di Luca La Brocca
È un sabato d’agosto a Pula, nel 2017. Sono a pesca e dedico il 90% del tempo passato in acqua alla ricerca di nuovi spot con l’ausilio dello scooter elettrico. Sono quasi 15 anni che alterno l’uso del traino lungo con lo scooter elettrico per le quote più impegnative. Faccio su e giù per tante ore su batimetriche tra i 35 e i 40 metri. Alla fine della giornata qualche bello spot è stato aggiunto nella memoria del Gps. Ma sento di avere un po’ esagerato con il numero di immersioni e imprudentemente con qualche recupero di superficie troppo breve. In macchina, di rientro dalla pescata, decidiamo di fare un’altra uscita e ci diamo appuntamento a lunedì per cercare degli spot nel mare di Santa Margherita di Pula.
Il giorno di pausa
È una bella serata, la classica domenica d’Agosto e per la cena mi appresto ad assaporare delle splendide bistecche cotte al barbecue e a sorseggiare dell’ottimo vino rosso. La cena è abbondante e direi “pesante” ma non ci faccio caso. Vado a letto tardi e la notte l’afa e il caldo non mi lasciano dormire bene, mi rendo anche conto che forse ho bevuto un bicchiere di vino rosso di troppo. Notte “disturbata”.
Lunedì
L’appuntamento è alle 7 al porticciolo di Perd’e Sali. Il mio compagno di pesca arriva puntale; con il barcaiolo abbiamo già scarrellato il gommone e rifornito il serbatoio di benzina. Indossiamo le mute e mettiamo la prua per la destinazione di pesca. Durante la navigazione mi sento un po’ nervoso e teso… non va bene. Sarà perché’ non ho dormito bene, mi dico. Non c’è un filo di vento o di corrente, l’acqua è di un blu intenso e molto limpida e calda; questo va molto bene. Entro in acqua e inizio la perlustrazione e la ricerca degli spot da segnare nel Gps; faccio immersioni tra i 42 e i 49 metri con tempi di immersione che variano dai 2 ai 3 minuti. I tempi di superficie sono ridotti al minimo indispensabile (due, massimo tre volte il tempo di immersione); voglio sfruttare al massimo le condizioni spettacolari e temo l’ingresso della forte corrente che renderebbe più torbida e fredda l’acqua. Durante i recuperi in superficie comunico che l’acqua è si molto limpida ma nell’ultimo metro dal fondo c’è una sospensione fastidiosa che impedisce di vedere dentro le tane anche se illuminate. Chiedo se non ci sia qualche strascicante in zona che possa essere causa della sospensione. Negativo, nessun peschereccio a perdita d’occhio. Probabilmente erano le prime avvisaglie del Taravana e disturbi alla vista che si presentavano sul fondo. Faccio un totale di 20 immersioni e per sei volte metto il pedagno e quindi chiedo di “segnare” il punto nel Gps. Riferisco di cernie e corvine al compagno di pesca e al barcaiolo che seguono le mie immersioni da sopra il gommone. Continuo a lamentarmi della sospensione nell’ultimo metro di fondo. Alla riemersione del 21° tuffo sono provato, ho usato lo scooter al massimo della velocità per risalire e riemergo con lo scooter che ancora in funzione crea un turbinio di bolle in superficie. Non va bene, tuffo tirato! Riferisco di aver visto “partire” una cernia su delle pietre intraviste in lontananza e dico di voler fare ancora una immersione per pedagnarla. Il compagno di pesca preme perché ci spostiamo; è in gommone con la muta indossata e vuole entrare in acqua più a terra, per poter pescare.
Il Taravana
Chiedo l’ultimo tuffo per pedagnare la cernia e prendere il punto Gps. Anche questo è un tuffo molto lungo, superiore ai precedenti… non va bene. Probabilmente ho dovuto inseguire sul fondo la cernia per capire dove si potesse intanare. Riemergo e contemporaneamente riemerge anche il pedagno, mollato sul fondo. Appena in superficie la testa mi gira vorticosamente e esprimo disagio. Chiedo al compagno di pesca di entrare in acqua a recuperare il pedagno, non ho le forze per farlo io… non va per niente bene. Mi rendo conto e comunico che probabilmente sono alle prese con un Taravana, non riesco a salire in gommone. Vengo aiutato a salire, si susseguono momenti concitati. Perdo la vista e sto rapidamente perdendo lucidità, chiedo di chiamare il Diving di un amico situato a poche miglia da dove ci troviamo, ma il numero è sul mio cellulare, non vedo e non ricordo il codice di sblocco. Sono ormai in totale confusione. Il barcaiolo chiama il 118 e si vola verso il porto dove arrivo in stato di semi coscienza. L’ambulanza è già sul molo e appena trasportato all’interno del mezzo mi viene subito somministrato ossigeno. Corsa all’Ospedale Marino per il trattamento iperbarico. Vengo portato nella camera iperbarica alle 14 e ne uscirò dopo sei ore come primo trattamento in ossigeno puro. Altri due trattamenti si ripeteranno nei due successivi giorni di ricovero dove, anche fuori dalla camera iperbarica, respiro solo ossigeno puro giorno e notte. Vengo dimesso dopo 4 giorni e dopo innumerevoli esami. Per fortuna, dalla risonanza magnetica effettuata 20 giorni dopo l’incidete, non risulta nessun danno cerebrale. I fatti sopra riportati sono frutto dei racconti e della ricostruzione precisa di coloro che erano in mia compagnia. Io ho perso totalmente la memoria della giornata dell’incidente e del giorno prima. Buio assoluto, la sensazione interiore è quella di essere morto e resuscitato. Mi sono risvegliato nella camera iperbarica dopo circa 3 ore di trattamento e non avevo idea di dove mi trovavo; non ricordavo nulla e solo i medici e tecnici iperbarici mi davano qualche informazione attraverso gli interfoni. Ero incredulo e facevo fatica a non pensare di essere addormentato e di sognare. Prendevo coscienza dell’accaduto man mano che i tecnici mi parlavano e cercavo di provare a ricordare, anche un solo episodio o un piccolo particolare. È stato angosciate trovarmi li dentro, non potermi muovere e uscire, e non sapere perché. Per mesi la paura mi ha accompagnato ogni volta che entravo in acqua e andavo in profondità, quasi attacchi di panico. Dopo ogni tuffo profondo mi ascoltavo e temevo che il Taravana potesse ripresentarsi. Una volta, anche se tutti i tuffi della giornata erano stati effettuati in tutta sicurezza, cominciai ad avvertire malessere generale e nonostante il Taravana fosse assolutamente da escludere, mi portai su un fondale di 6 metri per fare una ricompressione ad ossigeno con il bombolino che ora nelle pescate impegnative è sempre a bordo. La paura si era insinuata in me e iniziavo a temere che non avrei potuto superare questo ostacolo. Solo dopo mesi, con passione e tenacia, sono riuscito a recuperare la tranquillità.
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