, ricciole. È il paradiso dell’aspetto e dell’agguato, le mie tecniche di pesca preferite. E poi tonni, che naturalmente non sparo. Colpa di una burocrazia inaccettabile. Ma ho imparato a godere della loro vista. Mi affascina vederli nuotare, nel loro ambiente, sono immensi.
Altre mete? Beh, diciamo che a Chia preferivo, qualche volta, Muravera. A sud di Porto Corallo è molto simile. A nord, verso Quirra, c’è grotto e si pesca su quote dai 18 ai 25 metri, anche su secche bellissime con corvine, saraghi, orate e dentici, in più, frequenti passaggi di ricciole.
Il tuo spot preferito? Senz’altro Carloforte! Per me è una nuova scoperta e ne sono così affascinato che vorrei conoscerne ogni “stampu”. Evidentemente non resisto al fascino del granito, a sprazzi di fronte a Capo Sandalo, dei suoi enormi massi che ospitano tantissima vita, tantissima mangianza e tantissimi pesci bianchi, saraghi, orate, muggini. A Carloforte ho incontrato tartarughe, tonni e dentici e ricciole spettacolari e ancora cernie che però non sparo se in tana, solo all’agguato. Ma attenzione, non sempre è così. Bisogna fare attenzione al mare che può cambiare e ingrossarsi improvvisamente, quindi, col maestrale bisogna aspettarsi ricciole e dentici ma, con lo scirocco, preferisco pescare in acqua bassa, c’è molto meno pesce, e muggini e saraghi possono svoltare la giornata. Per me, il momento migliore è indubbiamente la scaduta, a prescindere dal vento.
E con l’agonismo? Non ho una gran fiducia e non vedo un futuro. Le aree marine protette sono incontenibili, sempre più numerose e sempre più estese. Non c’è un cartello che faccia i suoi interessi, nemmeno la Fipsas. Inoltre non condivido i regolamenti. Preferirei accettare solo un pesce per specie, e privilegiare quelle più impegnative o rare e magari introdurre un bonus che valorizzi chi riesce a pescare in minor tempo. Inoltre vieterei la cernia perché è una specie in sofferenza e spesso si trova solo in tana. Il fatto che il barcaiolo sia obbligatorio rende la pesca più sicura, le attuali e lontanissime batimetriche operative un po’ mi fanno pensare.

“Non ho una gran fiducia e non vedo un futuro. Le aree marine protette sono incontenibili, sempre più numerose e sempre più estese”.


Una cattura? Un dentice, a Carloforte. Un anno e mezzo fa, era fine febbraio in una scaduta di un violento maestrale. Arrivo sullo spot a nord dell’isola, proprio sotto il faro di Capo Sandalo. L’acqua era torbida. Dopo qualche tuffo, noto una mangianza irrequieta che mi fa pensare alla presenza di un predatore, forse un tonno, un dentice… Quindi faccio qualche tuffo a 10 metri circa l’uno dall’altro. Al quinto, plano su una specie di balcone sui 16 metri sotto il quale altrettanti metri per arrivare al fondo. Di colpo, un nuvolone di riciolette mi viene incontro frontalmente, con qualche esemplare più maturo. Purtroppo la mia resistenza a sparare pesci secondo me non dignitosi, e un veloce scarto a destra del branco, mi fanno perdere l’attimo, e quella ricciola che era appetibile si salva. Però sulla sinistra, forse si avvicina qualcosa che ha motivato la virata. E infatti con la coda dell’occhio scorgo un treno che mi passa alle spalle. Brandeggio il mio LG 117 idropneumatico sottovuoto, anticipo lo sparo di un attimo, e colpisco perfettamente un denticione sotto le branchie. Riemergo e inizio il recupero, almeno fino a 10 metri dalla superficie. A quella quota il pesce, stranamente molla, non fa più resistenza. Do uno sguardo e scorgo due tonni che gli girano intorno. Quindi velocemente m’immergo in perpendicolare seguendo la sagola nella speranza di spaventare i due grossi animali che secondo me volevano banchettare col mio dentice. Fortunatamente i tonni scompaio-no e io riesco facilmente a imbarcare un denticione di 8,5 chili.
Un inconveniente? Sì, una volta il gommone non voleva ripartire. Ero a un miglio e mezzo dalla costa con mare montante in una zona fuori campo telefonico. Ero preoccupato e quasi disperato. Per fortuna mi convinco che ne sarei uscito solo ritrovando me stesso. Finalmente realizzo che non arriva corrente al quadro, Controllo la batteria ma tutto sembra in ordine. Verifico lo stacca batteria e noto una certa ossidazione. Muovo i cavi e finalmente il quadro si illumina. Sistemo tutto velocemente e alla meglio, rimetto in moto e riparto. È andata bene.