Luci&Forme per Calamari

Luci&Forme per Calamari

Spesso si è portati a credere che la fosforescenza dell’egi sia essenziale per ottenere più strike. La realtà però è diversa. Infatti, il successo dipende anche dalle condizioni meteo-marine e dal livello di attività e aggres- sività del calamaro in quel determinato momento.

Glow
In alcune situazioni illuminare interamente l’artificiale con una lampada UV può rivelarsi produttivo, in altre, invece, può mettere in allarme il cefalopode. In certi fragenti conviene illuminare solo la testa o gli occhi e quell’anellino fluo posto in coda all’egi. In altri momenti, addirittura conviene non illuminare minimamente l’artificiale. In relazione alle condizioni meteo-marine, ho notato come all’alba e al tramonto, in occasione di cielo nuvoloso e acqua torbida, sia necessario illuminare interamente l’egi. Questa azione è altresì valida durante la notte con cielo sereno ed acqua torbida e in condizioni di cielo nuvoloso e acqua torbida. In tema di attività e in presenza di calamari aggressivi, è senz’altro più produttivo illuminare interamente l’esca, mentre, di fronte a cefalopodi svogliati e poco attivi, illuminare solo gli occhi e l’anellino fluo posto in coda, oppure non illuminarli del tutto, porta i migliori risultati. Pertanto per i primi lan-ci può essere buona norma l’illumina- zione integrale dell’egi, così da verificare se i cefalopodi sono attivi o meno. In caso di feedback negativo possiamo illuminare soltanto gli occhi e l’anellino fluo posto in coda. In caso di ulteriore mancanza di risposte, l’ultima chance è quella di proseguire la pesca senza illuminare l’egi. Molto spesso questa strategia risulta vincente.

Dimensione
La dimensione dell’esca, nella maggioranza dei casi, gioca un ruolo determinante per alcuni, tre in particolare, non trascurabili aspetti che riguardano l’i-mitazione del foraggio, lo stazionamento dell’egi in pesca e il livello di attività dei cefalopodi. Se in uno spot vi è un’abbondante presenza di latterini piuttosto che di boghe, allora l’esca, per dimensioni, forma e colore deve ricalcare il più possibile, quelle di questi piccoli pesci. Se invece, al contrario, avremo una massiccia presenza di bo-ghe e salpe di dimensioni medio piccole, allora è giocoforza scegliere egi più grandi e di colore differente. A tal proposito, una nota azienda del settore, ha recentemente proposto egi le cui livree ricalcano perfettamente quelle del pe-sce foraggio, sia esso pelagico o bentonico, presente nelle nostre acque, il tutto con risultati, in termini di un realismo, davvero impressionanti. La seconda questione è relativa allo stazio- namento dell’esca in pesca. In presen-za di vento e di forte corrente è giocoforza, l’uso di artificiali voluminosi (3.5) che scendano rapidamente sul fondo. Ciò nonostante, se i calamari sono in attività, non hanno problemi ad attaccare un boccone leggermente più grande del solito. In presenza di acque calme e poca corrente è utile individuare a che profondità cacciano i cefalopodi, perché, se la quota operativa è prossima al fondo, sarà opportuno utilizzare un egi di misura 3.0, mentre invece se mangiano un po’ più a galla un 2.5 o un 3.0 con un affondamento più lento, ci garantisce maggiori probabilità di successo. L’ultimo aspetto riguarda il livello di attività dei cefalo- podi. Quando questi risultano attivi non si fanno certo problemi ad attaccare un egi 3.0, ma ci sono situazioni di apatia, oppure altre, dove i molluschi hanno mangiato da poco, per cui non si schiodano per attaccare un egi di tale misura. In queste situazioni conviene scendere ad un 2.5, che può essere attaccato con maggior facilità, co- me un “cioccolatino” a cui il calamaro, il più delle volte, non saprà rinunciare: ”C’è sempre spazio per il dolce”.


Pinnette
I giapponesi ne sanno una più del diavolo e cercano sempre di trovare nuo-ve soluzioni al fine di rendere le esche continuamente più adescanti. Qualche anno fa è stata introdotta una novità, costituita da un egi dotato di vere e proprie pinnette pettorali invece dei classici ciuffetti di piume. Queste pinnette sono costituite da una gomma morbidissima che, essendo molto sottile, emette più vibrazioni di un egi tradizionale. L’effetto è particolarmente adescante soprattutto nella fase di discesa dell’esca sul fondo, in quanto la pressione stessa dell’acqua tenderà a far muovere di continuo queste piccole pinne producendo un’incredibile quantità di piccole vibrazioni. Avete mai visto i piccoli pesci pelagici, come ad esempio i sugarelli, stare fermi in corrente? Come avrete notato, stanno fermi muovendo la pinna caudale, per la locomozione, e le pinne pettorali che hanno una funzione stabilizzatrice. Ecco, la totanara in questione ricalca quest’ultimo movimento con incredibile realismo ed efficacia in presenza di acque torbide, condizione fino ad oggi quasi inaffrontabile soprattutto nella pesca alle seppie. Queste vibrazioni, così come precedentemente detto per l’effetto rattling, costituiscono un valore aggiunto che può fare la differenza quando non vi è una grande presenza di cefalopodi in zona.

Arpette
Il famoso “cestello”, parte indispensabile della totanara, può avere diverse architetture a cui attribuiamo diverse performance. I cestelli “low profile”, quelli con le punte meno sporgenti, da una parte hanno un miglior rapporto col fondo, dall’altra, per la mia esperienza, risultano meno catturanti. Infatti, in presenza di mangiate “sub- dole”, non resistono alle prime pompate del cefalopode che non fa fatica a liberarsi. È vero anche che ciò dipende da quanto morbida o dura sia la canna ma, tendenzialmente, confrontandomi anche con altri pescatori, ho riscontrato che con questo genere di arpette, sia più probabile perdere la preda in caso di allamata non convenzionale, soprattutto quando il cefalopode decide di attaccare al centro dell’esca portando il cestello in prossimità della testa. A causa del loro sviluppo ammorbidito, le arpette “low profile” non permettono una ferrata “a strappo”, essenziale con questo genere di mangiate. Le arpette decisamente rivolte verso l’esterno, soprattutto con gli attacchi al centro dell’esca, risultano micidiali non lasciando alcuna possibilità di scampo alla preda. Un’altra soluzione è il cestello con gli aghi sfalsati, così da consentire una presa maggiore sulle carni al momento della ferrata, azzerando così le slamate. Un ultimo particolare di grande importanza è l’affilatura degli aghi. Questi devono pungere al solo sfiorarli con le dita e questo si ottiene solo acquistando egi di alta qualità. Ciò è estremamente importante soprattutto in occasione delle mangiate non convenzionali di cui sopra, infatti il calamaro è tanto veloce nell’attaccare quanto nell’abbandonare l’esca se si accorge che non ha una consistenza compatibile col foraggio naturale.