A Caccia di Mostri

L'estate, si sa, è il momento dell’anno in cui vi sono maggiori probabilità di incontrare belle prede, vuoi per l’alta temperatura dell’acqua cui corrisponde un aumento del metabolismo dei pesci, vuoi anche per le condizioni favorevoli di mare più o meno limpido e calmo. Queste ultime infatti permettono di impegnarsi in qualche tuffo più fondo alla ricerca dei predoni che sino al tardo autunno si aggireranno in cerca di cibo lungo le batimetriche ancora accessibili al pescasub, prima di immergersi definitivamente negli abissi dove le condizioni climatiche sono più costanti. Ancora adesso però, e certamente per tutto il mese di novembre viste le condizioni meteo piuttosto stabili di quest’anno, sussistono quelle variabili ideali di clima e temperatura dell’acqua, ottimali per la caccia dei grandi predatori che potremo incontrare frequentemente anche a quote facilmente praticabili dai più. Potremmo dunque, in questo senso, provare a suggerire due approcci entrambi efficaci, il primo dei quali ideale per chi, come me, preferisce pescare all’agguato e all’aspetto nel medio fondo (molto raramente si superano i meno venti). Il secondo più adatto per chi ama la profondità e si spinge a quote molto impegnative preferibilmente lungo le secche, in punti molto lontani dalla costa e con l’ausilio del mezzo nautico. Relativamente alle prede ricercate, sicuramente i primi tre posti spettano alle cernie, ai grandi pelagici, ricciole in primis, ed al re indiscusso della pesca all’aspetto, il dentice. Sicuramente sono pesci decisamente difficili, in certi casi per quanto riguarda il loro avvicinamento, come nel caso del dentice, in altri piuttosto per il loro incontro. Le belle cernie, almeno nel basso e medio fondo, effettivamente sono ormai piuttosto rare, con esemplari che difficilmente superano i 7-8 chili, e possono essere scovate solo dai più esperti che conoscono bene le zone e riescono a leggere anche quegli impercettibili segnali che ne rivelano la presenza, come branchetti di pesciolini all’imboccatura di una tana, o la stessa conformazione della roccia nella cui ombra si cela la nostra preda. Non sono un grande cacciatore di cernie e raramente ne ho visto grosse. Posso dire che la zona spesso è determinante per il suo incontro: è frequente tanto nelle franate granitiche di molte coste della costa orientale quanto nelle lastre di grotto tipiche del versante opposto, sempre comunque nei pressi di ripari che le permettano una rapida fuga sul fondo. Secondo me le franate (specie nei bassi-medi fondali) sono zone che la cernia frequenta, più che altro, durante il periodo della riproduzione per rifugiarsi nelle tane di passaggio, magari per riposarsi dopo un pasto o per nascondersi durante i suoi agguati. Al contrario, le loro tane stabili immagino si trovino più in profondità, dove le caratteristiche del fondo stesso diventano più regolari, con pianori a sassi o lastre più isolate.
Continua a leggare sulla rivista.