Sardina e Tupei

Sardina e Tupei

La sardina (Sardina pilchardus), notissimo pesce azzurro, è una specie pelagica costiera dalla forma slanciata e snella. Si riconosce facilmente per la mascella inferiore leggermente più sporgente di quella superiore, squame abbastanza grandi e facilmente staccabili, pinna caudale appiattita con biforcazione pronunciata, sono presenti anche delle strie sugli opercoli argentati. La colorazione del dorso è azzurro-verdastra (da cui il nome “pesce azzurro”), con fascia azzurra sui lati, mentre i fianchi ed il ventre sono bianco-argentei; lungo i fianchi possono essere presenti alcune macchiette nerastre. Vi sono differenze di colore e di sapore a seconda dei mari italiani: in Adriatico le sardine hanno un colore più verdastro sul dorso, mentre quelle tirreniche sono più azzurre. La sardina è una specie che si riproduce tutto l’anno, ma l’intensità massima si verifica in inverno; ogni femmina può emettere fino a 50-80.000 uova. In altri mari, meno temperati, la posa avviene solamente nei mesi primaverili ed estivi. Il novellame viene chiamato “bianchetto”, pescato da alcune marinerie tradizionali del sud Italia (Campania, Calabria, Puglia e Sicilia). Si nutre generalmente di plancton, piccoli molluschi e uova di altri pesci. Le sardina è un pesce azzurro abbondante lungo le nostre coste ed è un piccolo migratore: nel periodo della riproduzione si riunisce in banchi che si avvicinano alla costa e restano in prossimità della superficie; nei mesi invernali si allontana e si rifugia in acque profonde e più al largo. Si trova fino a 180 metri di profondità, ma vive generalmente tra i 25 e i 35 metri di di giorno, mentre di notte si spinge fino a pochi decimetri dalla superficie. È comunissima in tutto il Mediterraneo; la pesca avviene anche in Atlantico, dal sud delle isole Canarie fino alla Norvegia, così come lungo la coste occidentali dell’Inghilterra. In Sardegna la principale flotta per la pesca alle sardine (tramite cianciolo) si trova presso Porto Torres.

Sardine Marinate
Ingredienti: 600 grammi di sardine, uno spicchio d’aglio, un mazzetto di prezzemolo, due foglie di alloro, una cipolla, alcuni grani di pepe, farina e semola quanto basta, due bicchieri di aceto bianco, olio d’oliva extravergine, sale.
Preparazione: è un piatto tipico delle marinerie alle prese con la cambusa priva di frigoriferi. Questa pietanza infatti dura a lungo, grazie alla marinata, che sposa l'umile regina degli orti, la cipolla bianca, con il modesto ma altrettanto saporoso pesce azzurro, le sarde. Questo saporitissimo pesce deve essere decapitato e privato delle interiora e lavato. Lasciatele asciugare, infarinate (meglio un mix di semola e farina), friggete e fate asciugare l'olio sulla cartapaglia. In altra teglia, imbiondire lentamente la cipolla tagliata ad anelli non troppo sottili (tanto peso in sarde quanto in cipolle), poi versate l'aceto bianco, e portate a bollore, subito spegnendo. In una terrina di terracotta disponete a strati le sarde fritte e la marinata di aceto e cipolle, salando e aggiungendo qualche chiodo di garofano se volete o pepe. Coprire il contenitore, e a cominciare dal giorno dopo si mangiano le sardelle. È una portata da pasto e da antipasto che può essere anche profumata con foglie di alloro.

Il piatto proposto questo mese ci ricorda alcune preparazioni fatte apposta per durare nel tempo senza il frigorifero. Pensiamo per esempio al garum, una sorta di pasta d’acciughe che gli antichi romani mettevano dappertutto. Ho fatto spesso notare, in questa rubrica, quanto sia difficile l’accostamento ad un vino di un cibo che abbia quantità elevate di sale, spezie o ingredienti molto acidi come in questo caso l’aceto. D’altra parte i nostri avi non andavano tanto per il sottile quando mangiavano un piatto come queste sardine marinate e sicuramente lo accompagnavano con un rude vino rosso carico d’alcool e di tannini. La preparazione si presenta speziata, sapida e decisamente aromatica vista la presenza dell’aceto e dei vari profumi dati dall’aglio e prezzemolo e dall’eventuale alloro. La presenza d’olio sia nella marinatura che come residuo della frittura apporta una certa untuosità. La grassezza delle carni e la tendenza acida dell’insieme unite alla persistenza gusto-olfattiva, richiedono un vino sapido, mediamente caldo d’alcool, morbido e abbastanza tannico, che non si faccia dimenticare subito in bocca. La proposta di questo mese cade su un vino delle cantine di Calasetta, il Tupei doc Carignano del Sulcis. Ottenuto da uve Carignano vinificate in purezza che garantiscono tannini poco aggressivi, buona struttura e soprattutto un’ottima permanenza in bocca grazie anche ai  profumi che sanno mantenere in bottiglia.
Franco Oghittu - Ristorante La Barrique - Cagliari