Ombrine Mica Tanto Casuali

Ombrine Mica Tanto Casuali

Umbrina cirrosa, così dovete chiamarla se volete che tutto il mondo vi capisca, perché questo è il suo no-me scientifico. Così la catalogò Linneo, ormai più di 250 anni fa. Da allora l’ombrina continua a nuotare nei nostri mari, presente in tutto il Mediterraneo; e come tutti i pesci del Mare Nostrum, anche la cirrosa si fa sempre più rara. Per chi pesca a surfcasting quella del-l’ombrina è considerata una cattura nobile, di pregio. Un po’ per le sue carni delicate e molto ricercate in cucina ma soprattutto perché l’incontro con questo elegante scienide (fa parte della famiglia degli Scienidi, la stessa della corvina o Sciaena umbra...) non può essere programmato, almeno nelle spiagge sarde. L’ombrina ha un corpo compresso, abbastanza allungato, col profilo ventrale piuttosto dritto e quello dorsale più curvo. Sui fianchi ha una bellissima colorazione argentea, madreperlacea, con disegni irregolari giallastri e grigi che ricordano le creste di un fondale sabbioso. Il muso piccolo con l’apertura boccale ridotta e leggermente rivolta verso il basso suggeriscono le sue abitudini alimentari da “grufolatrice”. Infatti cerca il suo nutrimento, vermi e piccoli crostacei, in fondali molli. Pascola quindi su spazi sabbiosi, ma la si può intercettare an-che in prossimità di lastroni sommersi. È dotata di una coda ben sviluppata che le permette di sprigionare un’inaspettata potenza di nuoto. Gli esemplari più piccoli si spostano in branchi numero-si, per lo più di notte. In età adulta l’om-brina diventa meno gregaria, formando gruppi di due o tre esemplari che si spostano in bassi fondali sugli stessi “pascoli” frequentati da mormore, ma anche nelle “centrifughe” prodotte dal-le onde e occupate per lo più dai saraghi.

Riccardo e le ombrine
Quella di Riccardo Chessa con le ombrine è una sfida che ormai si protrae da anni. Tante catture, anche documentate nelle pagine di MP, che testimoniano la capacità da parte del forte pe- scatore cagliaritano di saper intercettare i desideri culinari di questo sfuggevole grufolatore. Lo stesso Riccardo lo ammette senza paura: “Non esco mai con l’idea che pescherò un’ombri-na! Semplicemente può capitare, in autunno e per lo più nelle spiagge dell’o-vest”. Ma se analizziamo con attenzione l’ultima fortunata pescata di Ric- cardo, ci accorgiamo subito che poco è stato lasciato al caso. A fine settembre Riccardo ha deciso di sfruttare le otti-me condizioni create da una bella maestralata. Potendo uscire nel giorno di scaduta avanzata ha scelto uno spot a occidente con fondo basso, proprio lo stesso tipo di fondale amato dall’ombrina. La presenza di corrente e alghe ha imposto l’utilizzo di terminali non troppo lunghi e abbastanza grossi, tutti in fluorocarbon. Riccardo utilizza il fc non tanto per le caratteristiche mimetiche, poco importanti di notte, ma perché questo filo rimane più rigido ri- spetto al nylon tradizionale e quindi si aggroviglia molto di meno. Come e-sche Riccardo aveva portato con sél’intero campionario da mare grosso, com- presi cannolicchi e bibboni, bocconi micidiali per l’ombrina. La prima parte della notte è trascorsa in modo produttivo ma senza sorprese: Riccardo sperava di pescare qualche bella orata e qualche sarago all’interno dei tubi formati dalla mareggiata e queste catture il mare gli stava regalando. Intorno alle 4 del mattino una canna innescata con un grosso bibi ha dato un evidente segnale di vita. Il recupero è però diventato più pesante e laborioso del pre- visto. La preda non dava “testate”, tipi-che di orate e saraghi, ma tentava partenze in progressione, quelle che la grossa coda può assicurare all’ombri-na. E infatti di ombrina si trattava, bel-la, ampiamente oltre i 2 chili. Riccardo, sorpreso ma neanche tanto, ha innescato e lanciato di nuovo. Ormai era l’alba, per Riccardo il momento di smontare e tornare a casa. Ma prima, ecco un’altra formidabile piegata, sempre su una canna innescata a bibbone. La preda era grossa, Riccardo lo intui-va dalla difficoltà del recupero. Recupero fallito visto che a pochi metri dai suoi stivali la grossa ombrina ha deciso di salutarlo, pareggiando il conto con la cattura precedente. È stato allora che il pescatore non si è dato per vinto. Rimandando il rientro a casa, rimandan-do gli impegni, rimandando il ritorno alla civiltà, ha deciso di aspettare. Non è trascorsa neanche mezz’ora ed ecco che la punta di una canna affonda; altro recupero, questa volta positivo. Adesso Riccardo poteva esultare e tornare a casa con due ombrine quasi dello stes-so peso. Catture casuali? Non penso proprio.