Orate tra Onde e Posidonia

Orate tra Onde e Posidonia

Sono passati quarantacinque minuti circa da quando sono partito da casa. Sto finalmente per arrivare. Vedo in lontananza il parcheggio: ci siamo. Spengo il motore ed esco dall'auto. Un forte e gelido vento di maestrale prende a schiaffi il mio viso e subito mi fa pensare: ma chi me l'ha fatto fare… Da lontano sento il rumore delle onde infrangersi sul bagnasciuga. Mi rincuorano e mi fanno salire l'adrenalina, quella che solo un vero amante di surfcasting può conoscere. Scarico velocemente l'attrezzatura e m’incammino verso la spiaggia. Passo dopo passo, oltre al vento, inizio a sentire il sapore della salsedine sulle mie labbra. Il rumore delle onde si fa sempre più insistente. Punto la luce verso il mare e, davanti a me, non vedo altro che onde e schiuma. Penso che il mare sia troppo alto, ma ormai sono qua e almeno un paio di lanci li devo fare. Cerco un punto per me buono, dove lanciare le esche e inizio a piantare sul bagnasciuga i picchetti. Apro la sacca e monto la prima canna. Questo è uno dei momenti più belli, e tanta è la voglia di lanciare… un momento veramente particolare. Le onde sono alte, e in virtù della semplicità, preparo uno short arm rovesciato e due long arm, innescati con esche adatte all'occasione: cannolicchio, seppia e bibboni. Sono finalmente in pesca e dalla terza canna torno alla prima. Punto la luce sul cimino, c'è qualcosa che non va. Prendo la canna in mano, qualche giro di mulinello e inizio ad avvolgere la lenza… alghe. La canna è veramente pesante, giro dopo giro vedo formarsi un cumulo di posidonia davanti a me, ma non mi arrendo. Ripulisco canna e lenza dalla vegetazione e rilancio cercando di trovare una fascia di mare più pulita. Passano le ore e penso di aver sbagliato serata. Le onde non scendono come dovrebbero, costringendomi a usare piombi di 175 grammi e la posidonia non mi dà tregua. Certo, è sempre meno, ma rimane sempre abbastanza fastidiosa. Il freddo è sempre più pungente al punto da costringermi ad indossare la tuta termica, ma almeno il vento sembra mollare la presa. Sono in pieno picco di alta marea, ancora nessun pesce. Decido di fare un'altra ora e smontare tutto… non è serata! Preparo per l'ennesima volta gli inneschi, sembrano perfetti, e sono nuovamente in pesca. Cammino lungo la spiaggia per scaldarmi, quando, all'improvviso, mi fermo sulla canna centrale, lanciata a pochi metri sul primo scalino, è completamente spiombata: ancora loro? Prendo la canna in mano, recupero un po’ di lenza e ferro. Canna pesante, ma è un peso diverso dalle solita posidonia. All'improvviso un contraccolpo mi fa capire di aver fatto strike. Il cuore batte, dimentico il freddo, le onde, i disturbi. Mi concentro solo sul recupero. Vedo il nodo dello shock entrare nel mulinello, ci siamo! Ancora qualche giro ed eccola lì, sul bagnasciuga, una bellissima orata viene illuminata dalla mia torcia. Neanche il tempo di metterla nel secchio, rilanciare e… noto che anche un'altra canna è spiombata. All'improvviso non ho più freddo. Anzi, mi tolgo anche la giacca e corro alla canna. Il tempo di ferrare ed ecco una nuova partenza… e due. Un'altra orata è fatta. Continuo a preparare inneschi su inneschi. Ormai ho le dita impregnate del classico odore di cannolicchio e sporche d’inchiostro di seppia. Ma, dopo tanta attesa, è arrivato il momento di insistere senza tregua. Concludo la pescata con cinque orate, la più grande sul chilo e due, un sarago e un grongo, che per qualche minuto mi ha fatto sognare in una super cattura, data la sua forza nel combattimento. Sono in macchina, guardo l'orologio e mi accorgo di essere stato in spiaggia quasi otto ore. Ore, che dal momento della prima cattura, sono trascorse in maniera velocissima, completamente immerso in quello che stavo facendo e vivendo, a tal punto da non farmi più pensare al vento, al freddo e al dolore alla schiena, sopraffatto totalmente da quella passione che si chiama surfcasting.