One Night

One Night

Iniziamo col dire che la battuta di pesca dura circa 7 ore, comprese le operazioni di montaggio e smontaggio dell'attrezzatura e della stessa postazione. Fra l'altro i pesci mangiano generalmente ad ondate, e perdere troppi minuti a trovare la giusta "ricetta" potrebbe corrispondere a "smarrire" il branco, o ad intercettarne solamente "la coda". In parole povere: pochi pesci! Al di là delle soluzioni estemporanee, quelle prese "al volo" mentre siamo a pesca, dettate per lo più dall'intuito, ci sono delle particolari strategie che rendono il modo di fare surf di ciascuno di noi particolare, se non esclusivo.

Pronti? Si parte!
Le previsioni meteo danno il mare in scaduta di NW, forse anche troppo avanzata, e mentre al volante mi sciroppo la strada che mi porta verso il mare non ho ancora deciso dove "atterrare". Potrei scegliere una caletta di sabbia fra le rocce dal fondale relativamente profondo, ma molto accidentato, e che tiene piuttosto  bene il mare. I pesci ci sono quasi sempre, soprattutto a mare mosso, ma raramente sono di taglia davvero importante. L'alternativa è uno spiaggione a bassa energia, quindi con fondale piuttosto basso, almeno all'inizio, e con un ricco gioco di correnti, anche molto impetuose. È piuttosto difficile pescarci, anche perché appena il mare "si alza", arrivano notevoli quantità di posidonia morta, che rende l'azione di pesca impossibile o quasi. Anche in questo spot i pesci non mancano, ma stavolta parliamo di grosse prede. Decido di giocarmi il tutto per tutto nello spiaggione. Se poi ci saranno talmente tante "alghe" da non poter rimanere in pesca, smonterò tutto e cambierò aria. Certo avrò perso del tempo prezioso, ma... chi non risica non rosica!

Piombi in progressione
Quando arrivo a destinazione trovo il mare come me lo aspettavo. La scaduta è molto inoltrata, ma c'è ancora abbastanza schiuma per aspirare ad un incontro ravvicinato delle nostre lenze con qualche sarago. Scarto comunque a priori le canne da beach e sfodero solo attrezzi di potenza medio-alta. Armo subito una prima canna con un etto di zavorra, voglio provare a capire se oggi possono bastare 100 grammi a rimanere in pesca.  Il piombo tiene, non ci speravo, ma meglio così, ora si tratta di aspettare la prima mangiata, ma non è proprio il caso di rilassarsi. Mentre mi accingo a lanciare, la vetta della prima canna ha un tremolio, dopo di che fa tre affondate decise e ritorna nella posizione originaria! Volo letteralmente sull'attrezzo, ferro e...niente! Non sento ne' peso ne' testate, e infatti recupero il calamento senza prede, ma il bibi all'amo basso è stato devastato da quel qualcosa che, visti i movimenti della canna, è molto probabile fosse un'orata.

A parte situazioni estreme, preferisco sempre effettuare i primi lanci con una zavorra relativamente leggera, diciamo compresa fra i 75 e i 100 grammi. Questo anche a dispetto di come il mare si presenta, perché spesso anche con moto ondoso formato potremo avere a che fare con un fondale morbido, o con un particolare gioco di correnti, per cui utilizzare un piombo troppo pesante potrebbe risultare controproducente. Se ad esempio il pesce è sospettoso e "mangia in punta", è molto probabile che avvertendo il peso della zavorra, risputi il boccone, e con esso l'amo, con cui stava per pungersi. Ed è piuttosto frequente che uno leggero scarroccio della nostra paratura invogli i pesci ad abboccare più facilmente di un calamento troppo statico sul fondo. Se invece tutto l'apparato pescante "viaggiasse" in maniera eccessiva, potremo sempre aumentare il peso fino a trovare il giusto compromesso. È per me buona norma, una volta entrato in pesca con la prima canna, stendere subito una paratura di riserva e innescarla e solo dopo armare un secondo attrezzo da lanciare, in modo che se i pesci dovessero mangiare immediatamente, possa perdere il minor tempo possibile per tornare operativo. In questo modo basta sganciare il calamento appena recuperato, agganciare quello di riserva e rilanciare. Se siamo bene allenati, in meno di 10 secondi saremo nuovamente in pesca!
   


Diametro o lunghezza?
Prima di innescare e rilanciare controllo la paratura e mi rendo conto che mentre il bracciolo alto è ben steso, quello basso è leggermente imbrogliato, segno evidente che sta risentendo troppo della forza del moto ondoso, o di qualche corrente in prossimità del fondo. Quindi o salgo di diametro, o accorcio il bracciolo. Decido per la prima soluzione, anche se effettivamente passo da 1 metro a 80 centimetri, ma soprattutto scambio lo 0,20 con uno 0,28, rigorosamente in fluorocarbon. Sembra essere la mossa giusta, non imbroglio più, e i pesci non sembrano risentire del filo grosso, anzi faccio la prima cattura, un sarago maggiore di taglia discreta, a bibi, sull'amo basso! Intanto, con il tramonto ancora da venire, l'orizzonte è illuminato da numerosi lampi, e posso osservare il temporale viaggiare da sinistra a destra, con nuvoloni neri come la pece, che non promettono nulla di buono. Alzo la testa, sopra di me il cielo è ancora limpido, forse riesco a scamparla.

Esistono nel Surf moderno due scuole di pescatori. La prima (in tutti i sensi), più ancorata alla tradizione "purista" della pesca sull'onda, ha la tendenza ad andare a pesca solo con condizioni di mare ben formato. L'ideale rimane la scaduta di una mareggiata, e quindi predilige l'utilizzo di fili dal diametro piuttosto grosso, diciamo mai sotto lo 0,25. Ai surfer moderni invece piace pescare anche quando il mare è molto calmo, e qui potremmo discutere per ore sul dubbio amletico "Surf o Pesca a Fondo?". Nel secondo caso è sempre meglio "lavorare" con finali molto sottili, tanto che anche i travi possono essere realizzati con diametri leggerissimi, anche sotto lo 0,20! Con sezioni generose avremo la possibilità di mantenere il bracciolo piuttosto lungo, diciamo attorno al metro, visto che avrà una scarsa tendenza a imbrogliarsi. Con diametri molto contenuti dovremo, al contrario, intervenire spesso sia per sbrogliare (quando non è necessaria la sostituzione), sia per correggere la lunghezza dei terminali in base allo stato del mare. Ma rispetto ad un filo grosso avremo, almeno per quanto riguarda la pesca diurna, il vantaggio di essere maggiormente invisibili in acqua. L'avvento del fluorocarbon, che mantiene una certa invisibilità anche con diametri importanti, ha consentito a molti di insistere in una pesca di maggior sicurezza in presenza di prede di grossa taglia.
   


Arriva il temporale
Le mangiate continuano a susseguirsi regolari, ma per ora ho solo un pesce in carniere, mangiano ma piuttosto male… Poi improvvisamente si alza un vento frontale di incredibile violenza, le canne vengono buttate giù dai picchetti e tutto quello che non ha un peso decente prende il volo, come una ruzzola porta calamenti che recupererò a circa 150 metri da dove l'avevo lasciata! Subito viene giù un diluvio, il cielo nel frattempo si è completamente coperto, insomma sono nel bel mezzo della tempesta. E come per incanto... non mangia più! Smontare attrezzi e "accampamento" e farmi i due-trecento metri che mi separano dall'auto sotto la pioggia battente mi sembra una follia... guardo l'orologio, mi rimangono due ore scarse di pesca, e voglio giocarmele tutte! Quindi cerco di mettere al riparo dall'acqua l'attrezzatura e appoggio le canne basse sui picchetti, indosso l'impermeabile e aspetto. E difatti dopo circa 20 minuti il vento cessa praticamente di colpo e il cielo riappare sgombro di nubi! Passata è la tempesta... e i pesci riprendono a mangiare! Faccio di nuovo un sarago, più grosso del primo, sempre a bibi e sempre sul fondo; buono a sapersi!

Non trovo molto saggio recarsi a pesca con solamente uno o due tipi di esca. Non si può mai sapere con certezza assoluta cosa decideranno di mangiare i pesci quel giorno. Certo, ci sono delle esche più o meno adatte a seconda dello stato del mare, e se conosciamo lo spot dove stiamo pescando dovremmo avere già un'idea piuttosto chiara sulle insidie da impiegare nella battuta. Ciononostante, nei primi lanci che effettuo, metto "sul piatto" tutto quello che mi sono portato in spiaggia, e osservo volta per volta quale risulta essere il boccone più gradito!
   


Esche: ampia scelta
Questa volta, e sinceramente lo avevo previsto, sembra essere il bibi l'insidia perfetta, e quindi insisto su questa strada. Comunque non è la scaduta ideale, vuoi per il mare non eccessivamente mosso, vuoi per il temporale, i pesci continuano a mangiare molto timidamente. Finora ho cercato di lanciare le mie esche il più lontano possibile, i risultati non sono stati esaltanti e provo di nuovo a cambiare. Qualsiasi manuale di surf reciterebbe di scagliare i nostri calamenti "oltre l'ultimo frangente", ma esistono anche le bucate o i canaloni verticali rispetto alla spiaggia, tutte zone fertili e normalmente a distanza contenuta da riva, quindi alla portata di tutti, anche di chi non possiede eccellenti qualità di lancio. Ma, sopratutto, esiste il gradino, un settore che quasi sempre può regalarci prede, a volte pure molto interessanti. E l'ultima preda della battuta viene proprio da lì, da sotto i miei piedi! Manco a farlo apposta è il sarago più grosso dei tre, ma stavolta all'amo alto e sulla polpa di gambero! Come a dire che, quando a pesca sembra proprio che abbiamo trovato la chiave di tutto, ogni nostra certezza viene stravolta dall'ultimo pesce. Perché a pesca l'esperienza è importante, ma molto spesso bisogna rincominciare da zero! Per l'ennesima volta guardo l'orologio, è da poco passata la mezzanotte, generalmente il periodo più difficile della battuta, perché corrisponde con una pausa nell'attività dei pesci. Incomincio pure ad accusare la stanchezza, è stata una battuta impegnativa e non sono poi tante le ore che mi separano dal ritorno al lavoro. Il cappotto è stato scongiurato, per circa sei ore ho comunque soddisfatto la mia "fame di surf", per me basta e avanza...almeno fino alla prossima volta!