Rosso: a fondo e Cab

Rosso: a fondo e Cab

E' vero, nella generalità dei casi lo scorfano risulta una preda occasionale, unica, per lo più, in una sessione di pesca. Ed è questa la ragione per cui non è mai nata una tecnica specifica e spesso, molto spesso, risulta una cattura benvenuta sì, ma non attesa. Però abbiamo detto “gene-ralità dei casi”. Certe situazioni, infatti, legate fondamentalmente allo spot, smentiscono quanto affermato finora, e lasciano spazio a catture ripetute. Evidentemente ci sono delle condizioni, soprattutto d’estate, nel periodo riproduttivo, dove lo scorfano ritrova il suo habitat più “confortevole”, formando colonie numerose, finché il fondale, roccioso in prevalenza, è omogeneo. Quindi ammesso di conoscere il punto giusto o l’areale idoneo, diciamo tra i 30 e 100 metri di profondità, o se abbiamo la fortuna di capitarci sopra per caso o su indicazione dell’ecoscandaglio, vediamo di mettere insieme gli accorgimenti che hanno finora trovato riscontro nella pesca generica di questo animale. Iniziamo con le esche. Sono tre le proposte vincenti: sardina, gambero e calamaro. La paratura non differisce dal classico pater noster con piombo finale, quindi due braccioli, tre se c’è possibilità di prendere anche altri pesci, lunghi dai 25 ai 35 centimetri a seconda della profondità, con diametro variabile dallo 0,28 allo 0,35 Più si va giù e più si accorciano i braccioli per evitare gli avvitamenti dell’esca e la probabile e conseguente, torsione dei braccioli, dovuta a recuperi o calate troppo veloci. L’amo più indicato è storto, curvo o a gambo dritto (in favore dell’innesco), numero 2-1/0. L’esca è sempre morbida, nel senso che per la sardina non è necessario il filo elastico e per il gambero (coda) si scarta l’esoscheletro. E morbido deve essere anche l’innesco del calamaro, solitamente una strisciolina, come quella che si usa nell’inchiku, libera di fluttuare in corrente.

Cab
Esiste ancora un’esca, irresistibile per il cappone: il pol-po. E siccome noi siamo per l’equazione: esca grossa pesce grosso... Allora, sempre per stare sul fondo e presentare il polpo in maniera credibile, al posto della paratura testè consigliata, usiamo il cab. Si tratta di un appa- recchio zavorrato, costituito da un piombo sferico o ob-lungo, e due assist con amo, il quale, nascosto nella testa e nei tentacoli del cefalopode, ridà forma e “vitalità” a un’esca chiaramente defunta. L’apparecchio viene calato singolarmente, senza zavorre aggiuntive nella migliore delle situazioni. Così il polpo dovrebbe essere animato da un’eventuale corrente sul fondo o da micro ma anche sensibili sollecitazioni del pescatore. In caso di corrente elevata, è possibile che i 200 grammi celati nel mantello non siano sufficienti. Pertanto occorre integrare la zavor-ra con un piombo aggiuntivo e una montatura tipo “long arm”. Organizzati in questo modo, abbiamo la possibilità di affondare il polpo per il peso della zavorra aggiuntiva, lasciando l’innesco “libero, o quasi, di muoversi, per quanto gli è consentito dai 200 grammi iniziali e il metro-metro e mezzo di nylon che lo lega allo shock leader. Più fine e impegnativa è la tecnica sospesa. Si tratta, a parità di montatura, di calare il polpo finché tutto l’impianto tocca il fondo, per poi recuperare il tanto necessario per sollevare la zavorra aggiuntiva e lasciare il polpo, quindi i 200 grammi del mantello, liberi di accarezzare il fondo e suscitare l’attacco dello scorfano.