La pesca è soprattutto fantasia e spirito d’iniziativa. Una tecnica non rimane la stessa per troppo tempo. E così, anche nella pesca dei serra ci si adatta alle nuove circostanze. Sembrerebbe infatti che ormai i bluefish siano di bocca buona.
Pomatomus saltatrix, questo il nome del serra nella classificazione di Linneo. Il nome latino evidenzia due caratteristiche salienti di questo pesce: la sua proverbiale voracità (il termine latino pomatomus indica la possenza della dentatura, costituita da denti triangolari molto affilati) e l’attitudine a esibirsi in salti spettacolari (saltatrix) che, nel caso della pesca, esegue soprattutto durante il recupero, nel tentativo di liberarsi dall’amo. È un pesce pelagico, presente in tutti gli oceani e anche nel nostro mare Mediterraneo. In estate accosta per la riproduzione, mentre nei mesi freddi si sposta in profondità alla ricerca di acque più calde. Il serra è gregario, nuota sempre in branco e gli esemplari del gruppo hanno tutti circa la stessa taglia; i più giovani e piccoli nuotano in branchi numerosissimi; gli esemplari più adulti costituiscono dei “stormi” di poche unità. È l’unico componente della famiglia dei Pomatomidae e questo forse perché si tratta di un pesce irascibile, antipatico (spiegazione non scientifica e poco credibile…). Di fatto non si è costruito una buona fama sia sotto che sopra la superficie del mare. Tutti i pesci costieri lo temono perché la sua dieta non è selettiva anche se va matto per i muggini che insegue anche ben all’interno delle foci salmastre. E poi, noi pescatori non abbiamo mai mostrato una grande empatia nei suoi confronti. Quando, ormai più di 20 anni fa, il serra “invase” le nostre coste, in molti temevano che in poco tempo avrebbe sterminato tutte le specie ittiche. Così, evidentemente, non è stato, anche perché, come abbiamo già accennato, la sua presenza è massiccia solo in estate inoltrata e a inizio autunno, quando le acque basse sono ancora calde. Solo ora finalmente si inizia a intuire che per la pesca ricreativa, il serra può costituisce una vera opportunità. Nei mesi caldi normalmente il clima è stabile. Questo determina condizioni poco propizie per il surfcasting. La mancanza di mareggiate che “muovano” la sabbia vicino a riva rende sterili le nostre coste. Ma queste condizioni sono proprio le migliori per cercare di pescare qualche predatore salterino. Negli anni è diminuita la taglia media dei serra catturati e non basta il classico “trancio e via…”.
Tecnica gourmet - Abbiamo detto che il bluefish (così è chiamato in tutto il mondo anglosassone, dalle coste inglesi a quelle statunitensi, fino alla Nuova Zelanda e Australia) si ciba volentieri dei muggini che caccia a pochi metri dalla riva delle spiagge sabbiose. Questo ci suggerisce l’esca da usare: il trancio di muggine. Ma pur rimanendo inalterata la materia prima, il muggine appunto, è molto cambiata la preparazione dell’inganno. Sembra quasi di assistere all’evoluzione che ha subito la cucina mondiale, dove si è passati dalla semplice carbonara, agli spaghetti risottati con uovo e guanciale, o il tiramisù che ormai è servito solo destrutturato… Negli anni anche il trancio di muggine ha subito un costante restyling. I modelli vintage erano di dimensioni esagerate (anche più di 20 centimetri di lunghezza) e ospitavano 3 ami del 5/0. Non era necessario, infatti, lanciare lontano per avere degli strike e la taglia delle prede suggeriva di preparare bocconi sostanziosi.
La tecnica è cambiata, adattandosi alle nuove situazioni. In particolare, ormai bisogna cercare i serra distanti da riva. Tutto deve quindi contribuire ad arrivare lontano. L’esca adesso è gourmet, piccola (non più di 10 centimetri e anche meno), “bellina” e cioè curata anche nella forma che deve essere il più possibile a goccia, aerodinamica. Ecco la ricetta. Ingredienti per… un serra: un trancio di muggine, possibilmente sfilettato sul momento; meglio se il muggine è fresco, grasso e di dimensioni medie; una piccola barretta di materiale galleggiante che non deve però essere visibile dall’esterno; un amo a gambo lungo del 1/0 o appena più piccolo, fissato a 20 centimetri di cavetto d’acciaio. Preparazione: sfilettare il muggine, avendo cura di eliminare la lisca e le pinne (i serra gradiscono la ciccia). Inserire l’amo, precedentemente fissato al cavetto d’acciaio, all’interno del trancio, facendo attenzione che sia esposta la parte interna, carnosa; la pelle con le squame all’interno. Aggiungere una barretta galleggiante. Chiudere, avvolgendo con cura il trancio attorno al galleggiante e fissare con del filo elastico q.b. Servire lontano da riva, diciamo almeno a 60 metri.
Per avere i risultati migliori è però necessario adattare anche l’attrezzatura al nuovo menù. In particolare, per aumentare la gittata del lancio si utilizzano in bobina fili davvero sottili. Una sezione dello 0,23 o anche meno è consigliabile, anche quando la fortuna ci aiuta e abbiamo il vento alle spalle. E pure la canna deve essere più “sensibile” rispetto al passato. Mi riferisco in particolare alla prontezza con la quale il cimino ci deve avvertire delle eventuali mangiate. Non sempre infatti il serra “piega la canna”, come era solito avvenire non più di 10 anni or sono. La capacità di segnalare tempestivamente il primo sussulto è indispensabile quando gli attacchi arrivano a ondate, improvvisi e fulminei su più canne. Intendiamoci, esistono ancora i serra di una volta, scanzonati, cazzoni, rozzi e prepotenti. Quelli che si, la canna la piegano eccome e poi però provate voi a portarli a riva con uno 0,20 in bobina. Che emozione!
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