Samuele Locci

Tre esperienze fulminanti, nonostante la giovane età: cuoco, pescatore in apnea e pescatore professionista. Samuele si racconta in questa pagine, semplici e sincere e propone il suo punto di vista circa la pesca in generale

In genere il pescatore sportivo, e tra i primi di questi, figura il cacciatore apneista, si colloca in antagonismo rispetto al professionista che va in mare, in barca, armato di reti, palamiti, nasse e altri attrezzi per sviluppare il suo mestiere. Le sue ragioni, contrarie agli atavici detrattori, sono semplici e inequivo- cabili: io vedo il pesce e uccido solo quello che si è già riprodotto ed è sufficiente per tornare a casa con un trofeo. Un principio di prelievo, questo, secondo il subacqueo con le cinque punte, consapevole, moderato, assolutamente responsabile e del tutto tollerabile in termini ecologici. Ma, se spostiamo il pun-to di vista, e a dir la sua è un pescatore professionista, le cose cambiano radicalmente, non per oggettiva analisi ma solo per profitto e fantastiche capacità. Più completa e credibile è la versione dello sportivo che per mestiere va in mare con la barca a gettare reti, nasse, palamiti e gli attrezzi di cui sopra. È il caso di Samuele Locci, cittadino di Sant’Anna Arresi, 37 anni vissuti con passione tra il mare e i fornelli. Anche lui, come la stragrande maggioranza di chi ama il mare, ha mosso i primi passi o bracciate, se preferite, nell’elemento liquido, in famiglia. Nello specifico col padre e lo zio.

... a 16 anni, grazie ad un’attrezzatura completa con Medisten, pinne lunghe ecc., mi muovevo bene a 10-12 metri, e iniziavo a entrare in grotta alla ricerca di tane.


Cosa ricordi di quei tempi? Il molo di Porto Pino, il retino che riempivo di muggini, scorfanetti e arrocali e mia madre che cercava un po’ di relax e invece aveva da badare a un ragazzino ipercinetico. E poi il Polpone, il mitico fucile a molla della Seac, mia prima arma. E ancora i sabati e le domeniche. Mio padre, nei fine settimana, mi portava verso Teulada, an- che a lui piaceva la pescasub. Poi passati i 14 anni, sono arrivati altri interessi, comprese le mie prime esperienze lavorative.
Hai smesso di andare a pesca? Non proprio. Anzi, a 16 anni, grazie ad un’attrezzatura completa con Medisten, pinne lunghe ecc., mi muovevo bene a 10-12 metri, e iniziavo a entrare in grotta alla ricerca di tane. Pescavo murene, bei cefali, molti tordi e marvizzi, anche qualche cernia dignitosa. La pesca in tana si è rivelata la mia preferita. L’aspetto mi annoiava e tuttora mi annoia, magari qualche agguatino... Sempre a 16 anni prendo il brevetto di bagnino e il contatto stretto col mare mi spinge alla ricerca dei ritagli di tempo possibili per immergermi. Andava molto meglio d’inverno ma a vent’anni la passione per la cucina mi dà una svolta. Iniziai un’attività professionale nei ristoranti, prima in zona, poi anche all’estero, in particolare a Monaco, in Baviera, con uno chef stellato.
Quando hai smesso? La parentesi è durata una decina d’anni e il declino è iniziato quando il rumore del mare si faceva sempre più forte. Un richiamo al quale non ho saputo resistere. Anche perché in uno dei miei rientri fugaci ho fatto in tempo a frequentare un corso di Apnea Academy di primo livello, con Giovanni Cannas a Carbonia. Rientro in Sardegna col posto già assicurato, alla Locanda Moserrat a Tratalias, una bellissima esperienza che però è durata solo due anni.
Come mai hai chiuso con la ristorazione? Sai… il rumore del mare? Gli affascinanti racconti di mio padre quando, all’epoca, era imbarcato? La paranza di Calasetta? I palamiti delle Galite? Beh, tutto questo mi ha spinto a comprarmi una barca di 9 metri per la piccola pesca, Sant’Anna, con mio fratello e l’aiuto di mio babbo. Oggi faccio il pescatore professionista e tutte le mattine e tutte le sere esco a pescare con i miei palamiti, le mie reti, le mie nasse.


E la pescasub? Quando sono rientrato nell’Isola, avevo già la tessera dell’Asd Sub Porto Pino, quindi avvicinarmi all’agonismo è stato facile. Iniziai la trafila delle selettive e nel 2021 sono diventato addirittura campione sardo, qualificato quindi per gli italiani di seconda: sesto. L’anno successivo, cioè il 2022, ho diritto a partecipare al campionato italiano di prima categoria, a Bonagia, in Sicilia. Una gara difficile con mille imprevisti e vicissitudini. Purtroppo sono arrivato diciassettesimo col biglietto per il ritorno in seconda. Ma a consolarmi, c’è la Mares che mi ha accolto nel suo team. Un marchio storico a cui sono sempre stato affezionato, già dai tempi di Scarpati. Un percorso che è iniziato grazie a Simone Trudu, Daniele Petrollini e Francesco Piras.
Quale tecnica preferisci oggi? Adesso continuo la pesca in tana a saraghi, corvine, capponi, praticamente la stessa che faccio in gara.
Ricordi una preda in particolare? Forse una cernia bianca, a Capo Sperone, nell’estremità meridionale di Sant’Antioco. Era fine estate, e sullo spot del mio amico, lastre basse su posidonia, noto dei saraghi in un’apertura. Penso subito alla presenza di una cernia bruna e mi avvicino con la torcia. Sul fondo, a 36 metri, ho la sensazione di essere osservato e scorgo con la coda dell’occhio, sulla sinistra, una cernia bianca, ferma sulla sabbia, che mi spia. Mi posiziono per uno sparo in testa che sembrava facile, ma lei si sposta e la insagolo. Il pesce è molto resistente e ci ha costretto a diversi tuffi e prima di aver-la vinta... Pesava una decina di chili. Un’altra cernia è indimenticabile. Aveva in pancia una mezza birra Ichnusa. Probabilmente la casa di un polpo, aspirata anch’essa con il mollusco. Oppure, nel tentativo di resistere alla cernia, sarebbe servita al polpo per ancorarsi, senza successo, evidentemente. Quest’anno sono uscito da terra a Perda Longa tra Tuerredda e Malfatano. L’acqua stava scaldando, era primavera, periodo di saraghi e corvine. Trovo una bella lastra a 23 metri, vedo un sarago che s’infila e contemporaneamente, su una pietra fuori dalla tana, questo pescione con la bocca aperta. Non sparo perché con la fiocina, senza mulinello, non mi fidavo. Quindi risalgo, nel frattempo realizzo che si tratta di una rana pescatrice, prendo un 75 con thaitiana, riscendo e sparo. Ma il pesce non muore e combatte e resiste anche alle pugnalate. Ma alla fine, dopo una bella fatica…
Cosa pensi del prelievo? Se faccio un confronto tra il pescato attuale e quello di sette anni fa, non ci sono paragoni, il calo è notevole, almeno il 50%. Non ci sono più polpi, ma non solo. La mia paura è la piega assunta da tanti professionisti, soprattutto con le nasse. Si dice che lo strascico distrugge, ed è vero. Ma la nassa è uno strumento ancora più pericoloso, ammazza il mare. Non vengono rispettati i limiti di legge e le 500-1000 nasse concesse sono spesso 5000. Gli attrezzi che si perdono, perché se ne perdono, sono una minaccia perenne che continua a pescare, all’infinito, finché non viene rimossa. Sono indispensabili controlli più rigidi per tutti, per i bracconieri in particolare, anche notturni, aree protette temporanee a rotazione e limitazioni nei periodi riproduttivi.