Molentargius come Miami

Di rientro da un viaggio negli Stati Uniti, in Florida, e ancora irritato per quel fastidioso fenomeno conosciuto come Jet lag, apro il giornale e nelle pagine dell’Unione Sarda (Domenica 19 febbraio), a firma di Matteo Sau, leggo: “Molentargius deve vivere. Nel parco più sport e la pesca sportiva nei canali”. L’idea è di Anna Maria Busia, riformatrice nuorese ma cagliaritana d’adozione, guarda caso anche lei di rientro dalla Florida dove si è recata per studiare l’avanzato modello di gestione dei parchi Usa, confrontarlo con i nostri e individuare eventuali convergenze o aspetti facilmente mutuabili di valenza anche turistica. Nulla di strano quindi se, sulla base di quanto sperimentato in America, la pesca ricreativa le sia apparsa un’attività perfettamente in sintonia con equilibri ecologici anche delicati e del tutto compatibile con l’esigenza di dare una botta di vita al Parco. La pesca, quindi, potrebbe rappresentare uno dei tanti volani, che giustifichino, nell’ottica di una gestione economica autonoma, la spesa di ben 20 milioni di euro della Regione Sardegna. La presenza dei pescatori nell’oasi di Molentargius, sarebbe per noi l’avverarsi di un sogno vissuto in epoche ormai sfumate nella memoria e segretamente custodito per anni, ma anche l’occasione per dare sfogo alla passione di decine di migliaia di appassionati, molti dei quali non ancora o non più in grado di fare spostamenti per raggiungere la spiaggia ics o il lato esterno di un molo. E se da una parte i vantaggi vanno alla categoria, compreso il comparto dell’industria e del commercio di settore, dall’altra, il rientro sarebbe per la collettività. Infatti, oltre agli immediati benefici dal punto di vista sociale, ci sarebbe da aspettarsi nel medio termine, così come da anni avviene a Miami o Key West, la sicura crescita del settore turistico.