Pulizia Artificiale

Pulizia Artificiale

Ogni tanto non fa male rallentare. Aiuta a osservare le cose con più calma, separando l’utile dal superfluo. Contingenze straordinarie ci suggeriscono di annullare le uscite a pesca e trascorrere più tempo tra le mura domestiche. Ma ciò non deve essere una limitazione, bensì l’occasione per migliorarci. Nello specifico, le lunghe serate a casa possono essere sfruttate per rimettere a posto l’attrezzatura da spinning e da eging. In un articolo pubblicato sul numero di marzo del 2019 avevamo parlato del necessario “pit stop” al quale, a cavallo tra stagione fredda e periodo estivo, dobbiamo sottoporre tutta la nostra attrezzatura. Si trattava di una carrellata ad ampio raggio che riguardava canna, mulinello, fili… Un “cambio d’armadio” più che una vera manutenzione. Non ci eravamo soffermati nello specifico sulla parte più importante di tutto il nostro impianto di pesca: ancorette e artificiali che per gli eginger si traduce in cestelli ed egi. È giunto il momento di affrontare il problema. La cassetta degli artificiali “profuma” di mare, è intrisa di sale, graffiata dalla sabbia e macchiata dalla ruggine. Al suo interno, mescolate alla rinfusa, giacciono le nostre preziose esche in plastica, metallo o gomma. Insomma, urge una pulizia certosina per riportare alla miglior efficacia “arpioni” e artificiali.

Preliminari
Prima ancora di sederci ed entrare in azione dobbiamo dotarci di un paio di pinze, specifiche per lavorare su ancorette e split rig. Queste pinze, che in commercio troviamo in forme e materiali diversi a seconda del produttore, hanno in comune un becco ricurvo o dotato di un “dente”, grazie al quale è possibile divaricare gli split rig. Questo permette la sostituzione veloce delle ancorette danneggiate e degli split ring consumati dalla ruggine. Stiamo parlando di una operazione che, senza l’ausilio di queste pinze speciali, risulta molto più laboriosa e che in passato era causa di unghie rotte e improperi annessi. E questa difficoltà ci portava a sostituire le ancorette e gli anelli danneggiati con molta meno frequenza. La ruggine aveva quindi il tempo di aderire e intaccare anche gli anelli metallici degli artificiali, indebolendoli e rendendo quindi i preziosi artificiali inutilizzabili. Adesso non è più così e la manutenzione è diventata veloce e molto più efficace. Prima di sederci a tavolino osserviamo il nostro arsenale, valutiamo l’integrità delle varie parti e facciamo un conto approssimativo (e in eccesso…) delle ancorette che pensiamo sia necessario sostituire; lo stesso calcolo va fatto per gli split rig, fondamentali raccordi tra esca e arpione. Procuriamoci anche della carta vetrata sottilissima (intorno a 800 o 1000) utile per eliminare la ruggine e affilare le punte delle ancorette. Un vecchio spazzolino da denti proseguirà la sua vita non più con la funzione iniziale ma come potente mezzo per ripulire i sottili e fitti aghi delle totanare.

Ancorette
Davanti a noi, ecco un tavolo ricoperto di artificiali bisognosi delle nostre cu-re. La prima cosa da fare è smontare pezzo per pezzo tutte le esche. Separiamo artificiali, anelli e ancorette. Dove possibile facciamo lo stesso sugli egi. Osserviamo per prime le ancorette. Queste vanno controllate con molta attenzione. I tre ami di cui si compone ogni singola ancoretta devono essere affilati, con l’ardiglione ben evidente e il corpo completamente privo di segni lasciati dalla ruggine. In alcuni casi basterà sfregarle bene e lavarle con acqua saponata per riportarle all’efficienza iniziale. Ma spesso l’azione del mare e delle rocce hanno la meglio e quindi bisogna sostituire le vecchie ancorette con modelli nuovi. Attenzione, se vogliamo che l’artificiale, una volta assemblato, abbia lo stesso nuoto del modello uscito dalla fabbrica, dobbiamo sostituire i pezzi vecchi con nuovi di egual misura. Una minima variazione di peso, su oggetti che pesano pochi grammi, porta anche a un cambiamento dell’assetto e del comportamento dell’artificiale durante il recupe- ro. In questa fase possiamo anche scegliere se adottare soluzioni diverse da quelle originali. Ad esempio, se pensiamo che un determinato artificiale possa essere più catturate con ami singoli, questo è il momento di cambiare strategia.

Totanare e artificiali
Una volta che abbiamo separato l’artificiale da tutte le parti mobili, per pri- ma cosa controlliamo se il corpo risulta integro. Eventuali crepe possono causare l’ingresso di acqua all’interno dell’esca, circostanza che indebolisce la struttura e può portare ad accidentali quanto nefaste rotture, proprio con pe-sce in canna. Se all’interno dell’esca artificiale o della totanara è presente un gruppo di due o più sfere che servono a produrre suoni e vibrazioni (spesso identificato come rattling system…), è adesso che, senza il disturbo di altre parti mobili, possiamo efficacemente constatare se questo è integro e trasmette il classico suono metallico e squillante, tipico di un modello nuovo. In questo senso non ci dobbiamo fare troppi scrupoli. Mi spiego meglio: troppo spesso ci “innamoriamo” di alcune esche che continuiamo ad usare anche quando hanno cessato di essere realmente operative e catturanti; lo scopo di questo pit stop deve essere anche quello di liberarci di esche ormai inutili, perché rotte, che devono fare spazio in cassetta a modelli nuovi. Ripuliamo bene le superfici, lasciando gli artificiali immersi in una soluzione di acqua tiepida e sapone sgrassante. Sfreghiamo tutto con lo spazzolino rimuovendo polvere e sabbia. Asciughiamoli bene e con l’aiuto di una pin- za, ricomponiamo, dove necessario, il sistema artificiale, split ring, ancoretta. Stessa cosa facciamo con le totanare. Ora siamo pronti a una nuova stagione. Le porte delle nostre case si riaprono verso strade conosciute che portano a spot da sogno e già con la mente siamo proiettati lì, su quello scoglio che sovrasta una bella schiumata. Arriverà il momento di lanciare, mettere in tiro la lenza e iniziare a jerkare. E noi saremo pronti.