Lighthouse

Lighthouse

Per segnalare i pericoli e guidare i naviganti, nell’antichità venivano accesi dei fuochi lungo la costa. Pare che l’etimo della parola faro derivi dal nome di un’isoletta (Pharos) nei pressi di Alessandria d’Egitto, sulla quale, per guidare i naviganti, venivano accesi dei fuochi. Più tardi, sull’isola, venne costruito, da Tolomeo Filadelfo il primo faro del quale si abbiano notizie certe e che rappresenta una delle sette meraviglie del mondo antico. La costruzione, alta oltre 120 metri, era formata da terrazze, nella cui sommità, la notte, si accendevano i fuochi, bruciando legna resinosa e oli minerali che emettevano un segnale luminoso potenziato da un ingegnoso sistema di specchi metallici (pare ideati da Archimede); raggiungeva una portata di 30 miglia, servendo guida per i naviganti. Un’altra grande costruzione, risalente allo stesso periodo, fu il Colosso di Rodi, considerato anche questo una delle sette meraviglie del mondo antico. Questo era costituito da una statua enorme, collocata all’ingresso del porto di Rodi, alta circa 32 metri, che, secondo Plinio il Vecchio,  rappresentava il dio del Sole, Elios, con un braciere acceso in una mano. La statua ebbe vita breve: fu distrutta nel 226 a.C., dopo 56 anni, da un terremoto. Per secoli i fari sono serviti da guida ai naviganti, ora indicando il sicuro atterraggio (purchè non si prenda questo termine alla lettera, come ha fatto la nave mostrata in figura 1, schiantatasi ai piedi del faro di Punta Europa a Gibilterra), ora guidandoli in un passo stretto o mettendoli all’erta in vicinanza di un pericolo (una secca, uno scoglio affiorante, ecc.). Il massimo sviluppo dei fari si ebbe nel diciannovesimo secolo grazie al predominio navale inglese, anche se si deve alla Francia che realizzò un sistema di fari in modo tale che il navigante potesse essere sempre in vista di almeno un segnale luminoso. I fari hanno sempre avuto un grande fascino nel passato, con il loro capo-faro ed i solitari guardiani, che si alternavano nel servizio, garantendo l’accensione dei fuochi. In tempi ed in luoghi in cui il pendolarismo era pressoché impossibile, i guardiani vivevano con le loro famiglie in minuscoli villaggi, dedicandosi talvolta alla cura di qualche capo di bestiame e curando dei piccoli orti. Oggi, grazie alle nuove tecnologie, i guardiani dei fari, là dove sono ancora presenti, si limitano a eseguire rilievi meteorologici e comunicare con le navi in transito che chiedono informazioni. Molti fari, però, non sono più sorvegliati da personale stabile ed hanno perso molto della loro antica bellezza. Alcuni di questi sono stati adibiti a museo, altri, pur non essendo andati fuori servizio offrono la possibilità di alloggio in “residence”, come ad esempio quello di Lista nella Norvegia meridionale (figura 2). Come non pensare ai meravigliosi fari della costa bretone o della Norvegia, come non ammirare i fari dell’Inghilterra, i nostri fari, tra i quali certamente il più conosciuto è la Lanterna di Genova. Alcuni di questi segnali sono circondati da leggende (soprattutto quelli nordici), molti altri hanno assistito a importanti naufragi, ma tutti hanno il fascino indiscusso del silenzio, rotto dallo stridio dei gabbiani, dal sibilare del vento e dal rumore del mare. Se non vi siete mai trovati ad ammirare un tramonto sul promontorio dominato da un faro, fatelo, perché è una esperienza che vale la pena di essere vissuta. I fari, da sempre, vengono utilizzati come guida verso il punto di atterraggio, per segnalare pericoli o per fare da guida nell’ingresso in un passaggio stretto; possono avere una luce completamente bianca o mostrare settori colorati in modo diverso (principalmente rosso o verde).

Fanali
I segnalamenti minori, che non devono essere visti a grandi distanze e che vengono adoperati soprattutto per segnalare i pericoli, l’ingresso dei porti, etc., prendono il nome di Fanali; anche questi possono avere una luce di colore bianca, rossa o verde. Ciò che distingue un faro da un fanale è la diversità della portata luminosa, che è generalmente inferiore alle 10 miglia per i fanali e superiore per i fari; questo è dovuto alla funzione principale dei fari, che è quella di costituire un segnale per l’individuazione del punto di atterraggio.

 



Il faro
Vediamo da cosa è costituito un faro; abbiamo, innanzi tutto, il sostegno, che è la costruzione in muratura o metallica, che contiene l’intero sistema e che, nei vecchi fari, ospitava anche i locali destinati al guardiano e al magazzino con le provviste ed i pezzi di ricambio. Il motivo per cui i fari vengono edificati su promontori e con alte torri è dovuto al fatto che la loro altezza è determinante per stabilire la portata geografica che si vuole offrire alla sua luce. Per i fari  posti sul mare è necessario, per aumentare la portata geografica, realizzare costruzioni alte e robuste, che possano resistere all’azione del mare e del vento. Così questo tipo di fari è generalmente di forma circolare (quella che meglio resiste alla forza del vento), le fondamenta sono piuttosto robuste ed il faro viene protetto da una muraglia che funge da frangiflutti. Un chiaro esempio di questo tipo di faro è quello di Cordovan, quello di Noires o il faro di Four, in Francia. La particolare forma dei fari, a torre, fa sì che essi costituiscano, anche di giorno, dei preziosi punti cospicui, facilmente individuabili dal mare. Ricordiamo a tal proposito che la portata geografica è la distanza massima dalla quale un osservatore, posto al livello del mare, vede la luce del faro. Questa portata è, ovviamente, dipendente dall’altezza della luce sul livello del mare. Così se l’altezza della luce sul livello del mare viene indicata con H, espressa in metri, la formula seguente ci permette di ricavare la portata geografica in miglia Pg=2.04 √ H. Ovviamente, se l’occhio dell’osservatore non si trova sulla superficie del mare ma ad una certa altezza e, la distanza dalla quale è possibile scorgere la luce del faro sarà data dalla somma dei due orizzonti, quello del faro, dato con la formula precedente, e quello dell’osservatore dato dalla stessa formula, nella quale al posto dell’altezza del faro viene indicata l’altezza dell’occhio dell’osservatore o, come è più corretto, dalla relazione: Pg=2.04 (√H + √ e) dove H è l’altezza del faro sul livello del mare ed e quella dell’occhio dell’osservatore (fig. 3). Sulla sommità della costruzione ha sede la lanterna (che ha lo scopo di proteggere l’apparato ottico dalle intemperie) con, al suo interno, l’apparato illuminante e la sua ottica (figura  4). La lanterna è una specie di lucernaio, coperto da una struttura metallica e circondato da vetrate, attraverso le quali passa la luce del faro e che consentono la circolazione dell’aria indispensabile per evitare la formazione di condensa, che limiterebbe la portata del faro. Queste lanterne hanno diversi aspetti e sorgono su una terrazza circolare circondata da una ringhiera a giorno; ve ne sono di assai curiose e belle. L’apparato illuminante, detto anche sorgente luminosa, è costituito da una lampada elettrica ad incandescenza, che va sostituendo quelle ad incandescenza a vapori di petrolio o vapori di mercurio o altri gas come il propano o l’acetilene, che, ancor oggi, costituiscono la sorgente di riserva, in caso di mancanza di corrente elettrica. Anticamente l’accensione del faro era effettuata dal guardiano, che annotava sul diario del faro l’ora di accensione e quella di spegnimento; oggi  la figura del guardiano va scomparendo e i fari vengono attivati, automaticamente, con sistemi ad orologeria o da cellule fotoelettriche. Affinché la luce di un faro sia proiettata in una precisa direzione, è necessario ridurre notevolmente la dispersione e la divergenza. Ciò è ottenuto utilizzando particolari apparati formati da lenti e prismi, che hanno la proprietà di dirigere la luce di un faro pressoché orizzontalmente. La lampada è posta all’interno dell’apparato e occupa il fuoco della lente e dei prismi. L’invenzione di tale apparato è dovuta all’ingegnere francese Agostino Fresnel e per  questo motivo, in suo onore, viene chiamato “lente di Fresnel”. Questa particolare lente è costituita da una parte centrale detta rifrattore cilindrico o parte diottrica, superiormente a questa esiste una serie di anelli a sezione prismatica chiamati parti catadiottriche e distinti in cupola (la parte superiore) e falda (la parte inferiore). Questo tipo di lente ha l’unico scopo di diffondere la luce su tutto il giro d’orizzonte, pressoché orizzontalmente, ma in maniera fissa. La caratteristica luce girevole è ottenuta tagliando la lente secondo un asse orizzontale,  in questa maniera si ottiene una sorta di pannello ottico formato da una serie di anelli concentrici, costituiti dalla lente e dagli anelli prismatici. Per ottenere le diverse caratteristiche dei fuochi girevoli, si realizzano apparati ottici girevoli costituiti da diversi pannelli sistemati in modo adeguato su una circonferenza. L’apparato ottico dei fari con luce girevole si colloca su di una apposita armatura metallica girevole,  grazie ad un motore elettrico ad orologeria. Questa armatura poggia su appositi cuscinetti o è talvolta, immersa in un bagno di mercurio, per diminuire gli attriti e rendere possibile l’installazione di motori di piccole dimensioni. Mentre con dei filtri colorati è possibile ottenere una luce di colore diverso dal bianco. Non tutti i fari mostrano la loro luce in ogni direzione, alcuni hanno dei settori volutamente oscurati o presentano dei settori nei quali l’intensità e la portata della luce è superiore o colorata in maniera diversa. Gli elementi che consentono l’identificazione di un faro sono: il tipo della luce, che rappresenta il rapporto tra la durata della luce e della eclissi; questo periodo può essere fisso o variabile. Il colore della luce è, evidentemente, il colore mostrato dalla luce. I colori principali sono il bianco, il verde e il rosso. Il periodo, che costituisce l’intervallo di tempo necessario a compiere l’intero ciclo che rappresenta la caratteristica del faro.

 



Luci
A seconda del tipo di luce mostrata i segnali luminosi possono essere: con luce fissa (F.), che mostra una luce continua con colore e intensità costante; con luce intermittente (Int.), in cui la durata totale della luce è superiore a quella dell’eclissi e queste ultime, generalmente, hanno la stessa durata; isofase (Iso.), nei quali la durata della luce è esattamente uguale a quella dell’eclissi; con luce a lampi (Lam.), nei quali la durata totale della luce, generalmente con singoli lampi di uguale durata, è inferiore alla durata dell’eclissi; con luce scintillante (Sc.), nei quali la luce ha una frequenza compresa tra i 50 e gli 80 lampi al minuto; con luce scintillante rapida (Sr.), nei quali la luce ha una frequenza compresa tra gli 80 ed i 160 lampi al minuto; con luce scintillante ultrarapida (Su.), nei quali la luce ha una frequenza superiore a 160 lampi al minuto; con luce a codice Morse (Mo.), che, con sostanziale differenza nella durata dei singoli lampi, riproduce una lettera dell’alfabeto Morse (la lettera viene indicata tra parentesi a fianco della caratteristica del faro); con luce fissa a lampi (F.Lam), che mostrano una luce continua alla quale viene sovrapposta una luce a lampi di maggiore intensità; con luce alternata  (Alt..), che mostrano una luce alternata di colore diverso. Oltre ai fari fissi esistono delle speciali navi sulle quali viene montato un apparato luminoso di grande portata (un vero e proprio faro). Queste navi, che praticamente sostituiscono le superboe, sono chiamate Battello faro, sono armate con un equipaggio minimo e vengono ancorate in acque relativamente basse, in vicinanza di pericoli da segnalare al navigante, laddove non è possibile costruire un vero e proprio faro.               .