Ipercarlo Bacchi

Aveva cinque anni, forse sei e già si cimentava in epiche pescate con la lenza, a Giorgino. Piercarlo Bacchi, cagliaritano, classe 1967, allora non poteva immaginare che quelle prime esperienze in mare, col padre, avessero un peso così importante nella sua vita futura. La passione per il mezzo liquido, si estende al mondo subacqueo e dalle rive di Santa Margherita e Nora, col doppio degli anni sulle spalle e una fiocina stretta in mano, s’immerge con curiosità a caccia di piccoli pesci e molluschi. Negli anni ’80 arriva la sua prima muta artigianale fornita da Zucca sport, a Pula, da sempre suo fornitore di fiocine e ora anche di nuova attrezzatura. Le sue colonne d’Ercole erano Chia e Spartivento, ma, infine, arrivò l’automobile e l’amicizia con Tiziano Sabatini. Una coppia perfetta, senza più confini.
L’evoluzione? Conclamato il mio bisogno di vivere l’acqua salata anche fuori dal mare, ho indirizzato i miei studi e quindi la mia futura attività professionale, in un campo che ha molti punti in comune con la pesca in apnea: la medicina e la specializzazione in otorinolaringoiatria. Ma il vero salto di qualità avviene dopo qualche anno, con un corso di apnea tenuto dall’indimenticato Angelo Sechi, uno dei primi istruttori Apnea academy, quella fucina di apneisti pensata da Umberto Pelizzari ormai 30 anni fa e divenuta un credibile e sicuro punto di riferimento per gli appassionati.
In particolare? In quell’occasione ho apprezzato soprattutto il nuovo approccio al mondo subacqueo, la consapevolezza, maturata in pochi mesi di lezioni, delle mie capacità ma anche dei miei limiti. Ho perfezionato la respirazione, la concentrazione, ottimizzato la sicurezza e in generale incrementato le mie capacità subacquee.


I tuoi spot preferiti? Allora pescavo a Mal di Ventre, alla secca del Carosello (Catalano), ai Cavoli. Posti che oggi rientrano nei perimetri delle Aree marine protette del Sinis-Mal di ventre e Capo Carbonara, quindi non più fruibili, anche se ancora straordinariamente ricchi di pesci nonostante la mai doma pesca di frodo. In 10-12 metri d’acqua si vedevano nuvole di saraghi e corvine e anche qualche cernia. In quegli anni i 20 metri erano considerati “quota profonda”, al pari dei 35 metri di oggi. Attualmente, le mete più battute sono l’oristanese, Buggerru, Santa Margherita, il Golfo degli angeli, Castelsardo con puntate un po’ dappertutto.
I tuoi partner abituali? I miei compagni di pesca attuali sono Simone Trudu, col quale ho un legame fraterno; Giancarlo Deidda, uomo di esperienza, sempre di buon umore; Sandro Fragiacomo e Luca La Brocca, entrambi con grandi capacità fisiche e venatorie; Sandro Siddi e Checco Cec- carini, eccezionali come persone, esperti e sereni. Ci chiamano “la banda”. Tomaso Migliaccio e Davide Cotza (col quale ho fatto diverse gare), sono affezionati compagni di pesca di avventure e soprattutto gare.
Parlami delle gare. L’agonismo è iniziato nel 2010 con qualche selettiva di qualificazione agli italiani di seconda categoria, in giro per la Sardegna. Una bella esperienza che mi ha dato modo di imparare diversi trucchi, ma i risultati non sono mai stati eclatanti. Ricordo una buona prestazione a Vignola e alcune a Costa Rei. Nel mio percorso agonistico ho avuto l’opportunità di fare da barcaiolo a Cristian Corrias, attuale campione del mondo a squadre con Dario Maccioni e Giacomo De Mola, quest’ultimo oro nell’individuale. È impressionante quanto questo ragazzo, Cristian, sia cresciuto sulla falsa riga di De Silvestri, assumendo in questi ultimi tempi la sua stessa forma fisica. Sempre da barcaiolo ho assistito per 4 volte atleti di punta agli italiani di prima. Per ben due volte, Massimiliano Barteloni, una bella persona, intelligente e consapevole, grazie al quale ho arricchito le mie conoscenze; una volta Simone Trudu e ancora una volta Cristian Corrias. Ricordo piacevolmente una gara vinta con Cristian e Davide Cotza a Portoscuso, un trofeo dedicato a Mirko Fois, memorabile anche per la quantità di pesce bianco pescato. Curioso il trofeo organizzato da Silvio Ferruzzi, una gara speciale, come le sue idee, aperta agli operatori della sanità. Vinse Sponsiello, io arrivai terzo e meritai un piccolo spazio nell’Unione che mi definì “dottor fiocina.

“... Bruno De Silvestri. Dopo un approccio da “timore reverenziale”, lo visitai a fine anni 90, e da lì nacque una grande amicizia, condivisa in mare e in tanti altri episodi al di fuori, in famiglia, interrotta solo dall’imponderabile”.

Personaggi dell’ambiente? Grazie al mio lavoro ho avuto l’opportunità di conoscere tutti i migliori pescatori e apneisti isolani e non. Il primo che mi viene in mente è Bruno De Silvestri. Dopo un approccio da “timore reverenziale”, lo visitai a fine anni 90, e da lì nacque una grande amicizia, condivisa in mare e in tanti altri episodi al di fuori, in famiglia, interrotta solo dall’imponderabile. Un uomo dalla forte personalità, mai scontato e soprattutto sempre con un punto di vista originale su tutto. Simone Trudu, un atleta che non si espone più del necessario ma di grande caratura sportiva. Per dirla in due parole è tanto bravo quanto modesto. Umberto Pelizzari, conosciuto nel 2000 e frequentato attraverso diversi suoi stage, è la perfetta incarnazione dell’omus delphinus, ma anche un instancabile didatta, sempre professionale e carismatico. Ho iniziato a fotografarlo, sott’acqua in apnea e uno dei miei scatti l’ha scelto per la copertina di un suo libro. Poi vorrei riprendere Cristian Corrias e Max Barteloni, due persone davvero eccezionali, indispensabili se vuoi imparare a pescare sott’acqua.
Attualmente come sei organizzato? Ho un gommone al Centro velico di Quartu, un Mar sea 100 con un 40 cavalli, attrezzato con un Lowrance hds da 8’’ e un Garmin eco map da 9”, entrambi con visione laterale. Uso fucili arbalete monogomma e asta da sei e mezzo, thaitiana. Non sono freddoloso e anche d’inverno mi basta una muta liscio spaccato sia gambe che busto da mm 7 e 5, e 5 e 3 nelle stagioni meno fredde. Preferisco le pinne in carbonio, non dure, e la maschera con volume interno ridotto come l’Omer Wolf.
La tua tecnica? Mi piace pescare a razzolo, soprattutto nell’oristanese, in basso e medio fondale, e agguato e aspetto alla spigola invernale nel Golfo di Cagliari precisamente nel litorale di Cagliari e Quartu, ma anche a Buggerru e Arbus.
Oltre la pescasub? Con grande interesse e entusiasmo e grazie ai preziosi consigli del mio amico Fabrizio schirru, mi dedico alla pesca dalla barca: slow pitch e traina. Quest’ultima è una specialità affascinante e tecnica che pratico tutto l’anno, da solo o con mia moglie e che mi dà modo di sfruttare le mie conoscenze subacquee. Il tanto depauperato e bistrattato Golfo di Cagliari mi ha comunque regalato grosse ricciole e dentici. Con Tiziano abbiamo iniziato insieme a pescare a slow pitch, una tecnica che presuppone un’ottima conoscenza dello scandaglio. Mi affascina esplorare fondali molto inusuali, fuori certamente dalla pescasub e dalla traina, a quote tra gli 80 e i 180 metri.