Edoardo Delrio

Giovane, forte e con un mentore d'eccezione. Così il nostro protagonista di aprile si è concesso prestazioni da profondista e invidiabili catture da super esperto.

Mi ricordo le estati a Marina di Sorso con mio padre e mio zio, entrambi pescatori. Avevamo casa al mare, al sesto pettine, e un gommone multiuso che riempivamo di lenze o fucili a seconda del tipo di pesca che avremmo praticato. Io ero il terzo, ancora giovanissimo, forse con solo 8 anni sulle spalle. Ma ero molto curioso e non perdevo una battuta. Tutto faceva esperienza. Esordisce così, Edoardo Delrio, sorsese, oggi ventunenne, ancora giovanissimo a dispetto di chi ha i capelli bianchi o di chi, addirittura, non li ha più. Come hai iniziato? Le prime lenzate le ho fatte a bolentino, nel Golfo dell’Asinara, naturalmente, sia che si uscisse da Castelsardo o da Porto Torres. La pescasub, allora, era solo film. Nel senso che per quanto possibile la vedevo, immerso nel blu e disarmato, ma i protagonisti erano sempre i miei parenti più stretti. Un ricordo di allora? Forse avevo già nove anni e mio padre non aveva ancora grande esperienza con la traina. Però quella sera fu fortunato e io pure, perché fu la prima volta che vidi un pesce così grande, un dentice di circa 5 chili. Naturalmente l’episodio, oltre all’euforia del momento, contribuì a stimolare la mia curiosità e il mio desiderio di andare a pesca.

Il giovane tredicenne col denticione pescato a traina.

E la pescasub? Vestii la mia prima muta a 12 anni. Mio padre era la mia guida sia nelle uscite in barca che da terra. Ma pescavo giusto qualche polpo o tordo. Quindi il giorno che catturai un grosso marvizzo cerchiai di rosso la data sul calendario. Un aneddoto? Mi ricordo che stavo preparando un’uscita a surfcasting e mi ero immerso in pochissima acqua, alla ricerca di cannolicchi da usare per esca. Ero davanti a casa, alla foce del Silis, concentrato sulla sabbia per cercare i segni del mollusco. Forse per la sabbia sollevata oppure proprio perché maneggiavo il bivalve, del tutto inaspettatamente, mi trovo davanti, quasi in faccia, una leccia che al netto di emozione, inesperienza e fantasia, sarà stata almeno 25 chili. Ho ben presente anche la fuga, velocissima, di tutti i pesciolini della zona, schizzati via, ovviamente, come se avessero visto la morte… in effetti… Io invece, per nulla turbato, e impossibilitato a far altro, sono rimasto lì, a godermi la scena e le scodate eleganti di quella grossa leccia che, lentamente, se ne andavaQuando ti sei sentito più maturo? Non lo so! Però, il corso di apnea in piscina che ho frequentato a 13 anni, a Sassari, con Franco Villani, ha lasciato un segno. Del resto in quell’occasione ho imparato a pinneggiare, a rilassarmi, a fare apnea statica. E poi… Franco. I suoi discorsi mi hanno incoraggiato e infogato ancora di più per la pesca. Inoltre, a distanza di qualche anno ho avuto la fortuna di uscire a pesca con lui. Racconta. Era inverno, e siamo usciti col suo gommone, da Porto Palmas, a nord dell’Argentiera. Il mare era piatto e freddo, ma il mio ruolo era il barcaiolo. Dopo qualche ora Franco fa una risalita con una cernia di 12-15 chili. Per me è stato emozionante, come fosse la conferma che in mare pesce ce n’è davvero e se sei bravo di puoi divertire. Ci siamo lasciati con la promessa di rivederci e ripetere un’altra giornata da ricordare. È successo? Si, naturalmente! Nel 2020, mi ricordo anche il giorno, era il 19 giugno. Siamo usciti a metà mattina per via dei suoi impegni. Destinazione: Castelsardo. Ci siamo diretti verso un punto che doveva controllare con l’accordo che avrei fatto il suo assistente mentre mio padre doveva stare a bordo a fare il barcaiolo. Ci tuffiamo insieme, ma lui va giù mentre io rimango a galla in superficie, armato, col mio 85 doppio elastico. Così, scorgo una leccia a mezz’acqua e senza pensarci su faccio la capovolta e mi inabisso per circa 15 metri.

Edoardo e Franco Villani, insieme con due belle lecce.

Quando arrivo a tiro sparo la saetta che la trafigge sul fianco. La leccia reagisce con vigore e non riesco a riportarla in superficie. Intanto Franco, in risalita, accompagnato da un cerniotto di 4-5 chili, si gode tutta la scena, dallo sparo all’inutile resistenza della preda. E una volta su, scaricato il pescione s’immerge di nuovo per doppiare la mia leccia che alla bilancia ha pesato 12 chili. Ma non è finita qui.

Ci spostiamo, in gommone, su un altro punto, abbastanza vicino. E il copione si ripete. Lui va giù e io di nuovo in superficie a fare da assistente. Vedo un’altra leccia, questa volta un po’ più vicina, forse solo 10 metri sotto. Non mi coglie impreparato e la seguo dopo una veloce capovolta. Però il pesce fa per allontanarsi e così ho dovuto pinneggiare con forza per anticipare il suo percorso. A due metri circa di distanza sparo, sul fianco, vicinissimo alla spina dorsale… fulminata. E ancora una volta Franco si gode lo spettacolo. L’animale pesava 9 chili.

Esperienze agonistiche? Sono tesserato con l’Apnea team Sassari dal 2015. L’idea era quella di cimentarmi nell’apnea dinamica, ma non ho avuto risultati incoraggianti. Nonostante un corso avanzato Apnea Academy, sempre con Franco, in seguito al quale le mie quote operative sono arrivate a 40 metri. Così, come forse era più naturale, sono passato alla pesca in apnea. Nel 2023 dopo le selettive approdo al Campionato italiano di seconda categoria, a Casal Velino, in Campania. Purtroppo, anche lì nessuna gloria. A Porto Pino però, per le selettive 2024, dopo un NC per mare mosso e un altro per gastroenterite, guadagno un terzo posto che mi rimette in pace con me stesso. Tra l’altro un bel posto. Poche pietre, ma ricche di vita, anche in tana e a profondità modeste. Ma, se posso dire la mia, Castelsardo è ancora meglio. In preparazione al campionato sardo del 2023, ho trovato tantissime corvine, saraghi, dentici e cernie: un acquario.

Un incontro insolito? Una tartaruga allamata in un palamito, a Portoscuso. Preparavo una selettiva e in una discesa per controllare delle pietre, riconosco il carapace. Era immobile sul fondo. La porto su, chiamo mio zio e col suo aiuto gli levo la lenza ma non l’amo perché ben conficcato sul lato della bocca. Non era in pericolo di vita. Il tempo sarebbe occorso n suo aiuto. Naturalmente è scappata via.