La Cernia coi Denti

La Cernia coi Denti

Anche il bolentino di profondità, inizialmente praticato con grosse lenze o in- gombranti mulinelli elettrici, spesso di fattura artigianale, ha trovato, finalmente, la sua dimensione sportiva. Tutto, grazie ai nuovi fili in PE trecciato che, rispetto alla tradizionale lenza in nylon, propongono carichi di rottura assai superiori e diametri molto più contenuti. Da qui naturalmente è iniziato il ridimensionamento dei mulinelli, soprattutto quelli da murata, a favore di macchinette molto maneggevoli, da montare direttamente sulla canna, e manovrare come un normalissimo rotante con l’aggiunta dell’opzione elettrica. E la canna? Quel bastone rigido con una carrucola in punta per contrastare animali mostruosi provenienti dagli abissi lontani 400 o 500 e più metri, è caduta, almeno in parte, nel dimenticatoio. Al suo posto ci sono canne da pesca più ortodosse nell’azione e nella lunghezza. Ma soprattutto sono finiti quei lunghi calamenti con cinque, sei, sette e anche 10 ami che, in barba alle norme, avrebbero compensato, nell’economia generale della pescata, i lunghi tempi di discesa e risalita delle esche. Questa in sintesi, e con i distinguo del caso, sgravato da tanti aspetti non da tutti condivisi, è l’attuale realtà del bolentino profondo.

La canina
Nonostante l’abbondante presenza dei riottosi occhialoni, sparidi di gran livello gastronomico, c’è anche chi si è specializzato nella pesca alla cernia, in particolare la cernia canina, così chiamata per i denti canini sviluppati. Questo grosso serranide vive su fondali misti di sabbia e roccia a una profondità compresa tra 80 e 300 metri e può raggiungere e superare anche i 60 chili. È un predatore vorace che si nutre di pesci e molluschi e che quindi può essere insidiato con piccoli polpi o calamari ma anche con pesci pescati al mo- mento e innescati al volo (occhioni, sugarelli, ecc.). Spesso, se si allama un pesce e volutamente o per caso, rimane a fondo più del dovuto, la canina si fa avanti e aggredisce la nostra esca. Alcune volte, sollevandosi dal fondo anche per qualche metro, si avventa sul pesce ormai in risalita. In ogni caso si tratterebbe di un combattimento impari, visto che le nostre aspettative era-no animali di 1, 2 o 3 chili al massimo. Ciò nonostante, se assistiti da una can-na affidabile, le probabilità di averla vinta non sono poche, basta rispolverare la famosa pazienza del pescatore.

Gli attrezzi
Cercando il contatto diretto, gli equilibri vanno un pochino ritoccati, ad iniziare dal filo del mulinello. Il trecciato quindi passa dalle 20 alle 40 lbs e più è sottile e meglio è. Così anche il parastrappi e il bracciolo di nylon, che si assestano intorno allo 0,80. Gli ami, comunque circle, salgono vertiginosamente di numerazione, dal 1-2/0 al 7-10/0. Anche il mulinello elettrico supe- ra uno step, abbandona quota 1000 (minimum size, se di Shimano DendouMaru si parla) e raggiunge, per sicurezza, il modello superiore. Però, visto che i recuperi non sono ripetuti, anzi, abbastanza limitati, vale comunque l’opzione fisso, con un drag di almeno 20 chili, forse più faticosa ma... vuoi mettere? Rimane il problema di come presentare l’esca. Sul fondo o qualche centimetro più su? La risposta sta nella natura del fondo. Se si tratta di sabbia e fango non ci sono problemi, va bene l’innesco tipico del “polpo manovrato”, adagiato alla base. Ma se di roccia si tratta... Se c’è la possibilità che la cernia si rifugi in tana una volta afferrata l’esca, oppure cerchi riparo in un anfratto, allora, forse, è meglio cercare di attirarla verso l’alto già al primo approccio. In questo caso è necessario un bracciolo dello 0,80, lungo non più di 40 centimetri, montato a un metro, un metro e mezzo dalla zavorra. Il piombo, finale, va collegato alla paratura con uno spezzone di nylon più sottile dello 0,80, così da rompersi in caso di incaglio senza compromettere il resto dei fili. In questo gioco il peso del piombo è fondamentale e dovrebbe non superare il mezzo chilo pur cadendo in verticale. Purtroppo in commercio non c’è una gran scelta di canne specifiche, quindi bisogna andare a pescare in tecniche affini come ad esempio il vertical o la traina. Di norma sono canne di due metri circa, abbastanza rigide e con azione di punta.