Parature & Terminali

Parature & Terminali

Nonostante la specializzazione che in alcuni casi definirei esasperata, tutto ciò che riguarda le tecniche di pesca è sempre frutto di esperienze personali, di mediazione. Ogni aspetto non può essere considerato di valenza generale e ancor meno assoluta. Sarebbe opportuno, quindi, esordire in ogni discussione con un bel… secondo me. Così, anche in termini di finali, parature e calamenti, le misure non devono intendersi come unica possibilità, semplicemente come risultato efficace di molteplici sperimentazioni. Mi è successo qualche hanno fa di suggerire ad un compagno di pesca, di cercare i merluzzi più vicino, sotto sotto. Eravamo in una spiaggia, forse in Inghilterra. Certo che ci fossimo capiti sono tornato alle mie faccende. Invece, ‘sto gran campione, ha accorciato la gittata da 100 a 50 metri. Ma io intendevo sotto sotto, a 10 metri. In virtù di questa esperienza, mi sento di dover chiarire, almeno tra di noi e senza la pretesa di infondere scienza garantita, la definizione dei singoli componenti (quelli più controversi) di quello che in hi-fi potrebbero essere la casse acustiche, in automobilismo gli pneumatici, in fotografia gli obiettivi: la paratura.

 


Paratura
Con questo termine si intende il complesso di ami, snodi, girelle, lenze e zavorra, che hanno origine dall’estremità libera dello shock leader e che di fatto entrano in contatto con i pesci. Va da sé che il ruolo di questa componente è fondamentale ai fini della cattura. Calamento invece, è un sinonimo di paratura per alcuni, mentre per altri sta ad indicare il singolo bracciolo, cioè lo spezzone di nylon che sostiene l’amo. Il vocabolario non riporta questo termine, ma è certo che nella pesca, alcune parature siano monoamo, quindi fatte con un solo bracciolo. Ciò, per il sottoscritto può aver causato quel po’ di confusione che oggi ci impedisce di far maggior chiarezza e soprattutto ridare con certezza condivisa e il significato di paratura che i miei ricordi suggerirebbero.

Trave
Il trave o la trave (neanche internet lo sa! … il genere) è il supporto dal quale si dipartono i fili di nylon che sull’estremità distale accolgono l’amo. Normalmente, nella pesca a bolentino, corrisponde alla congiunzione tra shock leader e piombo. Si tratta in genere di uno spezzone di nylon lungo da uno a due metri circa (a seconda del numero e della lunghezza dei fili di cui sopra, sostenitori degli ami), del diametro compreso tra mm 0,30 e lo 0,40 e realizzato rigorosamente in fluorocarbon. Il collegamento con lo shock leader avviene tramite una girella, piccola, meglio senza moschettone e posta a una distanza tale per cui non sia raggiungibile dalla proiezione verso l’alto del primo bracciolo. Sull’altra estremità del trave, sempre a protezione degli agganci, questa volta con l’ultimo amo, è meglio rinunciare al classico moschettone con girella e preferire invece un attacco diretto del filo, annodando il trave direttamente nell’occhiello del piombo.

Snodo
Fino a non troppo tempo fa, ma sono ancora molti i nostalgici, l’amo veniva collegato al trave direttamente, con un semplice pezzo di nylon. Il nodo conseguente, oltre a soffrire i problemi di trazione, non consentiva e tuttora non consente, alcuna rotazione, in nessun senso, a meno di significative torsioni del filo. Ciò, è evidente deteriora le caratteristiche del nylon fino a compromettere l’eventuale cattura. Oggi invece, tutte le case costruttrici, propongono dei piccoli aggeggi che facendo da tramite tra trave e filo, hanno il compito di scaricare tutte le torsioni che originano dall’attrito generato dall’esca. Alcuni, forse i più gettonati sono le tecnosfere, ossia dei corpuscoli sferici o ovoidali del “diametro” di pochi millimetri, forati su piani e assi diversi, per essere ospitati sul trave e ospitare il nylon con l’amo. Stessa funzione hanno i vari tipi di join. Questi si sviluppano su un tubicino di metallo, appositamente cavo per infilarsi sul trave e una girella ancorata perpendicolarmente al tubicino, capaci di scaricare completamente le torsioni assiali.

A sinistra Raimondo Cambarau:
nelle sue secche del Golfo non ha rivali.
Il sarago pizzuto non è una preda
che si pesca tutti i giorni,
eccezion fatta per alcuni
sempre in cerca di pantaloni più larghi.
A destra Alberto Belfiori
con una divertente tanuta ex 50 metri.




Bracciolo
Il bracciolo, altrimenti definito terminale o finale, è la parte più delicata e sensibile della paratura. Si tratta di uno spezzone di fluorocarbon di lunghezza proporzionata allo spessore. In genere più e lungo più è robusto. I valori giocano tra i cm 20 e 50, mentre il diametro varia dai mm 0,20 allo 0,35. Il monofilo è trasparente, ma rigido abbastanza da sopportare, pur in diametri così ridotti e grazie anche agli snodi, le torsioni a cui è sottoposto il bracciolo nelle veloci discese e risalite con l’esca sull’amo. Pescando intorno ai 40 metri, profondità abbastanza comune per il bolentino classico, spesso ci si trova in mezzo a correnti anche intense. Queste, nonostante l’uso di una zavorra pesante, durante la discesa delle esche, portano paratura e piombo, ben lontano da quella verticale che con tanta pazienza e perizia abbiamo cercato con un minuzioso ancoraggio. Per limitare questa andatura obliqua verso il fondo, occorre intervenire sul dimetro del filo in bobina (si arriva anche allo 0,10 con un buon PE), ma anche sulla dimensione degli snodi, appunto la minima possibile, compatibilmente con la funzionalità, il peso e la foggia della zavorra.

Piombo
Il piombo è la zavorra, l’elemento che trascina verso il fondo la paratura. Il peso varia in relazione alla profondità ed alla corrente, in entrambi i casi in maniera direttamente proporzionale. Di norma spazia dai 50 ai 250 grammi, ma i valori più spesso utilizzati ruotano intorno agli 80-120 grammi. Di questo elemento sono importanti due aspetti. Il primo è la composizione del materiale. Oggi infatti le zavorre sono prodotte in leghe che tendono ad indurire il piombo puro a scapito però del volume, che in questo caso cresce. Sono da preferire le vecchie produzioni di cui però è difficile trovare fogge adatte. Appunto quest’ultima rappresenta il secondo aspetto. La calata, risulta infatti più o meno veloce a seconda del volume ma anche della foggia della zavorra. Le forme più idrodinamiche (goccia, fuso, proiettile, ecc.) consentono una discesa veloce e quindi riducono i tempi morti ma soprattutto cadono con maggior facilità, là dove la verticale indicherebbe la pietra o comunque il segnale dell’ecoscandaglio. Questo elemento apparentemente limitato come azione, risulta un forte richiamo per i pesci quando è colorato di chiaro. Molti modelli vengono infatti prodotti anche rivestiti di una guaina o vernice bianca, utile soprattutto in acque non troppo limpide.

Amo
L’amo è il pezzo forte della paratura. Ad esso vengono attribuiti doti particolari se in più occasioni ha funzionato. In definitiva però il compito è quello di afferrare la preda ma prima ancora di ospitare l’esca in modo da renderla stabile e credibile. Il peso è quindi fondamentale e tanto è meglio quanto questo è minore. La foggia dipende dalla probabile preda ma ancor prima dall’esca. Supponendo che si utilizzi la fantastica mazzancolla, la curva sarà piuttosto ampia, meglio con la punta storta e filo sottile (Beak). Le misurazioni variano tra il 6 e il 3. Nel caso di vermi invece sono da preferire i Cristal in misure più contenute (8-6). Posto di aver “fatto luce” sui vari componenti della paratura, rimane da ragionare sulla fattura. Come assemblare i vari componenti? In genere il bolentino si pratica sul fondo o nelle immediate vicinanze, quindi alle spese di saraghi, serrani, pagelli, tanute, principalmente. Tutte le esche, tre, devono quindi lavorare, nella colonna d’acqua, in uno spazio ridotto che in teoria potrebbe limitarsi ai 30 centimetri di un fondo considerato piatto. Spesso però, così non è. Tanto che tutte le esche potrebbero trovarsi a poggiare o sfiorare il fondo per via delle asperità o comunque irregolarità che presenta un normale strato di roccia. Distribuendo 3 braccioli di circa 25 centimetri su un trave lungo più o meno un metro si ottiene una paratura ideale per molte situazioni. Ma in casi specifici, come ad esempio la pesca al sarago, le misure possono ancora ridursi, compattando la paratura ed avvicinano tutte le esche al piombo. Viceversa se è la tanuta a fare numero, allora sarà opportuna una paratura più lunga. L’animale infatti naviga poco più in alto del fondo e aggredisce con maggior facilità le esche più visibili e fluttuanti. Arrivare a travi di 1,5 metri e braccioli di cm 50, non è cosa rara se si riesce a mantenere, a qualunque profondità, l’integrità dei terminali.