Delbene - Profonde Passioni

Il bravo pescatore subacqueo sa distinguere tra abisso e profondo, stati mentali più che luoghi reali. L’abisso è una regione da cui fuggire, orrida, spaventosa. Incombe sul pescatore che però non lo deve sfidare, pena esserne divorato. Il profondo, al contrario, è un traguardo al quale tendere, obiettivo che una volta raggiunto ci spinge a un profondo ancora più intenso; la classica asticella da superare e posizionare sempre più in… profondità. C’è chi, poi, di questo stato mentale è rimasto piacevolmente “stre- gato” da piccolo, diventando negli anni uno dei maggiori conoscitori e assiduo frequentatore. Gabriele Delbene, prestante “ragazzone” alto 195 centimetri, nasce a La Spezia nel 1966. Nell’ambiente è conosciuto per le sue singolari capacità fisiche che gli hanno permesso negli anni di unire con profitto l’apnea e la pescasub. Lo “becco”, guarda un po’, proprio tra un tuffo e l’altro di ritorno dai recenti Campionati italiani di Forio d’Ischia.

La ricerca del profondo
Com’è iniziato il tuo rapporto col mare e la pesca subacquea? Da piccolo i miei genitori mi hanno fatto praticare tanti sport: soprattutto sci e basket. Ma, ancora giovanissimo, avevo capito che il legame col mare era più forte. Così, anche per il timore di farmi male, ho preferito l’apnea e la pescasub. In questa scelta ha avuto un’importanza fondamentale la Sardegna.
Parlaci dei ricordi della nostra terra. Sono rimasto affascinato dalla bellezza dell’isola e dalla trasparenza delle sue acque. I fondali sono stupendi, per questo il mio rapporto con l’isola è continuato anche da adulto. Hai dei luoghi a cui sei maggiormente affezionato? Mi piace molto la costa orientale e in particolare la varietà di fondali tra San Teodoro e Capo Comino. Ma un po’ tutto il mare sardo è affascinante.

Gabriele già da ragazzo vanta un fisico da atleta e alimenta un sano spirito agonistico. Fisico e determinazione, le due doti basilari per emergere nello sport? Il mio interesse per lo sport mi ha portato alla laurea in scienze motorie. In quegli anni, proprio in Sardegna, mi è nata la passione per il profondo. Come aspirante sub da ragazzino pescavo quasi esclusivamente nella fascia da 0 a 10 metri, quella dove si mettono a punto tutte le tecniche di base e soprattutto la tecnica di riconoscimento dei pesci, del loro comportamento, cose che si impara a sfruttare a proprio favore. Quando è stato il momento cruciale? A 14 anni non desideravo il motorino come tutti i miei coetanei, desideravo immergermi. Durante una vacanza a Costa Rei, con amici ho iniziato a scendere a quote più interessanti, dai 15 metri in giù. Il mio fisico mi aiutava, permettendomi tuffi prolungati e la mia innata facilità di compensazione mi ha permesso di puntare a profondità sempre maggiori.
È allora che è nato il tuo interesse per l’apnea pura? Si, anche se non bisogna confondere apnea e pesca in apnea. Sono due pratiche molto diverse anche se correlate.

Gabriele ha ripreso l’agonismo nel 2015, dopo una pausa di oltre dieci anni. Da subito è stato confortato da buoni risultati, trascinato da un sano spirito competitivo che non l’ha mai abbandonato.

Un agonista nato
Veniamo agli anni della maturazione. A cavallo dei due millenni Gabriele è cresciuto sia come pescasub che come apneista, conseguendo brillanti risultati in entrambi gli ambiti.
Parlaci del tuo tuffo più profondo. È successo tutto in pochissimo tempo. Nel 1999, in allenamento, sono stato il primo uomo a scendere alla profondità di 100 metri, utilizzando una maschera. Sempre a fine anni ’90, ho collaborato con Nuccio di Dato, storico allenatore del mito Enzo Maiorca, di Francisco “Pipin” Ferreras e Gianluca Genoni, tra gli altri.
Con lui hai tentato il record?
Nuccio mi volle vedere in azione perché impressionato dalle mie potenzialità. Organizzammo un record di apnea no limits per la rassegna internazionale di Ustica del 2000. Purtroppo il tempo ci tradì, ma in allenamento, nei giorni precedenti, raggiunsi “facilmente” i 135 metri in assetto variabile. Peccato per il record ma quel test mi diede grande sicurezza dei miei mezzi.
Spiegaci meglio. Durante la risalita dai 135 metri, mi permisi di lasciare il palloncino che aiuta nell’emersione a 60 metri, risalendo poi a braccia. Inoltre, in quei giorni effettuai tuffi superiori ai 4 minuti. Insomma, la ricordo come una bellissima avventura.
Da allora l’apnea si è evoluta? Eccome, infatti i miei risultati hanno una valenza ancora maggiore se consideriamo che allora non erano state sviluppate le moderne tecniche come la respirazione glossofaringea.
In quegli anni eri attivo anche come agonista pescasub? Si, circa vent’anni fa ho ottenuto alcuni importanti risultati che mi hanno portato nell’orbita della nazionale italiana. Il culmine è arrivato con la partecipazione al mondiale a squadre in Cile nel 2004.
Da allora hai sempre continuato a gareggiare? Dopo il Cile mi sono ritirato per via del mio lavoro che assorbiva molto tempo. Mi ritirai anche un po’ in polemica con la federazione. Ero uno dei migliori profondisti, ma quando c’era un campionato del mondo o d’Europa non venivo convocato neanche come riserva.
Ma il richiamo delle gare è stato più forte... Ho ripreso l’agonismo, alla grande, nel 2015. Mi ricordo un’affermazione in una selettiva, nella quale catturai una grossa orata su una tana di saraghi, in 4 metri d’acqua. L’orata aveva pesato circa 2,5 chili; da lì è rinata la voglia di confrontarmi in gara. Nel 2018 ho preso parte al primo Campionato del mondo per club, in Tunisia, in squadra con Dario Maccioni, cagliaritano, campione italiano 2015; abbiamo fatto terzi! Ad oggi la passione per le gare è sempre più forte, tanto che in futuro penso di partecipare al prossimo Campionato mondiale per club che preparerò questo inverno e che si svolgerà a Zara il prossimo anno.

L’importanza della formazione
Gabriele oggi è dottore in osteopatia e la sua formazione scientifica è legata in modo stretto all’apnea e alla pescasub. Basti dire che il titolo della sua tesi è “Apnea alle grandi profondità, nuovi record, nuove problematiche”. In quel lavoro analizza il problema del taravana; in più si è dedicato all’apnea femminile.
Spesso i pescasub danno più risalto alla pratica. E’ un errore. Io organizzo spesso seminari dedicati ai pescatori subacquei. In questi incontri, tento di trasmettere due concetti fondamentali sulla sicurezza. Il metodo Traccia e le tre O. Il primo è un metodo di respirazione, di mia ideazione, che lavora sulla costruzione dell’apnea, staccata dalla pescasub e quindi un’apnea a secco, che aumenta i margini di sicurezza e i tempi di apnea. Credo che la pesca in coppia, da praticare con un solo fucile carico, sia l’unico modo per garantire la sicurezza. Questa tecnica trova un’eccellente applicazione proprio in Sardegna, dove la trasparenza dell’acqua permette una vigilanza continua e evita, in caso di incidenti (le statistiche dimostrano che avvengono quasi sempre vicino alla superficie e in alcuni casi pochi secondi dopo la riemersione), che l’esito sia fatale. Il secondo concetto è quello delle tre O. Osservazione e valutazione, Organizzazione del percorso, sfruttamento dell’Ostacolo. L’efficacia delle 3 O è che vale da zero metri sino alle massime profondità. Si parte dallo studio del movimento mimetico. Infatti, non è tanto importante indossare una muta mimetica, quanto sapersi muovere sott’acqua, imparando a sfruttare gli ostacoli, imparando a osservare bene le situazioni subacquee, arrivando a “leggere il fondale” e a cercare i tuffi nei posti giusti.

“Mentre si è giù ci si concentra per capire con grande attenzione, in maniera inequivocabile, quando è arrivato il momento di cominciare a risalire ”.

Il significato del profondo
Credevo che il momento cruciale di un tuffo profondo avvenisse durante la risalita, una volta effettuato lo sparo e ottenuta la cattura. Mi chiedevo cosa passasse nella mente di Gabriele in quel lungo lasso di tempo, parliamo di minuti, nei quali tutto nel nostro corpo chiede a gran voce ossigeno! Cosa pensi quando stai risalendo in superficie da un tuffo profondo? Più che a cosa si pensa durante la risalita, quello che è importante è cosa si pensa durante il tempo di sosta sul fondo. Sempre per la sicurezza, ci si concentra sul rimanere lucidi per capire e leggere con grande attenzione, in maniera inequivocabile, i segnali che ci portano a decidere che è arrivato il momento di cominciare a risalire.

Dentro il Loredan
Immaginate per un momento di avere esperienza con le lunghe apnee, con i fondali di oltre 60 metri e di avere ben chiare le conseguenze nefaste che potrebbero avere le azioni sbagliate quan-do siete giù, in immersione. Ecco, ora immaginate che qualcosa vada storto proprio quando siete giù, da soli.
Un episodio di pesca che ti ha colpito? Mi è capitato di sparare dei pesci anche oltre i 60 metri e questo in più occasioni. In particolare, mi ricordo quando ho sparato dentro il relitto del Loredan, in Sardegna, a Torre delle Stelle. Avevo già effettuato due tuffi e alla terza immersione sparai un grosso scorfano. L’asta si incastrò a 64 metri e mi dovetti infilare per quasi 4 metri dentro il relitto per cercare di recuperare la preda. Lo scorfano era incastrato tra delle reti abbandonate. Riuscii a liberare asta e preda ma mentre uscivo dal relitto la maschera si incastrò in uno spuntone di metallo e fece entrare molta acqua nella maschera. Ricordo che mentre risalivo ero abbastanza preoccupato ma alla fine andò tutto bene. Sono sicuro che quella volta non ebbi problemi proprio perché rispettai tutte le regole di sicurezza, ascoltando le mie sensazioni mentre ero in profondità e scegliendo di risalire con il giusto anticipo. Nell’occasione, nonostante i pericoli sfiorati non ebbi conseguenze, non ebbi la cosiddetta samba. In tutta la mia storia di pescasub fortunatamente non ho mai avuto una sincope.

Sempre più Bianca
Negli ultimi anni Gabriele Delbene ha potuto frequentare abitualmente i nostri mari riscontrando la presenza sempre maggiore di cernie bianche (Epinephelus aeneus), come quella nella foto d’apertura. Delbene ritiene questo aumento un fattore importante perché è l’ennesima prova che la cernia bianca o cernia di sabbia è sempre più diffusa nel mare dell’isola. Infatti non più di vent’anni fa su dieci catture di cernie, nove erano brune e solo raramente si segnalavano catture di cernie bianche. Adesso l’areale di questa specie si è spostato a nord, aumentando la presenza, originariamente confinata all’estremo sud italiano, anche alla Sardegna, Toscana e Liguria. In più, l’aumento di avvistamenti dimostra ancor più il minimo impatto che la pesca sub ha sull’ambiente. Infatti, brune e bianche non possono essere pescate in modo intensivo con le reti e vengono pescate quasi esclusivamente dai pescasub. L’esplosione demografica della cernia bianca dimostra la sostenibilità della pesca subacquea.

Manovra globale di risalita
La manovra globale di risalita é composta da due parti. Il recupero in risalita dei volumi di aria riccamente ossigenata immessa durante la sua compensazione in discesa e lo svuotamento facilitato del boccaglio negli ultimi centimetri, senza nessun sforzo espiatorio aggiuntivo. È stata ideata nel 1989 in seguito al racconto di un noto agonista sopravvissuto in solitaria ad una brutta sincope in superficie ed ad uno svenimento protrattosi per alcuni minuti. Il subacqueo si é salvato solamente perché aveva mantenuto il boccaglio alloggiato normalmente in bocca. Ci sono 23 casi conosciuti (la punta dell'iceberg) di sub solitari che raccontano di aver subito una sincope da apnea prolungata e di essersi risvegliati respirando normalmente nel boccaglio. Alcuni di loro affermano di essersi ripresi anche a distanze superiori ai 50 o 100 metri dal luogo dell'incidente, facendo così comprendere di essere rimasti incoscienti per alcuni minuti.

I numeri di Gabriele
Gabriele ha vinto 5 trofei internazionali e numerose prove selettive nazionali. Nel 1998 ha vinto il Campionato italiano di pescasub di seconda categoria. Nel 1999 ha conquistato l’argento a squadre ai campionati europei di Maiorca. Nel 2004 si è laureato Vice campione mondiale a squadre in Cile. A questi risultati si deve aggiungere i -135 metri raggiunti durante il tentativo di record no limits del 2000. In più Gabriele ha presentato una fortunata serie tv intitolata Dall’Onda all’Abisso, in replica dal 2013 sul canale 236 Caccia e Pesca di Sky. In questa serie Gabriele ha dedicato una puntata alla pesca in coppia, intitolata Squame di Coppia, per convincere gli appassionati a praticare una tecnica che sollevi la soglia di pericolo.