Costantino Masala

Un po' autodidatta e molto no! Infatti Costantino Masala si forma dapprima in Apnea Academy e in seguito alla Fipsas, diventando oltre che un bravo e preparato pescasub, anche un istruttore di pesca in apnea.

Mi ricordo, diversi anni fa, quando a Nuoro era in auge l’Apases, un grosso sodalizio affiliato alla Fipsas, allora Fips, che aveva, fiore all’occhiello, una nutrita squadra di pescatori in apnea e un palmares da invidiare. Grazie a questi appassionati sono nati un’infinità di eventi, di massima risonanza, che hanno fatto del club e la città del monte Ortobene, il fulcro della subacquea sarda. Tutto ciò, considerata la distanza della cittadina dal mare, potrebbe sembrare un paradosso, ma occorre tener conto che pareggiare quei 600 metri di dislivello fino al mare, equivale a seguire un percorso… semplificato… tutto in discesa. E, per similitudine, tanto è valido per Macomer. Stessa altitudine e stessa distanza dal mare, anche se quello opposto. E le similitudini non finiscono qui. Infatti anche Macomer propone una sua realtà in materia di pescasub. E non è un caso se il personaggio che presentiamo in queste pagine si chiama Costantino Masala, sassarese di nascita, 28 ottobre 1991, ma indubbiamente esponente di spicco della pesca in apnea del Marghine. Pur a digiuno delle tradizionali esperienze familiari, Costantino si affida fin da piccolo allo zio materno col quale s’immerge e pratica lo snorkeling nelle coste bosane. S’Abba durche e Torre argentina lo affascinano sino all’età di 15 anni, la stessa che lo vede a Ghilarza, curioso e attento allievo di un corso Apnea Academy, con Roberto Mattana.

Quindi? Di lì a poco il mio primo fucile e un altro corso, di secondo livello, sempre a Ghilarza, sempre con Mattana. E poi? Poi sono uscito con i compagni di corso, tutti più grandi di me, tutti pescatori. Tra i tanti Ivan Arca, compaesano, posso dire che mi ha svezzato. Poi, a Paulilatino l’incontro con Umberto Pelizzari.

Costantino col mitico Umberto Pelizzari.

Da quel momento l’ho seguito in ogni sua apparizione in terra sarda. A 17 anni ho comprato una Coolpix da 8 mpixel con scafandro Nimar, attaccata sull’impugnatura del fucile. Una soluzione scomoda ma allora non c’era la GoPro. A 19 anni, Mattana, il mio istruttore, si trasferisce a Cagliari e per conseguenza le mie attenzioni virano con prevalenza sulla pesca. Razzolavo da autodidatta, fino a 20 anni. E finalmente mi compro un gommone che ormeggio a Bosa, un G43 Gommonautica con Yamaha da 20 hp, tutto abbastanza vecchio. Andavo verso Capo Marrargiu, poche miglia più a nord, fino alla secca, distante 500 metri dalla riva.

Ce la puoi descrivere? È una bella secca con 3 cappelli, 3 panettoni calcarei, i cui sommi raggiungono gli 8-10 metri per cadere su un fondo sabbioso a circa 35 metri di profondità. Sono coperti di corallo e posidonia, con molti spacchi e accarezzati da una correntina niente male. I pesci sono i soliti: mostelle, saraghi, corvine e cernie, principalmente, che sparavo all’aspetto.

Ma a vent’anni quali erano e tue prestazioni? Avevo 3 minuti di apnea e scendevo fino a 30 metri.

Una preda che ricordi volentieri? Sempre a Capo Marrargiu… una giornata in ma-re senza vedere una pinna dignitosa. Un po’ scoraggiato, seguo il consiglio di mio padre: fai un tuffo sulla secca! Mi avvicino e seppur privo di strumenti non ho difficoltà a trovare lo spot. Mi immergo e vedo un branco di dentici, tutti enormi. Ma non si lasciano avvicinare. Allora risalgo con l’intenzione di riprovarci. Mi avvicino col gommone e mi rituffo. Plano su una tettoia e mi nascondo, almeno un po’, sotto. Il più grosso, il capo branco, si stacca dal gruppo e si avvicina in seguito ai richiami gutturali. Mantengo la calma, per quanto possibile, col fucile puntato, certo che sarebbe arrivato a tiro. Quando giunge a un metro e mezzo sparo. Fulminato con un tiro preciso in mezzo agli occhi. Quasi 10 chili, il doppio per me, perché preso in compagnia di mio padre. Molto orgoglioso. Incontenibile. È il mio record.

Un dentice da capogiro, quasi 10 chili.

Quindi, lo step successivo? Direi che la musica non cambia fino ai 25 anni. Inizio a lavorare nell’Esercito e cambio gommone. Mi compro un Marshall da 5,5 metri con 40-60 Yamaha. Ormeggiato sempre a Bosa, in mare, al porto. Il gommone è affidabile e mi permette di allungare il raggio d’azione a nord, e a sud verso Tresnuraghes.

Quali nuovi spot hai frequentato? Tra i tanti, la secca della Pagliosa, oltre capo Marrargiu, distante solo 300 metri dall’omonimo isolotto, distante anche lui solo 300 metri dalla costa. La secca ha il cappello a 12 metri, e i versanti cadono fino a 30. La roccia è bianca, simile alla secca di Capo Marrargiu. La prima volta che l’ho battuta ho trovato i delfini che sono riuscito a filmare, prima dal gommone e poi sotto l’acqua. Verso sud, invece, la secca di Corona Niedda, a circa 5 miglia dal porto, dove ho iniziato a prendere le prime cernie grosse e lecce. Il cappello è a 15 metri e va giù fino a 29 metri, su sabbia. Praticamente un panettone ricoperto da posidonia con saraghi, gronghi e murene. È qui che sono cresciuto tecnicamente, “specializzandomi” nella tecnica dell’aspetto, per dentici, orate e pesci di branco, tuttora la mia preferita.

Il tuo impegno in rete? Da qualche tempo collaboro con diverse aziende del settore e per conseguenza ho aperto una pagina internet per appassionati in apnea ai quali propongo le mie esperienze e test sui prodotti del mercato. Cosa ne pensi dell’ago-nismo? Non è il mio mondo, c’ho provato ma non fa per me. Però, lo scorso anno, ho frequentato il corso per istruttori di pesca in apnea Fipsas a Sassari tenuto da Pietro Sorvino di Napoli e Maurizio Santero di Asti. Una settimana di teoria e due giorni di mare, a Stintino, nel mare di fuori. 8 corsisti in tutto, stipati nel negozio di Tino Carta, un grande della subacquea sarda. Una volta titolato ho fatto due corsi a Macomer con Tino e Alberto Porcu, per i giovani locali, una ventina di persone, dai 15 fino ai 50 anni. Il prossimo sarà a ottobre, sempre a Macomer, nella piscina comunale.

Hai mai avuto un idolo? Certo, due: Umberto Pelizzari e Cico Natale.

Un episodio da raccontare? Mi è capitato tra i tanti, un paio di anni fa, mentre pescavo in tana con un fucile corto e torcia in un fondale di grotto sui 20 metri, a Corona Niedda. Mi sentivo osservato e sopra di me a meno di 10 metri, in alto, c’era un tonno di 100 chili che mi guardava immobile, perfettamente orizzontale. Mi ha spezzato il fiato per lo spavento e sono risalito. Naturalmente, lui, velocemente mi ha lasciato strada.

Una leccia della secca di Corona Niedda.

A proposito di ambiente...? Le aree marine protette sono una giusta realtà che andrebbe monitorata con controlli più stretti e sanzioni più severe. Purtroppo a parte queste oasi, i pesci sono diminuiti per via della pesca industriale quasi senza controllo. Anche l’inquinamento ha un peso importante. Sott’acqua la plastica e i rifiuti si notano molto di più perché si depositano sul fondo. Spesso recupero rifiuti anche voluminosi: biciclette, pneumatici, ecc..

Quest’anno sono morti diversi pescatori esperti, cosa ne pensi? Quando hai un fucile in mano sei stimolato dal diavolo, che sia dentice o cernia. Probabilmente la troppa sicurezza, la stanchezza, e comunque qualche dimen- ticanza, anche minima, purtroppo, è sempre possibile.