Monoamo o Ancorette?

Monoamo o Ancorette?

In alcune varianti dello spinning da terra e fra tutte lo shore jigging, si è sempre utilizzato l’amo singolo al posto dell’ancoretta. Nello shore, l’esca ha quasi sempre la forma di una semplice stecca di pesante metallo, al più con due occhi disegnati o aggiunti al corpo principale. Una zavorra camuffata, in pratica è questo, un piombo colorato che solo lontanamente ricorda un pesce. Nello shore jigging il compito di invogliare il predatore all’attacco è completamente affidato a noi. Non è infatti richiesto alcun tipo di vibrazione o particolare comportamento all’artificiale che viene “animato” dai movimenti sapienti del pescatore. Su e giù, su e giù, un recupero molto simile al vertical da barca; più un esercizio da palestrati che il sensibile gioco di polso richiesto nello spinning. La cattura è affidata all’amo che quasi sempre è singolo, posto in configurazione assist hook e cioè legato con un cordino all’occhiello in testa, lo stesso dove si aggancia il moschettone. I jig da shore hanno anche un secondo occhiello in coda, pronto per ospitare, all’occorrenza, un secondo amo. Ma questa variante spesso è omessa poiché l’amo in coda aumenta il rischio di accidentali incagli quando il jig, lasciato volutamente scendere in profondità, tocca il fondo. Ed è proprio il frequente contatto con le rocce e la vegetazione del fondo che hanno portato a scartare quasi completamente l’opzione ancoretta, in una tecnica che è mirata a grosse catture da terra. Prede in grado di aprire un amo del 4/0, figuriamoci le più delicate e sottili ancorette. Tutto questo è vero, risaputo e vale nello shore jigging. Il discorso si complica se vogliamo prendere in considerazione gli artificiali da spinning, pensati e prodotti per nuotare. Artificiali quindi creati per simulare il comportamento dei pesci. In questo caso l’artificiale ha una distribuzione dei pesi e volumi studiati a tavolino; e in oggetti dalla massa di pochi grammi, un cambiamento d’assetto potrebbe in teoria modificare l’azione dell’artificiale in acqua, vanificando il comportamento per il quale è stato pensato. E quindi, se è nostra intenzione sostituire le ancorette native con dei semplici ami, ci dobbiamo chiedere se questa modifica non rovinerà del tutto il giocattolo. In sintesi, quando vale la pena sostituire le tre punte con la singola?

Tra alghe e rocce
In generale sono due le situazioni che suggeriscono l’opzione amo. Quando scegliamo uno spot caratterizzato da fondali bassi ma ricchi di insidie, quali rocce piatte nascoste da un denso strato di schiuma; quando peschiamo, seppur su un comodo fondale sabbioso, ma con presenza di densi banchi di alghe o posidonia morta. In queste situazioni, anche se utilizziamo solo esche che nuotano in superficie, le ancorette saranno sempre troppo vicine a potenziali incagli. Le tre punte di una ancoretta si aggrappano facilmente alla ruvida roccia e catturano, anche solo dopo pochi metri di recupero, una grande quantità di alghe. Se però siamo fiduciosi che in questi spot ci possa essere la cattura di giornata, dobbiamo trovare un modo per utilizzare gli stessi artificiali, un compromesso, ma senza rischiare di perderli ad ogni lancio. L’amo singolo è proprio quel compromesso che stavamo cercando.

“Per armare l’artificiale con gli ami dedicati c’è bisogno delle speciali pinze, munite di un sottile becco e dei piccoli anellini splittati, nella misura giusta”.

Ami dedicati
Quando decidiamo di operare la sostituzione e scegliamo gli ami da usare al posto delle ancorette, non tutti i modelli e le forme andranno bene, questo è chiaro. Dobbiamo concentrare la nostra scelta su un elemento dell’amo in particolare: l’occhiello. È questo l’estremo dell’amo che funge da giunzione tra lo stesso e l’artificiale (attraverso l’anellino split ring). L’occhiello non può essere piccolo e stretto anzi, deve avere una curva ampia, un foro abbastanza esteso, in grado di ospitare lo split ring. Questo anellino è voluminoso di suo, visto che è una sorta di cerchio doppiato. Lo split ring deve poter scorrere liberamente nell’occhiello dell’amo, proprio come fa anche sull’asola d’attacco dell’artificiale. Altrimenti l’anellino bloccherebbe l’amo, lo forzerebbe in una posizione fissa e innaturale. Osservando poi la particolare forma di un amo espressamente disegnato per lo spinning, si nota subito una seconda caratteristica che lo differenzia da quelli  tradizionali: l’occhiello giace sullo stesso piano del corpo dell’amo. In questo modo, quando l’amo è fissato all’artificiale, la sua posizione è corretta. Questa caratteristica permette di minimizzare la resistenza fluidodinamica, aumentando lo scivolamento dell’artificiale in fase di recupero. Ma soprattutto mette l’amo nella posizione di pesca, lo rende letale, pronto a infilzare la preda. L’operazione di sostituzione è abbastanza semplice e veloce. Certo, serve una buona vista perché le parti coinvolte hanno dimensioni molto ridotte. Ma se si utilizza una pinza speciale, con un becco munito di un piccolo dente, il pit stop è molto rapido. La pinza apre, divarica gli estremi dello split ring quel tanto che permette all’occhiello il passaggio al suo interno. Una volta terminata la sostituzione, si possono avere due situazioni: punta dell’amo verso l’alto o verso il basso. E qui, se avete il coraggio di immergervi nei forum di pesca dedicati, vi accorgerete che esistono due scuole di pensiero, ambedue abbastanza estremiste, direi… talebane. Da una parte, se l’amo presenta la punta esposta verso il basso, questa dovrebbe essere più “pronta” nella ferrata. Ma questa posizione ha di negativo che la punta raccoglie più alghe ed è più facile che si blocchi sulle rocce. Al contrario, l’amo rivolto verso il corpo dell’artificiale (verso su…) scivolerà più facilmente sugli ostacoli senza aggrapparsi, ma non esporrà la micidiale punta come offesa diretta. Vogliamo continuare a farci esplodere il cervello con questa stronzata da lana caprina? Per fortuna abbiamo a disposizione esempi che evidenziano la bontà di ambedue gli assetti. Come il costante successo che continuano ad avere da decenni gli storici artificiali raglou, micidiali con le spigole. Questi sono proposti proprio nelle due varianti con la punta rivolta verso l’alto o verso il basso. Come sempre, il modo migliore per capire come influisca il cambio di “artiglieria” sull’assetto totale è la prova sul campo.

Ed ecco i compiti per casa ragazzi. Due artificiali identici, stessa marca, modello, lunghezza e grammatura; uno armato con ancorette e uno con ami. Una canna dalla cima sensibile, in grado di trasmettere anche le più piccole sollecitazioni e vibrazioni provenienti dall’esca. Provate ad alternare il loro utilizzo e dopo una decina di lanci sarete in grado di capire le differenze di azione (se presenti) e la reale efficacia di ciascuna configurazione.