Giacomo Cubeddu

A ulteriore testimonianza della fertilità del sudovest sardo in tema di pesca e pesca subacquea in questo caso, vi proponiamo qui di seguito, un personaggio giovane ma assai noto, Giacomo Cubeddu. Giacomo, oggi Jack, un po’ per vezzo un po’ per esigenze “social", precisamente barraxjack se lo cercate su youtube, nasce appunto a Iglesias, a dicembre, nel 1991. Oggi conta 28 anni, tutti respirati in ambiente di mare. Il padre infatti, in carriera nella Marina militare, sposa una giovane donna di Buggerru, figlia, guarda un po’, di pescatori. Non è quindi un paradosso se già da giovanissimo Giacomo frequentasse assiduamente la laguna di Sant’Antioco. Del resto, giovanissimo lui e attenti i genitori, quale ambiente poteva rivelarsi più sicuro di un’immensa piscina di acqua salata, calma e bassa, per gli innocenti bagnetti di stagione? Già allora, non erano le formine per la sabbia che stimolavano la sua curiosità, molto più qualsiasi forma di vita subacquea, dalle arselle ai piccoli crostacei e infine gli imprendibili pesci. Ma qualcuno con la fiocina rimaneva inavvertitamente incastrato e qualche volta più di uno… già si parlava di carnieri. Finita l’epoca della laguna, la pesca prende un’altra piega. Tutto si muove in funzione del babbo, accanito pescatore, che s’immergeva a Cala Domestica, Turrri, Turrixedda. Giacomo è ancora giovane ma quando il tempo è buono lo segue… osserva… impara. Col mare mosso, purtroppo per lui, non c’è niente di più di una lunghissima attesa in spiaggia e gioire solo al rientro del genitore con il carniere, ricco e povero a fasi alterne. Finalmente arriva l’età, quei sedici anni che gli consentono di nuotare armato. La gavetta è dura. Vestito di una muta inadeguata, riciclata dal padre o forse dallo zio, diventa comunque un vero pescatore in apnea. Poi arriva il periodo della 3 millimetri monopezzo da surf. Capo Pecora è il suo teatro di pesca, con animali di ogni specie, per lo più murene, tordi, ma anche saraghi e le prime corvine. Qui si è consumato il passaggio evolutivo che lo ha indirizzato verso specie più pregiate.

Finita l’adolescenza?
Nel 2010, ormai adulto, sulla falsa riga di quelli costruiti da mio babbo, progetto e costruisco Barrax, un fucile, in legno, un arbalete di 80 centimetri doppia gomma, che di profilo richiama la sagoma del barracuda. Non è un fucile rifinitissimo ma sufficientemente funzionale. L’anno successivo, con i 5 amici di sempre, Fabio, Fabio, Alessio, Gabo e Federico, ci iscriviamo a un corso di apnea a Portoscuso, con Roberto Maureddu e didattica Apnea Academy. Un passo importante per me. Un passo che consiglio a ogni pescatore, visto che ci muoviamo in un ambiente innaturale, a volte insidioso. È un enorme vantaggio imparare a conoscersi e di norma c’è bisogno che qualcuno ci guidi, ci insegni e ci apra gli occhi, a tutto vantaggio della nostra sicurezza.

Quindi?
All’epoca lavoravo in un call center e alternavo il lavoro con la pesca. Poi c’è stato il terremoto ricciola, di cui ti parlerò più avanti, e mi sono appassionato anche alla produzione di video sub. Ero automunito e, sempre in cricca, con una videocamera Midland (non potevo permettermi la GoPro) ho iniziato questo percorso creativo, oltre la ripresa, con montaggi musicati, alla ricerca di una più alta qualità rispetto ai prodotti artigianali, rispettabilissimi, che tuttora imperversano sul web.

Jack con una grossa ricciola
 


Parlami di pesca.
Dal 2011 a settembre del 2014 uscivo anche due tre volte alla settimana. Prevalentemente “a libero”, agguato e a-spetto, a cernie, visto che Carloforte è la mia zona, ma anche saraghi, corvine, orate muggini e spigole e qualche dentice. Nel 2014, e qui ci ritorniamo al terremoto di prima, organizzo una battuta col mio amico Toni, di Iglesias. Usciamo da terra, da Canal’ e Trincas, a Guroneddu, esattamente a metà stra-da tra Capo Altano e Porto Paglia, dopo aver percorso un sentiero per circa 20 minuti. In mare non ero concentrato sui pesci, mi aspettavo di trovare nuovi ambienti e scenari. Con me il fido barrax 80 cm a due elastici, attrezzato per la ripresa. Sulla batimetrica dei 27 metri, con mare calmo, vedevo saraghi e tordi, poi trovo i dentici, un bel branchetto, ma sbaglio appostamento e quando, comunque, stavo per sparare vedo una grossa sagoma che mi distoglie dai dentex e che piano piano si manifesta: una grossa ricciola che mi viene incontro, dalla destra. Mantengo la calma e con sangue freddo la lascio sfilare, lentamente, a circa un metro dalla punta del fucile. Avevo paura di colpirla al bersaglio grosso perché difficilmente l’avrei trapassata e avrebbe avuto, così, la possibilità di liberarsi. Quindi, sparo, nella porzione più caudale dell’opercolo, praticamente nella branchia. Seguono 40 minuti di combattimento ma il mio fuciletto, ribattezzato in seguito “spara lucertole” da Sal- vatore Conte, per la sproporzione tra la sua potenzialità e l’enorme preda, resiste. Per me è una doppia soddisfazione! Non solo si tratta di una bestia di 45 chili (così ha detto la sincera e imparziale bilancia), ma è anche una cattura fatta col mio fucile, col fucile che ho costruito io. Ma non è tutto rose e fiori. Infatti, al ritorno… Come risalire nel sentiero con un ingombrante e instabile pacco di 45 chili? Benedetto cellulare. Chiamo mio padre che, sorpreso, imbarazzato e indeciso, comunque propone di trovare un trattore, arriverà 2°. Infatti a salvarmi dalla momentanea impotenza è Fabio che giunge per primo con un veloce fuoristrada, e col clacson sempre in funzione, finché arriviamo a casa. Da questa avventura nasce un video di 3 minuti, totalmente auto prodotto... molto bello, naturalmente pubblicato sul mio canale Youtube, barraxjack.

Il seguito?
Il seguito è l’effetto di questo video, il terremoto di cui parlavo prima, quello che mi ha suggerito un nuovo percorso di vita. Contesub, di Salvatore Conte, pugliese, produttore di fucili, mi offre lo sponsor. Poi Matteo Murgia, titolare di Ideemare, mi propone un’estate di lavoro, part time, nel suo negozio di pesca e sub di Predda Niedda a Sassari, lavoro che continua, con reciproca soddisfazione, ininterrottamente da 5 anni.

Spot preferiti?
Carloforte per le cernie, Alghero per le spigole, Santa Teresa per la bellezza dei fondali.

Pericoli?
Solo da giovane, ho avuto paura di non riuscire a rientrare a riva per il mare mosso. Ero a Gonnesa, alla spiaggia di mezzo, in un canale con una forte corrente a uscire. Per guadagnare qualche metro ho dovuto nuotare sul fondo, a più riprese. È stata dura ma ce l’ho fatta.

Uno spot per neofiti?
Capo Altano. Da Portoscuso ci si arriva in 10 minuti. È una zona con un fondale ottimo per pescare a libero, ma anche a razzolo e in tana. L’area è attiva e produce pesce tutto l’anno. D’inverno consiglio l’agguato da praticare con una buona zavorra.