I Grandi Occhioni

I Grandi Occhioni

Il golfo di Cagliari soffre e la tanto amata pesca a bolentino ne risente, più delle altre tecniche di pesca. La ragione è lo stretto legame della specialità col fondo. Questo, infatti, è sottoposto alla perenne azione della pesca a strascico e quindi patisce la distruzione non solo della biomassa ma di tutto il substrato che via via diventa più inospitale, senza più la capacità di generare habitat per la vita e la riproduzione dell’ittiofauna. Diversa, infatti, ma non più di tanto, è la realtà dei trainisti, ad esempio, i quali possono contare anche su pesci meno stanziali o di passo, la cui cattura non avviene sul fondo ma è distribuita anche sulla colonna d’acqua e tantomeno è concentrata su piccoli areali. C’è da dire, purtroppo, che la storia si ripete un po’ in tutti i mari d’Italia, costringendo gli sportivi a cercare nuove zone di pesca, sempre più distanti dalla costa e su batimetriche meno interessanti o ancora sconosciute alla pesca professionale. Non per nien-te, in questi ultimi anni, il tradizionale bolentino costiero, quello divertentissimo e super sportivo dei 40 metri, per intenderci, quello dei saraghi, tanute e sarragne, ha perso appeal a favore del più impegnativo bolentino di profondità.

“Ma in superficie, dall’alto, da duecento o trecento metri, se non quattrocento o cinquecento, non sappiamo se in mezzo a quel “movimento” che appare disstintamente sull’eco, ci siano o no occhialoni da 2 chili o più.”


Organizzazione
Certo, si tratta di un’altra tecnica, di un’organizzazione più complessa, meno raffinata, per ora, sportivamente. Inoltre, il fatto di spingersi più in là, limita i natanti più modesti e obbliga l’armatore a una dotazione di bordo per una navigazione, entro le 12 miglia, nei casi più fortunati. Già, perché in ultima analisi rimane “l’oltre 12 miglia”, quindi nuova patente, immatricolazione del natante o imbarcazione e tanti altri adempimenti che infine si traducono in “tempo e denaro”. Attualmente la strumentazione elettronica di una barca o gommone attrezzato per la pesca agli occhialoni si compone di uno strumento, in genere multifunzione (gps-eco), di almeno 7 pollici che supporta un trasduttore da 1 kW. Purtroppo, in ambito amatoriale, anche gli strumenti più avanzati e potenti, di fronte alle profondità marine, a un cer-to punto, sventolano bandiera bianca. Difficilmente, infatti, comparirà sul nostro pur ottimo impianto, il classico e inconfondibile arco che rappresenta un pesce. A meno che l’animale sia di dimensioni molto maggiori di un pesce di due chili. Ciò significa che al momento di ancorarsi, aldilà delle esperienze e della conoscenza dello spot, le nostre informazioni sono, il più delle volte, basate sui classici “movimenti” riconosciuti sul display, che fanno ben sperare ma non aggiungono niente di più. Di fatto leggiamo dei segnali che riportano a banchi di pesce, indefiniti, però, per specie e dimensioni. Ogni volta siamo costretti a calare le lenze senza sapere dove andiamo a parare, anche perché spesso i soliti spot sembrano disabitati tanto da indurci alla ricerca di nuove aree e forse nuove co- lonie di pesci.

Ancora
Il problema in sé influenza pesantemente la strategia di pesca ma svilisce se a bordo possiamo contare sul Minn-Kota, sul quel motore elettrico che, in barba a corrente e scarroccio ferma l’imbarcazione su un punto preciso corrispondente alle coordinate impostate. Quindi, eliminata in toto la faticosa e abbastanza imprecisa manovra dell’ancoraggio con calumo, possiamo permetterci di dedicare più tempo e senza spreco di risorse, alla ricerca del segnale giusto, di quel movimento sul display che suggerisce la presenza di pesci.

"Attualmente la strumentazione elettronica di una barca o gommone attrezzato per la pesca agli occhialoni si compone di uno strumento, in genere multifunzione (gps-eco), di almeno 7 pollici, che supporta un trasduttore da 1 kW."

Ricerca
Nel nostro caso, un’uscita a occhialoni, di quelle che si deve rientrare prima di superare i cinque chili consentiti, comporta 20-30 miglia o più di navigazione. Un impegno che viene ripagato dalla combattività dei pesci, e dalla loro dimensione, così generosa che gli esemplari che non raggiungono il peso stimato di mezzo chilo e che non hanno riportato lesioni importanti, vengono, con gioia, liberati. Ma in superficie, dall’alto, da duecento o trecento metri, se non quattrocento o cinquecento, non sappiamo se in mezzo a quel “movimento” che appare distintamente sull’eco, ci sono o no occhialoni da 2 chili o più. Diciamo, però, che la dimensio-ne della preda può essere sollecitata. Voglio dire che una semplice esca co-me la coda di mazzancolla o il tocco di sardina, incidono su tutto ciò che si muove sul fondo, su tutte le specie e sugli animali di qualunque grandezza. Altre esche, come il polpetto, ad esempio, inizia a operare una certa selezione in tema di dimensioni della preda, ma la carta vincente, a mio avviso, quella che soddisfa occhio e palato, è la sardina intera e non solo.


Esca grossa...
L’equazione “esca grossa uguale pesce grosso” vale quindi anche negli abissi, con i giusti accorgimenti. Partiamo dalla paratura. Un’esca voluminosa comporta un attrito nell’acqua che ne rallenta, ovviamente, la discesa. Quattro esche voluminose, per minimo che sia il fondo, e per quanto sottile possa essere il filo trecciato, richiedono almeno 400 grammi di zavorra. Non calcoliamo il diametro del bracciolo perché ininfluente. Comunque questi so-no gli “equilibri” più leggeri e divertenti. Ma non c’è da meravigliarsi, se, a discapito, purtroppo, della sensibilità e sportività, il piombo arrivi a un chilo, la canna diventi più robusta, il mulinello più capiente e quindi pesante e infine la pesca meno divertente. L’obiettivo, comunque, è il pesce grosso. La sardina è l’esca “migliore”, intera, innescata su un amo del 2/0 e un bracciolo dello 0,60, lungo qualche centimetro in più della sardina. Tutto legato con la minima quantità di filo elastico. Se vogliamo divertirci con attrezzatura light, scordatevi i sei ami, sposate i quattro o addirittura i tre ami e trovatevi una canna di due metri e mezzo o tre con anellatura acid che vi faccia godere il recupero di tre fantastici e possibili grandi occhialoni di due chili l’uno.