Simone Cappelletti

Simone con una bellissima coppiola di cernie, dorata e bruna.

Sott'acqua a tutto tondo. Così è l'esperienza di Simone Cappelletti, dal lago al mare, per diletto e per sport. E nuovamente in mare, ha raggiunto la prima categoria, il massimo livello agonistico in Italia.

Oggi, superata la cinquantina, Simone Cappelletti si prepara per il Campionato italiano assoluto di pesca in apnea che si svolgerà a giorni a Gallipoli. Nato a Rho, in Lombardia, tra Milano e i Laghi, ricorda perfettamente, anche se non contava più di tre anni, una gita al mare con la famiglia a Moneglia, in Liguria, e quelle immagini subacquee con le donzelle, le castagnole e i ricci, catturate col babbo attraverso un vecchio batiscopio. Un mondo sconosciuto, colorato, vitale, destinato a segnare la sua vita. Fisicamente ben dotato e atleticamente allenato, cresce e si forma al di là del Po. Si trasferisce a Reggio Emilia e si iscrive al Sesto Continente, con i quali istruttori, a 14 anni, supera il primo corso di apnea. Quindi s’immerge con frequenza ma solo d’estate, in lago e in mare.

La prima volta a pesca? La prima volta “ufficiale”, avevo ancora 16 anni. Un signore a una riunione del club si offre per portare noi ragazzi a pesca di lucci nel lago di Garda. Non ero pronto e disponevo solo di una muta leggera, lisa e bucata. Dopo mezz’ora ho dovuto abbandonare per il freddo, ma senza rimpianti, riuscii infatti ad apprezzare l’aspetto positivo dell’escursione, tanto che continuai a frequentare il lago, soprattutto per fare il barcaiolo a quel signore. Contemporaneamente praticavo l’agonismo anche in mare dove credevo che sarebbe stato più facile emergere. Purtroppo, sbagliando, adottavo le stesse tecniche anche in lago e alla fine ho pagato le conseguenze. Poi abbandonai l’agonismo per riprenderlo nel 2009. 

Simone con una delle sue prede preferite: la cernia.

Quanto sei maturato? Il club era molto attivo e organizzava zingarate in giro per l’Italia. Io però crescevo con le cassette di Giorgio Dapiran, Silvio Ferruzzi e Gianfranco Donati. A un certo punto, da adulto, superati di gran lunga i vent’anni e smessi i panni dell’allievo, mi confrontavo con gli “anziani” del club da pari a pari. Del resto sono sempre stato talentuoso nello sport. In piscina facevo agevolmente i 75 metri in dinamica e i 4 minuti in statica, inoltre sono un hand free, anche se inizialmente inconsapevole. Poi, nel 1997, a Reggio acquisisco il brevetto Fipsas di pescatore sub in apnea. Ma la vera svolta, soprattutto agonistica, avviene più tardi, quando a ventinove anni, incontro Franco Villani. Io scendevo a 50 metri e pescavo sui 35 in assetto costante. Ero già un esperto della pesca all’agguato e all’aspetto, ma feci ancora tanta esperienza come suo secondo. Le gare erano un mondo molto interessante e mi piaceva viverlo appieno, ma in leggerezza, senza l’estrema rigidità e concentrazione che purtroppo è necessaria per primeggiare. Franco invece era un’entusiasta ma anche un agonista convinto che s’impegnava per vincere, un esempio che ho seguito per un decennio e che mi ha spinto a un importante cambio di mentalità.

La grossa ricciola di 3 chili pescata a Porto Venere.

La tua cattura più grossa? 10 anni fa, era settembre, a Porto Venere, sulla riviera ligure di levante, una bellissima giornata con mare calmo e ottima visibilità. Planavo su un relitto a circa 40 metri di profondità e mi vennero incontro due pesci a mezz’acqua, due grosse ricciole. Una virò a dx e una a sn. Avevo un fucile inadeguato e quindi sparai in pancia a quella che mi passò a sinistra, con la speranza di trapassarla. Dopo 15 minuti la portai in superficie per finirla con un secondo colpo: 38 chili.

Quello che ti ha soddisfatto di più? Un dotto di 6,5 chili in Sicilia, al Biscione, a sud di Trapani. La giornata stava per finire e c’era una corrente che sembrava un torrente in piena. A circa 30 metri scorsi una nuvola di pesci, magnifici. Un banchetto di dotti con saraghi faraone e ricciole. Sbagliai il tuffo ben due volte per la forte corrente che mi portava a valle del punto senza possibilità di rimontarla.  Quindi per il terzo tuffo mi spostai molto più a monte e caddi nel posto giusto. Un dotto mi venne incontro e con un tiro al limite della portata del fucile lo catturai.

Simone solleva un grosso alletterato, un pesce abbastanza difficile e insolito.

Un incontro insolito? Nel 2023, in gara. In Puglia, a Torre San Giovanni. Agguatavo a 20 m e gironzolando intorno a una roccia mi trovai davanti una tartaruga di un quintale che si spaventò almeno quanto me. Scappò e quasi ci demmo una capocciata. Un altro? In Sardegna a Carloforte, sotto Capo Sandalo. L’equipaggio di un peschereccio si sbracciava per attirare l’attenzione. Naturalmente mi avvicinai, anche perché erano alla deriva, diretti in Tunisia, grazie a un bel maestrale. Una cima si era annodata nell’elica. L’ho liberata e ripresero la navigazione.

Il vero agonismo? Nel 2009, all’età di 36 anni, ripresi a fare le selettive. L’anno successivo esordì nel campionato italiano di seconda a Civitavecchia. Purtroppo andò male, oltre metà classifica. Quella sconfitta però mi motivò, fu la giusta spinta per andare avanti. L’anno buono fu il 2013. Il campionato, sempre di seconda si svolse a San Foca di Melendugno, in Puglia. Sul podio Roberto Praiola, Enrico Volpicelli e Giacomo Brunettini. Io agguantai il nono posto. Un risultato ottenuto in un campo gara a me congeniale, costruito con una preparazione a dir poco brillante. E per la prima volta guadagnai l’accesso in prima categoria. L’anno successivo, era il 2014, a Porto Corallo, disputai il mio primo campionato assoluto. C’erano tutti i grandi e vinse Bruno De Silvestri, il più grande.

Io, reduce dal viaggio di nozze, non ero certo in piena forma e conclusi il confronto ancora una volta oltre la metà della classifica. Nel 2015, neo papà e carico di responsabilità, non riuscii a concentrarmi. Fu un disastro che mi fece scivolare nuovamente nel girone delle selettive. Intanto, nel 2016 a Ischia presi il brevetto di Istruttore di pesca. Agonisticamente mi riaffacciai nel 2018 a 45 anni. Fui bronzo agli italiani assoluti in acque interne a Sirmione, vinse Franco Villani. Nel 2019 a Casalabate, ero nuovamente titolare al campionato di seconda. Arrivai diciassettesimo. Passata la pandemia ci ritrovammo nel ’22, ancora in seconda, a Mola di Bari, con un tempaccio che costrinse gli organizzatori a annullare la prima prova. Fu la gara più dura mai disputata. La manche annullata si sarebbe svolta in un campo di gara per me ben preparato con tanti segnali che mi avrebbero favorito. Quindi, la seconda giornata si apriva con meno possibilità, anche perché non stavo molto bene. Per questo, ai già limitati punti gps, ho dovuto sottrarre i più profondi e reinventarmi una strategia che mi ha portato in acqua bassa a pescare in tana, esattamente quello che preferisco meno. Mi classificai undicesimo agganciando il treno per l’assoluto.

Nel 2023 a Santa Maria di Leuca mi presentai in perfetta forma, assistito da un preparatore atletico e con un’alimentazione controllata. Purtroppo, nonostante l’impegno persi una posizione, arrivai sedicesimo e tornai per l’ennesima volta in seconda. Finché… finché lo scorso anno a Bonagia, in Sicilia, in provincia di Trapani, preparai la mia rivincita. Mi uniformai ai colleghi che usavano il piombo mobile e mi affidai a Igor Bisulli, un esperto locale, insuperabile barcaiolo. Il campo gara era molto vario, più o meno profondo, con molta roccia, cadute e risalite e grotto sparso. Decisi di tuffarmi in profondità, sul filo dei 40 m, anche perché il meteo poteva disturbare la pesca in acqua bassa. 5 corvine un sarago e due tordi fu il bottino della prima giornata e conclusi con 3 corvine un sarago e un tordo nella seconda manche. Eravamo una coppia vincente e vincemmo. Il prossimo appuntamento è in prima… squadra che vince non si cambia.