Orate

Orate

Basta entrare in un negozio di pesca, incontrare gli a-mici appassionati che co-me noi hanno vissuto l’e- state in un angolino, aspettando impazienti la “nostra” stagione... basta poco per alimentare, rinvigorire, la mostruosa voglia di mare e di pesca. In una particolare declinazione de “il cane che si morde la coda”, la voglia di pesca ci spinge in spiaggia e le u-scite trascorse alimentano la “scimmia” per quelle future che fanno au- mentare la voglia. In questo periodo di transizione, quando ancora il freddo vero e le mareggiate persistenti sono lontane ma l’anticiclone estivo mostra evidenti crepe, si fa largo una pesca stagionale, storica, immancabile: orate! Non si tratta di un’esclusiva della tecnica dalla spiaggia; settembre e ottobre sono i mesi migliori per la pesca all’orata dalle spiagge si, ma anche dalle scogliere, nelle aree portuali e in laguna. Quindi parliamo di una “tradizione” che fonda le sue radici in epo- che lontane e che si è evoluta costantemente, sfruttando le innovazioni tecniche di attrezzi e materiali. Certo, i cul- tori del “vero” surfcasting sono soliti chiamarla paf, pesca a fondo, dandole un’accezione per lo più negativa, lontana dalla filosofia “wild” rappresentativa del surfcasting. Mancano le onde e il vento, la perizia nel lancio non è poi così determinante... ma di sicuro non manca l’astuzia, la conoscenza delle spiagge e quella delle abitudini delle nostre prede. Insomma, sfruttiamo la stagione!

Paratura scorrevole
Pensiamo a una configurazione di pesca specifica per selezionare la cattura delle sole orate, in modo da minimizzare la probabilità di ferrare piccole mormore o altri pesci... di disturbo. Insomma, il nostro target sono le orate (grosse se possibile) e allora vediamo come indirizzare la pesca in questo verso. Abbiamo accennato che si tratta di una pesca col mare piatto o appena mosso. La scelta della canna non deve quindi premiare il lancio ma aiutarci a capire quando il pesce mangia. Dalla sacca estraiamo una canna con un bel cimino sensibile, una canna che allo stesso tempo ci aiuti nel recupero con terminali sottili; quindi abbastanza lun-ga in modo da “lavorare” e non stressare il carico di rottura della lenza. Un ottimo terminale per questa tecnica è quello scorrevole che lascia al pesce la libertà di assaggiare, sputare, masticare l’esca senza che senta la presenza del piombo. Il terminale, di rigore in fluorocarbon, deve avere la sezione scelta in base allo spot; se di fronte a noi abbiamo null’altro che sabbia possiamo essere abbastanza sicuri che l’orata non avrà modo di danneggiare la lenza con eventuali sfregamenti nelle rocce e il recupero dipenderà dalla nostra capacità e pazienza. In questo caso andiamo verso sezioni sottili (intorno allo 0,23). Ma se pensiamo che nel recupero potrebbe essere necessario “forzare” allora aumentiamo la sezione della lenza. Per lo stesso discorso osserviamo la riva: in presenza di un gradino di risacca pronunciato potremmo aver bisogno di spingere fuori la preda e allora è necessario disporre di lenza più grossa.

Solo granchi... ok
Il miglior modo per selezionare le prede consiste nello scegliere esche dedicate. Parlando di orate, le migliori sono di sicuro granchi, oloturia e bocconi. Una domanda molto frequente riguarda le dimensioni ideali del gran- chio come esca. Alcuni preferiscono esemplari molto grandi, scuri e resistenti perché mantengono la loro efficacia anche per più di un’ora dopo il lancio. Altri trovano micidiali quelli piccolissimi e quasi bianchi, da innescare con molta cura e delicatissimi. Un buon criterio di valutazione consiste nella “regola dell’ok”. L’esperienza di tantissimi pescatori che hanno fatto di questa tecnica un’arte, mostra che le dimensioni consigliate sono quelle racchiuse tra indice e pollice quando facciamo il gesto dell’ok. Insomma, una misura di mezzo, abbastanza resistente allo stress del lancio e non troppo grande da “intimorire” l’orata. L’innesco del granchio può essere fatto in diversi modi. Uno molto catturante e facile da preparare e quello a due ami. Si utilizzano ami (occhiello o paletta a seconda dei gusti) che si fissano sull’esca appena sopra le zampe posteriori. Gli ami devono avere una punta molto resistente e affilata. Questi sono legati sulla stessa lenza, un bracciolo di circa un metro in fluorocarbon. Il lancio deve tener conto della delicatezza dell’innesco e quindi evitiamo strappi. Una volta in pesca si apre la frizione e si mette la canna in tiro. Spesso la presenza della preda è segnalata da debolissime tocche, quasi impercettibili. Non bisogna aver fretta e lasciare che il pesce si nutra con calma. Quando siamo certi che il pesce è allamato ferriamo e lasciamo che la preda si produca nelle sue proverbiali testate, lontano da riva. Solo quando saremo sicuri di aver sfiancato l’orata iniziamo il vero ricupero verso riva, lento, inesorabile, vincente.