Miglio e Nodo

Miglio e Nodo

Per lo studio pratico della navigazione si è stabilito di sostituire, alla forma ellissoidica della Terra, quella della sfera che abbia lo stesso volume dell'ellissoide terrestre. Così facendo, i due raggi differiscono di una quantità insignificante e precisamente: 6371.22 Km il raggio dell'ellissoide; 6731 Km il raggio della Terra supposta sferica. In mare si è adottato, come unità di misura delle distanze, il miglio nautico, che potrebbe essere definito, per l'approssimazione di cui si è parlato, come la lunghezza di un primo di circolo massimo; vale a dire, per la Terra supposta sferica, la lunghezza di un primo di circolo massimo (Equatore o meridiano). In questo caso la lunghezza del miglio sarebbe uguale a: 2π x 6371/21600 = 1853.2488, dove la quantità (2π x 6371) rappresenta la circonferenza del circolo massimo e 21600 la quantità dei primi presenti in un angolo giro (360° x 60' = 21600').


Ma, per la definizione di un’unità così importante per il marinaio, si è pensato di adottare la lunghezza di un arco di ellisse meridiana compreso tra due punti, le cui verticali formino tra loro un angolo di 1', alla latitudine media di 45°. La lunghezza di tale arco è uguale a 1852 metri, è detta miglio nautico ed è l'unità di misura delle distanze in mare. Per curiosità diremo che la lunghezza di un 1' di ellisse meridiana all'Equatore è di 1843 metri, mentre al polo è di 1862 metri. Utilizzando il miglio come unità di misura delle distanze in mare, è evidente che per esprimere la velocità di una nave o imbarcazione che dir si voglia, dovremo utilizzare, invece dei Km/h, le miglia/h.
Tale nuova unità di misura delle velocità è detta nodo e rappresenta la velocità posseduta da un corpo che percorre la lunghezza di un miglio marino in un'ora. Il termine nodo deriva dall'uso del solcometro a barchetta; uno strumento che anticamente veniva adoperato a bordo delle navi per determinare la loro velocità. I solcometri sono gli strumenti che consentono di determinare lo spazio percorso da una nave e quindi, indirettamente, conoscendo anche il tempo impiegato a percorrere tale spazio, anche la velocità. Il più semplice e il più antico di questi strumenti è il già citato "solcometro a barchetta".


Questo antico strumento, ormai in disuso, consisteva in una lunga sagola, marcata con dei nodi, al termine della quale veniva fissata, con una patta d'oca, la barchetta. Questa era una tavoletta galleggiante, a forma di settore circolare, avente approssimativamente il raggio di cm 20 e ampiezza angolare prossima ai 90°, che  veniva opportunamente zavorrata con dei piombi perchè restasse in posizione verticale. La barchetta veniva messa in mare fuoribordo da poppa e da sottovento, filando una certa quantità di sagola (normalmente di lunghezza non inferiore a quella dell'imbarcazione), detta "sagola morta"; scopo di questo tratto di sagola è quello di consentire alla barchetta di allontanarsi dalle acque turbolente della scia dell'imbarcazione. Da questo punto in poi la sagola veniva marcata con dei nodi, opportunamente distanziati tra loro ed eseguiti in modo tale da essere facilmente riconoscibili anche solamente al tatto. La distanza che separava due nodi consecutivi sulla sagola era funzione della frazione di tempo che si utilizzava; così, disponendo gli antichi navigatori della clessidra della durata di 30 secondi e, essendo questa la 120a parte di un'ora, si sarebbero dovuti eseguire i vari nodi alla distanza di 1852/120 = 15.43 metri. Da esperimenti pratici è risultato, tuttavia, che la barchetta non resta fissa, ma viene in qualche modo trascinata dalla stessa imbarcazione; pertanto, per compensare questo inevitabile inconveniente, si accorciano i tratti di sagola compresi tra due nodi successivi, portando questi a 14,62 metri; questa quantità veniva chiamata nodo. La velocità veniva determinata contando il numero di nodi che venivano filati fuoribordo nell'intervallo di tempo.  In questo modo, se si fi- lavano 6 nodi nella durata di 30 secondi, la nave possedeva una velocità di 6 nodi. Una variante di questo strumento, utilizzabile solo su bassi fondali, è il così detto "solcometro di  fondo"; esso è formato da un piombo che viene calato in mare e che costituisce il punto fisso. Questo strumento era utilizzato, invece di quello a barchetta, soprattutto in quelle zone di mare interessate da correnti. Per questo strumento, a differenza del precedente, possono adoperarsi tratti di sagola distanti 15,43 metri tra un nodo e il successivo, in quanto non vi è trascinamento. Anche con questo solcometro la determinazione della velocità, in realtà, è una operazione estre- mamente semplice, anche se non particolarmente precisa, e la si ottiene contando il numero di nodi filati fuoribordo nell'intervallo di 30 secondi. Il precursore dei sol- cometri meccanici è senza dubbio il solcometro "ad elica di pesce"; questo è costituito da un'elica nota con il no-me di "elica-pesce"  (una specie di corto siluro con delle pale applicate radialmente), che, rimorchiata ad opportuna distanza dalla poppa dell'imbarcazione, per effetto della pressione dell'acqua sulle pale, ruota. Tale rotazione viene trasmessa, da un'apposita  sagola di cavo intrecciato, a un volantino collegato ad un contatore. Tutte le misure ottenute con questi strumenti sono affette da errori e, pertanto, è necessario apportare, alle letture ottenute, apposita correzione. Un altro solcometro meccanico è il solcometro ad "elica applicata"; esso viene applicato alla carena  dell'imbarcazione, in prossimità del suo punto giratorio. Questo solcometro è costituito da un'elica che ruota con una velocità proporzionale a quella superficiale dell'imbarcazione; appositi circuiti, quando l'elica compie un certo numero di giri, inviano gli impulsi elettrici ad un contatore che indica la distanza percorsa dall'imbarcazione e, se collegati ad un congegno ad  orologeria, forniscono direttamente anche la velocità dell'imbarcazione. Prima dell’avvento dei moderni e precisi Gps, gli strumenti per la misura della velocità dell’imbarcazione e della distanza percorsa, poco ingombranti e piuttosto precisi, erano quelli che sfruttano principi elettromagnetici e quelli che si basano sul cosiddetto “effetto  Doppler”, dal nome del professor Christian Doppler. Egli, nel 1849, scoprì che il moto relativo tra due oggetti, che ricevono o che emettono un segnale, causa una variazione apparente della frequenza (pensate al suono del fischio di un treno che si avvicina a voi;  avvertirete certamente una variazione del tono del fischio, tanto più marcata quanto più è veloce il treno. Tale variazione verrà avvertita sia in fase di avvicinamento che in fase di allontanamento del treno rispetto a voi.  Il solcometro ad effetto Doppler consente di determinare la velocità dell’imbarcazione, misurando la variazione della differenza fra la frequenza delle onde riflesse. La conoscenza della velocità è determinante nello studio della navigazione; pertanto, oltre ai tachimetri, che ci consentono di misurare direttamente la velocità dell’imbarcazione, più spesso occorre calcolare la velocità cono- scendo lo spazio percorso e l’intervallo di tempo impiegato per compierlo, o procedere al calcolo del tempo impiegato, conoscendo lo spazio e la velocità o il calcolo dello spazio percorso in un certo intervallo di tempo, navigando con una determinata velocità. Per far ciò, ci avvarremo di una formula matematica, che lega assieme la velocità, lo spazio ed il tempo impiegato. Questa formula è la seguente: V = S/t, dove V è la velocità espressa in nodi, S è lo spazio espresso in miglia e t è il tempo espresso in ore e decimi di ore. Per  memorizzare la formula utilizziamo il triangolo raffigurato, mettendo nel vertice in alto, “su”, lo spazio S, e la velocità V, in basso, “per terra”, con il tempo t. Facile, non è vero? Se vogliamo ricavare lo Spazio è sufficiente coprirlo con un dito e appare l’operazione V x T (moltiplicheremo la  velocità per il tempo); se volessimo ricavarre la velocità V, dovremmo coprire questa e l’operazione da compiere  S sopra t (divideremo lo spazio per il tempo); se, nello stesso modo, volessimo ricavare il tempo t, mettiamo un dito su quest’ultimo e resta l’operazione S sopra V (divideremo lo spazio per la velocità).