Orate, Granchi, Seppie e...

L'orata è un pesce “quattro stagioni” per il surfcasting, ma con l’arrivo dei mesi caldi la sua attività aumenta, anche con poco vento e mare piatto. E la sua cattura non è mai facile e scontata.

La stagionalità è un fattore presente in tutte le tecniche di pesca e il surfcasting non fa eccezione. Ad ogni stagione cambiano le prede e anche se alcune specie sono sempre presenti nei nostri mari, dimostrano una maggiore attività in particolari periodi dell’anno. La stagionalità non deve essere vista come un limite, anzi è un’opportunità preziosa per variare il nostro approccio alla pesca, rendendo questa meno ovvia e ripetitiva e più interessante e stimolante. Tra i target “quattro stagioni” le orate sono sempre ambite perché rappresentano una, se non addirittura la più desiderata. La loro cattura non è mai banale, vista l’enorme resistenza che dimostrano durante il recupero con le proverbiali testate; in più sono molto apprezzate in cucina, per lo squisito sapore che ne fa l’ingrediente principe in tante ricette. In questi mesi, a cavallo tra primavera e estate, cambia l’assetto necessario per la pesca all’orata. Se fino a poche settimane fa le frequenti scadute consigliavano un approccio “pesante”, ottimo sia per orate che per saraghi, adesso andiamo verso una maggiore stabilità delle condizioni meteorologiche, con acqua sempre più calda e una presenza quasi costante dell’alta pressione. 

Spot estivi - Le lunghe spiagge con acqua bassa, impraticabili durante le violente mareggiate, diventano perfette con appena una bava di vento, sufficiente ad increspare il mare e creare un po’ di schiuma nei primi 20 metri dalla riva. Queste spiagge non di rado si estendono per molti chilometri, ma non è difficile individuare i punti dove lanciare le esche. Basta trovare punte o anse che rompano la monotonia di una riva con profilo rettilineo. E sono ottimi quei settori caratterizzati da alcune macchie di depositi di posidonia morta, circondate da vaste aree con fondo pulito. Chiaramente non vanno scartati gli spot vicini alle aree portuali o alle foci di fiumi e sbarramenti a ridosso delle peschiere.      

Fabrizio Frongia con una corposa collana di orate e mormore pescate nella spiaggia di Giorgino. Spesso questi grufolatoti frequentano le stesse aree e si possono pensare contemporaneamente.

Paratura - Lo Sparus aurata è un pesce molto diffidente. Se a questo aggiungiamo che con mare calmo e assenza di schiuma le lenze sono molto più visibili e sospette, l’unica strada percorribile è quella della leggerezza e semplicità. La paratura che si utilizza per l’orata in questa stagione deve essere il più possibile invisibile e non deve aumentare la naturale cautela dell’orata. Una buona soluzione, che ha dimostrato tutta la sua efficacia, è la paratura a due finali, con braccioli lunghissimi. Il primo elemento da considerare è il trave, lungo 2 metri o poco più, in fluorocarbon, con sezione intorno allo 0,40. A questo si collegano due braccioli, uno attaccato appena sopra il piombo, il secondo sollevato di circa 1,5 metri. I due braccioli finali sono anch’essi in fluorocarbon, con sezioni dallo 0,25 allo 0,30. La sezione del filo deve tener conto anche dell’ambiente in cui peschiamo. Se di fronte a noi si distende un fondale sabbioso senza alcun ostacolo, possiamo usare fili sottili. Altrimenti, se è necessario forzare e velocizzare le fasi del recupero, meglio adottare un filo leggermente più grosso e resistente. Infine, la dimensione e la forma degli ami dipende dall’esca utilizzata. 

Saro Betti con un'orata pescata in gara.

Esche di stagione - Granchio, seppia e murice. Sono tante, tantissime, le esche adottate in questa tecnica, ma possiamo tranquillamente individuare le prime tre perché ben gradite dal nostro obiettivo e soprattutto perché sono selettive. Il granchio è forse l’esca più utilizzata. Rispetto alle altre due, comporta un’azione sulle canne più assidua. Infatti, per rimanere efficace, il granchio ha bisogno di essere sostituito con una frequenza che non deve superare la mezz’ora. Si innesca con due ami, dal corpo molto sottile e arrotondato. L’orata, quando individua il granchietto, lo assaggia e lo risputa più volte prima di ingoiarlo definitivamente. Ecco perché non bisogna avere fretta e ferrare solo quando si è sicuri che il pesce ha mangiato. La seppia è anch’essa molto selettiva. Se si dispone di piccoli esemplari, non più lunghi di 10 centimetri, si possono innescare interi, con due ami a gambo lungo appuntati uno in testa e uno in coda. Ottime sono anche le strisce di seppia, fermate alla lenza con alcuni giri di filo elastico e presentate in modo che si crei uno svolazzo di un paio di centimetri. Infine si può usare il murice (il boccone per intenderci) che tutti i pescatori di canna da riva utilizzano da sempre con profitto. Si spacca il guscio senza però eliminarlo e si innesca l’amo nella parte più dura e coriacea. Il comportamento dell’orata di fronte a quest’esca è simile a quello che abbiamo descritto col granchio. Anche in questo caso bisogna armarsi di pazienza e sangue freddo, attendendo con calma il momento propizio per ferrare.