Cristian Cadelano

Quello che di primo acchito sembrava una moda, una tendenza, oggi si è confermato una semplice conseguenza. Mi riferisco alla pesca della cernia. Ascoltando il vissuto dei protagonisti che si sono susseguiti nelle pagine di Mondo Pesca, sono arrivato alla ovvia conclusione, che di moda non si tratta ma di predisposizione. Come dire: chi si dedica alla pesca del- la cernia, lo fa perché dotato, predisposto, un po’ naturalmente, un po’ aiutato dalle più moderne e affidabili didattiche, Apnea Academy in primis. E infatti, tutti i personaggi intervistati, sep- pur, da noi, pescati in ambienti diversi, hanno fatto una sosta alla corte di Pelizzari. E tale percorso è comune anche all’atleta di turno, di Oristano: Cristian Cadelano. Nello specifico, per tornare ai nostri pescati, il suggeritore è stata quella Cinzia Cara di agosto, che tanto successo ha riscontrato presso i nostri lettori, per la sua grazia, le sue esperienze e la sua bravura e quindi, sono certo, anche per averci suggerito il suo mito. Ma torniamo al primo attore. Sia-mo nel 1983, precisamente il 24 dicembre. Capricorno. Cristian nasce senza pinne, ma i piedi fanno pensare. Poco dopo lo svezzamento, così lui taglia corto, impugna la sua prima fiocina e i fine settimana liberi del babbo, li passa a pungere pesciolini di tutti i tipi. Mari Ermi era il divertito scenario, a un pas-so dai luoghi sacri della pescasub isolana come Su Pallosu e Putzu Idu. Due lustri circa di pratica, fino ai fatidici sedici anni, età in cui gli è consentito l’u-so del fucile subacqueo. Nonostante la giovane età, si smarca presto dal babbo e con l’amico patentato si sposta verso nuove mete, a Capo Mannu, Su Pallosu, Putzu Idu, Su Tingiosu. Così do-po i pescetti per il fritto, arrivano i pri- mi saraghi, le prime corvine, le prime cerniotte. Sempre d’estate, per via della attrezzatura da studente, ancora con la chiusura a lampo, fredda d’inverno.
Prima la fiocina, poi l’automobile, lo step successivo?
Avevo circa 20 anni, anzi, precisamente nel 2004. Saltuariamente mi avvicinavo ai 25 metri ma in una circostanza ho capito che avevo la stoffa, che potevo fare meglio. Su un fondo di circa 10 metri, alle prese con un dentice mi trattengo sott’acqua tre minuti. Naturalmente esco vincitore, ma soprattutto emozionato, infogato, sicuro di poter migliorare le mie perfomance se seguito con professionalità. Penso subito a Dario Maccioni, già profondista, al quale, tra parentesi, farò da barcaiolo al prossimo Campionato ita- liano di II categoria a Casalabbate in Puglia. Le mie possibilità allora arrivavano a 30 metri, il minimo per divertirmi nell’oristanese, con saraghi, ora- te, corvine e cernie.


E poi?
Poi contatto Davide Carrera, super specialista, pluricampione d’immersione in assetto costante, a Marina di Portisco, grazie a una locandina che promuove i suoi corsi di apnea. È stata un’esperienza breve ma illuminante. Teoria la mattina con metodi di rilassamento e coscienza della respirazione e nel pomeriggio discese sul cavo: 20 metri la prima, 35 la seconda e 45 la terza, per me. Ero felice. I due anni successivi, ho continuato a allenarmi fino ad arrivare a pesca a 50 metri.
Tutto ciò grazie a…
Attività fisica, corpo libero, yoga e meditazione. Praticamente l’evoluzione di quanto a suo tempo proposto da Maiol prima e Pelizzari poi.
Oggi, come sei organizzato?
Diciamo che dal 2016 scendo profon-do. Fino a 60 metri. Sono un impiegato statale, quindi libero tutti i fine settimana. Preparo l’uscita il giorno prima analizzando il meteo (meteo, windy, windguru, lamma), quindi decido dove andare col mio lomac di 5 metri motorizzato Yamaha 40-60 hp. Nel pozzetto c’è la zavorra mobile, le pinne Pathos supreme in carbonio con angolo tra scarpetta e pala ideale per la profondità. Muta spaccato/liscio da 7 e 9 d’inverno e 5 e 6 d’estate. Quindi vado fondamentalmente a cercare cernie. Scandaglio col mio Garmin 9” Striker e sonda GT 52 chirp. Cerco l’habitat e se sono fortunato vedo anche l’animale che spesso staziona fuori dalla tana, nei punti strategici. Quindi fermo il gommone sulla verticale col barcaiolo che sovrintende, mi preparo e m’immergo. Col piombo vado giù, a 40 metri ci impiego circa 45 secondi. Mi rimangono 40 secondi per la risalita e altri 50 secondi per la pesca. La cernia si accorge, della nuova presenza coi pol- moni. Ma è curiosa e quindi, a meno di movimenti sospetti, rimane nel suo spazio. Io cerco la posizione orizzontale e sparo, preciso, poco sopra la linea che congiunge gli occhi, oppure poco dietro.
Cosa pensi dell’agonismo e del nuovo team azzurro?
Io purtroppo non faccio gare perché il lavoro non me lo consente e quel poco tempo libero preferisco passarlo “in relax” o meglio senza altri impegni diversi dal prendere pesce. Il ct, Marco Bardi, ha scelto bene, a mio avviso. I due atleti sardi, Dario Maccioni e Cristian Corrias sono profondisti e di casa, visto che i mondiali saranno ad Arbatax, a settembre, nel 2020. Giacomo De Mola, marchigiano trapiantato in Grecia, apneista di livello mondiale e quindi forte profondista, III all’ultimo assoluto a Marsala, fresco reduce dall’europeo in Danimarca, completa alla grande il trio titolare. Luigi Puretti, riserva, è il neo Campione italiano, una garanzia circa la forma del momento.
Quali sono i tuoi posti preferiti?
Pesco nell’oristanese, in particolare a Puzu Idu e Su Pallosu perché il fondo, con quote che vanno a 0 a 50 metri, è ideale per ospitare le varie specie, dal sarago alla cernia.
Com’è l’approccio alla cernia nella pratica?
A meno di trovarla in candela devi individuare un anfratto dove può esserci la cernia, una piccola tettoia con ombra, con saraghi fasciati o castagnole in giro. L’approccio comunque è lento con meno rumore possibile, altrimenti si accorge della tua presenza e, appena allineato, sparo. Sempre nella speranza che non s’intani perché tanto significa molto lavoro in più, potenzialmente pericoloso.
Una battuta sull’ambiente?
Noto un alto livello d’inquinamento con molta plastica dappertutto, che personalmente e per quanto posso, raccolgo sistematicamente. La presenza di animali è in calo e nessuna specie fa eccezione, salvo quelle acquisite di recente. Lo sfruttamento è troppo elevato per via della pesca di professione che spesso danneggia non solo gli stock ma anche l’ambiente.
I giovani?
Mi è capitato di istruire molti giovani, pur non seguendoli sul campo, in mare, sott’acqua. Ho insegnato loro le cose che ti portano a fare catture e li ho messi in guardia circa le situazioni critiche e i pericoli che non si possono eliminare, ma prevenire moltissimo. E comunque consiglio sempre corsi e stage.