Flavio Argenti

E' inevitabile, quasi, per chi ha la passione della pesca in apnea, provare le acque della Sardegna. Spesso, come è successo a Flavio, ci si innamora della loro trasparenza e dei ricchi fondali, e allora l'idea di diventare più sardi diventa una necessità.

Per molti, la Sardegna è come una terra promessa. Un posto incantevole dove vivere, lavorare dare sfogo alle passioni. E per chi è innamorato del mare, come appunto il pescatore, posto migliore non c'è. Ce lo conferma anche Flavio Argenti, romano, dentista, da una decina d'anni residente prima a La Maddalena e infine a Olbia. Da giovanissimo, già a cinque anni, entrava in acqua, al seguito del padre, pescatore anche lui, per scovare le oloturie che l'adulto usava per innescare il palamito. Poi è stato il tempo della fiocinetta, con la quale, a Ostia, il giovane Flavio di divertiva a infilzare i polpi.

Quando sei passato ai pesci? Beh, avrò avuto 14 anni. Mi aggregavo agli amici di papà. Di solito si andava di fronte alle dune di Castelporziano, alle secche di Paterno, distanti 5 miglia circa dalla costa, dal 2000 tutelate dall'area marina protetta Le mie quote operative erano ancora modeste, quindi mi ritagliavo uno spazio abbastanza limitato, su fondali dai 7 ai 16 metri di profondità, praticamente le prime pietre delle secche, ma allora ricche di spigole e orate che pescavamo al razzolo in acqua torbida.

La cernia è una delle prede preferite di Flavio.

Una preda significativa? Diciamo il primo evento importante che si è verificato. A Ostia, pescavo su un relitto perso nella sabbia. L’acqua era pulita ma sul fondo era tutto bianco. Come mi tuffo vengo circondato da una marea di spigole, forse un centinaio o addirittura di più. Tutte grosse. Ne ho sparato 4. Una trentina di chili. Con gli anni, purtroppo, i pesci sono diminuiti, poi è stato il tempo dell'università, all'Aquila, e il mare era concesso solo il fine settimana. D'estate invece mi ricaricavo. Valentina, mia attuale moglie, aveva casa a Cannigione e potevo pescare quasi tutti i giorni.

Quando ti sei trasferito? Dopo la laurea. Una decisione di comune accordo motivata naturalmente dalla passione per il mare e la caccia. Com’è stato l’inizio? Beh, avendo l’esperienza estiva di più stagioni, non c’ho messo molto ad organizzarmi. Inoltre, quasi da subito, ho fatto coppia con Marco Meledina, grande persona che i lettori di Mondo Pesca ben conoscono. Allora avevo la residenza a La Maddalena, così per 5 o sei anni ho avuto la fortuna di immergermi in quei fondali irripetibili, oggi, anch’essi, purtroppo off limits.

Oggi? Oggi, grazie all’acqua limpida della Sardegna, ho virato verso l’aspetto senza trascurare la pesca in tana, soprattutto estiva per le cernie.

Quali sono te tue quote? Tocco i 46-47 metri. Del resto, oltre che essere allenato, ho seguito più corsi di apnea. Il primo a 17 anni, a Ostia, col campione bustese Gianluca Genoni e l’ultimo a Olbia con Antomaso Fresi per la didattica Apnea Academy.

Grossa ricciola per un grande sportivo.

Una bella preda? A ottobre scorso, una bella ricciola, il suo periodo. Alla secca dei Monaci, con Marco. Sono sceso in un punto isolato dove già avevo pescato dentici, anche la settimana precedente. Mi aspettavo di ripetere la cattura, di fare un bis col Dentex, ma al primo tuffo vedo solo saraghi. Appronto un agguato sul sommo di un pietrone e, tempo 20 secondi, mi sfilano davanti, a un metro dall’arpione, 4 grosse ricciole. Sparo, naturalmente, e colpisco la più grossa che fugge veloce come un fulmine. Ma era presa bene, appena dietro la branchia, e così non c’è voluto molto per recuperarla. Pesava 40 chili esatti.

Un evento spiacevole? Non so… forse non è spiacevole però mi ha certamente agitato. Rientravo dalla secca delle Bisce in compagnia di Diego Manzocchi. A un certo punto notiamo questo gommone ancorato sul fondo, con la bandierina rossa segnasub ma senza nessuno a bordo. Subito dopo, a galla, scorgiamo la sagoma di un sub inanimato. Era sincopato. Sangue freddo e respirazione bocca a bocca l’hanno salvato. L’ischemia che è seguita gli ha causato una perdita di memoria. Questo episodio è emblematico e rafforza l’esigenza di uscire in mare per immergersi e pescare, sempre con un compagno, mai da soli. Oggi più che mai vista la tendenza a pescare profondi.

I tuoi spot preferiti? Beh, d’estate sicuramente le Bocche. D’inverno, il sottocosta da Santa Teresa al Golfo di Olbia.

Il posto più bello? La secca dei Monaci, poco più di un miglio a ENE dagli isolotti omonimi, ma poco al di fuori del parco. Sale da 50 fino a 8 metri. È un fondale di roccia granitica con risalite alternate a sabbia. Un ottimo habitat per grossi predatori quali dentici e ricciole. Da frequentare soprattutto d’estate perché d’inverno l’acqua spesso è sporca.

Un aneddoto? Mi è capitato tante volte di imbattermi in branchi di saraghi ma una volta sola sono riuscito… erano tantissimi e alla mia vista si sono riparati sotto quest’unica lastra sulla sabbia. Non ho sparato ma ne ho preso due con le mani. Meledina era testimone. Però c’è stata un’altra esperienza particolare che ricordo volentieri: l’incontro con una cernia canina. Ero su un fondale di appena 35 metri, fuori Spargi, nell’arcipelago della Maddalena. Avrei potuto spararla, almeno così ho creduto. Ma era guardinga e anziché intanarsi come fa di solito la bruna, ha emulato il dotto, sollevandosi dal fondo e scappando come fosse una ricciola.