Ricciole dalla spiaggia

Ricciole dalla spiaggia

La cattura di una ricciola (Seriola dumerili) è considerata nello spinning un evento poco comune, sempre degno di nota. Lo è ancor di più se la cattura avviene dalla spiaggia. Infatti le probabilità maggiori per sperare di “incocciare” una ricciola si hanno in due scenari ben definiti: le aree portuali e le scogliere che si affacciano su mare aperto. Nelle aree portuali le ricciole sfruttano l’abbondanza di cibo confinato in uno spazio molto contenuto e si esibiscono in attacchi spettacolari, con spruzzi, enormi spostamenti d’acqua e pesciolini che fuggono impazziti. Una volta “in canna” il pericolo è che la preda, nelle sue furibonde e lunghe ripartenze, incontri qualche ostacolo sommerso dove la lenza si possa impigliare e rompere. Altrimenti, con molta calma, si riescono a portare a termine catture davvero imponenti. Più saltuari, ma sempre abbastanza probabili, sono gli attacchi che si possono osservare dalla scogliera. In questi spot la ricciola compare d’improvviso e se siamo fortunati nello strike, dobbiamo stare molto attenti che la preda non raggiunga il fondo roccioso dove, con ogni probabilità, riuscirà a tagliare la lenza e liberarsi. Il recupero in scogliera è molto laborioso, richiede maestria e pianificazione. Questo secondo aspetto, a volte poco considerato, ci aiuta a prevedere come si svolgerà l’eventuale recupero, scegliendo il punto migliore per lo sperato atterraggio. Ma poi ci sono serate, situazioni, occasioni, che esulano da qualunque scenario probabile. Colpi di fortuna, certo, ma aiutati dalla prontezza e dalla tecnica. Mi spiego meglio. Grossi e piccoli predatori non di rado condividono lo stesso terreno di caccia e, a volte, le specie pelagiche accostano fin quasi ad arrivare a riva, nell’acqua bassa, pur di conquistare un pasto. Se la nostra configurazione è troppo light avremo maggiori possibilità con i pic- coli predatori, ma sarà impossibile avere la meglio su una leccia o una ricciola. Di contro, con filo troppo spesso e artificiali XL avremo qualche speranza con prede di taglia ma alimenteremo la ritrosia delle sospettose spigole. E poi c’è quell’occasione che si presenta una volta, una sola volta nella vita. Se si è pronti, saliremo sul treno delle emozioni massime, un treno che si ferma una sola volta alla nostra stazione.

Dalla spigola alla ricciola
Metà dicembre, la pioggia ci dà una tregua e per un giorno si affaccia il sole. Decido di sfruttare le ore a cavallo del mezzo giorno per tentare qualche lancio. Scelgo come spot una lunga spiaggia bassa con vicino una foce. È uno spot ricco di spigole; ne ho già fat-te e spero di riuscire a sentire qualche attacco. Con me, l’insostituibile Triforce Daiwa, una canna 2 pezzi, lunga 240 centimetri e con un casting dichiarato da 15 a 50 grammi. Insomma, è un attrezzo poliedrico, con un’azione non troppo esasperata di punta; una canna che permette di usare un ventaglio di artificiali molto ampio. Certo, gli specialisti della spigola la potranno trovare un po’ troppo lunga e “pesante”, ma con una sola canna riesco a utilizzare jerk, minnow dai 9 centimetri in su, gomme di taglia e tantissimi artificiali di superficie. Alla canna ho fissato un mulinello Daiwa Revros LT 4000 CXH. Trecciato in bobina e finale in fluorocarbon dello 0,30, lungo alcuni metri. In spiaggia ci sono soltanto io, non c’è vento e il mare è piatto. Non mi sembrano le condizioni ideali ma tento di sfruttare il poco tempo libero a disposizione. Effettuo qualche lancio e se non mi accorgo di nulla mi sposto di qualche decina di metri; in questo modo tento di sondare tutti i punti migliori della spiaggia. Dopo qualche tentativo infruttuoso con un walking the dog decido di fissare al moschettone un artificiale cui sono molto legato, l’Evolures Zargana 150 F. Si tratta di un artificiale con una forma particolarissima. Il muso assomiglia alla campana di una tromba, il corpo sottile e allungato imita quello di un’aguglia. Non un semplice popper, ma uno shallow runner e cioè un hard bait fatto per correre in superficie, con scodate improvvise e molto evidenti. È un artificiale lungo 15 centimetri, con peso di ben 21 grammi, quindi al limite massimo come dimensioni se il nostro target sono le spigole. A convincermi dell’utilizzo sono però due fattori: il sistema di rattling, le piccole sfere metalliche al suo interno che producono vibrazioni e suoni, molto indicati in condizioni di calma piatta; la colorazione Sardine, brillante e sgargiante. Si sa, nello spinning l’artificiale prima ancora di attrarre un pesce deve conquistare il pe- scatore e questo Zargana mi ha proprio catturato.

“Qualcosa di grosso si avvicina all’artificiale dal fianco, lo punta, attacca spostando un’enorme massa d’acqua, quasi fosse uno tsunami”.

Sfrutto il primo lancio per studiarne il comportamento in acqua. Fa molti spruzzi e lascia dietro di se una lunga scia di schiuma. Recuperando a canna bassa il muso sparisce sotto il pelo dell’acqua e lo sento che vibra frenetico. Bene, mi piace come nuota, lo lancio di nuovo. L’artificiale tocca l’acqua, faccio un giro di mulinello per mettere il filo in tiro e, con la coda dell’occhio, vedo uno… tsunami! A poco più di dieci metri da riva qualcosa di molto grosso si muove, parallelo alla spiaggia e punta veloce verso la mia esca. Realizzo che sta per succedere qualcosa di grande e mi preparo, stringo il manico ben saldo, giusto in tempo per sentire la botta.

La preda, con un affondo straordinario, attacca lo Zargana e lo trascina verso il largo. Io apro appena la frizione e aspetto che la prima, lunga fuga, abbia termine. Inizio a recuperare, per un po’ sembra semplice. Poi il pesce riparte, nuovamente verso il largo. Io aspetto e inizio nuovamente il recupero. Il tira e molla si protrae non so per quanto tempo. Finalmente mi sembra che il pesce si sia fiaccato, riesco ad avvicinarlo a riva ma riparte. In quel momento so già che non si tratta di una spigola. Forse un serra davvero grosso o una leccia. Mai avrei pensato a una ricciola. Adesso le fughe avvengono parallele a riva e mi ritrovo a passeggiare sul bagnasciuga per decine, centinaia di metri. Tocco la bobina, è calda. La frizione chiusa non basta più. Il pesce ha una forza che non ho mai visto. Più passa il tempo più mi tranquillizzo. In questa ampia spiaggia con fondale sabbioso a perdita d’occhio il pesce non può trovare un appiglio in grado di liberarlo. È solo questione di tempo, devo avere pazienza. E questa è ben ripagata. Quando finalmente riesco a portare la preda ai miei piedi, all’asciutto, realizzo l’unicità della cattura: una ricciola! Chiamo gli amici, increduli quanto me. Mi ci vorranno giorni per realizzare l’importanza di questa cattura. Quasi unica, speriamo non irripetibile.