Non è facile parlare di pesca in acque dolci quando si vive su un’isola circondata dal mare. Ma se c’è una pesca che storicamente è legata alle acque interne di montagna e ne racchiude storia e un fascino tutto proprio, quella è sicuramente la pesca alla trota.
Per seguire la mia passione per le acque interne, mi sono recato a Sadali, nella regione storico geografica della Barbagia di Seulo, un territorio da sempre ricchissimo di acque e di fenomeni carsici. Qui le acque finiscono soprattutto nel sottosuolo calcareo alimentando un intricato dedalo di grotte e di risorgive. Numerosi sono i torrenti sadalesi che dall’altipiano, confluiscono ad alimentare il Rio Sadali che a sua volta scorre profondo e incanalato nel fondo valle fino a fondersi dopo chilometri di natura selvaggia, nelle acque del grande Lago Medio Flumendosa. È qui, in questi territori, che cresce e si diverte a pesca il piccolo Gioele, secondogenito di Christian Meloni, il quale, pur giovanissimo, in fatto di trote non è secondo a nessuno. Credetemi, se non lo avessi visto con i miei occhi, mai avrei immagianto tanta bravura e tanta sana passione concentrati in soli 10 anni.
Gioele, probabilmente lo sa: raccoglie un'eredità pesante, in primis quella trasmessa dall’attentissimo padre, a sua volta contagiato dal genitore, altro esperto trotaiolo, soprannominato “Su Stori”, che a sua volta ha anche lui imparato dal padre. Qua si confrontano generazioni di pescatori che si perdono nel passato, quando le trote erano pescate per necessità, in quanto fonte di proteine nobili. Quando si pescavano a mani nude, ma anche con un lungo e sottile fusto, una treccia di crine di cavallo e una mosca, tutto rigorosamente fatto in casa, perché il filo di nylon è arrivato tardi, molto tardi in queste montagne.

Se oggi Gioele, classe 2014, è un ragazzino così fortunato, lo deve alla saggezza e al rispetto che hanno avuto suo padre, suo nonno e il suo bisnonno prima di lui. Mio padre, classe 1942 - racconta Cristian - era un grande esperto, ma prendeva al massimo 5 pesci al giorno, anche quando avrebbe potuto continuare a fare bottino. La sua era una scelta ragionata, perché sapeva che se ad ogni pescata avesse tolto troppo, il torrente avrebbe dato sempre di meno. Oggi grazie anche alle collaborazioni che Cristian ha attivato con numerosi esperti di università italiane, in ultimo l'ittiologo e pescatore Marco Casu dell’Università di Sassari, Gioele può continuare a crescere come pescatore e collezionare catture su catture. Non credo che molti altri bambini della sua stessa età abbiano mai macinato tanti chilometri in torrente come ha fatto Gioele. A pesca di trote è una macchina da guerra. Si muove come un ninja, attento e silenzioso, osserva, è sicuro di sé nel lancio. Passa dallo spinning al casting usando tutte le classiche esche artificiali da trota, dai cucchiaini rotanti fino alle più moderne e catturanti esche in gomma. E sono sicuro che non passerà molto tempo per vederlo impugnare una canna da mosca assieme a Cristian.
Adesso vi svelo un piccolo segreto. Qui nella Barbagia Seulese, ben ambientate e schive, vivono e si riproducono anche le trote steelhead (Oncorhynchus mykiss), le selvatiche sorelle delle trote iridee di allevamento, la cui presenza rende la pesca in questi torrenti ancora più imprevedibile e spettacolare, per la taglia e l'innata combattività. Te ne accorgi subito se dall’altra parte del filo hai ferrato una steelhead - racconta Gioele - perché sono una furia della natura, tirano come treni, saltano, e fino all’ultimo con loro la canna è sempre in piega!

Ma nel cuore di questi territori, che oggi più che mai risentono dei mutamenti climatici e purtroppo anche di una pesca senza regole e senza controlli, come stanno le trote? È sempre Cristian a tracciare la situazione: la siccità del 2024 è stata tremenda e molti tratti del Rio Sadali sono andati in secca. I vecchi del paese non avevano mai conosciuto la cascata di San Valentino, una delle attrazioni turistiche di Sadali, praticamente a secco e con essa tutti gli innumerevoli micro torrenti che attraversano il paese e che un tempo alimentavano i mulini per il grano. Quest'anno, in primavera, sempre insieme a Gioele, ero veramente demoralizzato. Abbiamo esplorato chilometri e chilometri del torrente che conosco come le mie tasche, senza vedere un pesce, senza un attacco. La situazione è critica, servono ripopolamenti con la trota sarda che fortunatamente qui è ancora ben rappresentata.

Il sottoscritto, Cristian e Gioele e all’ultimo anche l’amico Daniele Sanna, ci eravamo ripromessi di trovarci per pescare in montagna e dopo tanti rinvii, finalmente ci siamo dati appuntamento a metà luglio, non proprio il migliore dei mesi per dedicarsi alla pesca alla trota, ma comunque desiderosi di trascorrere qualche giornata insieme. E anche Gioele non vedeva l’ora di farci vedere i suoi progressi, soprattutto con l’uso delle esche siliconiche. Mi piacciono molto le esche siliconiche - dice Gioele - sono molto naturali, si muovono in maniera molto catturante e stimolano attacchi soprattutto quando ci troviamo in stagione avanzata quando le trote sono grasse e sazie di insetti e si muovono raramente preferendo starsene ferme in ombra sotto rami e pietre. Gioele parla con un professionista: all’apertura della stagione, quando l’acqua è fredda e turbolenta preferisco usare un cucchiaino rotante o anche dei piccoli minnows, ma poi in estate le trote iniziano a diventare molto selettive perché il torrente ha offerto loro una miriade di piccoli e grandi insetti, per cui ultimamente ho iniziato ad avere molte soddisfazioni con le esche siliconiche armate su piccole jig head. In certi casi gli attacchi sono spettacolari perché vedi letteralmente le trote sbucare come missili dalle loro buche e attaccare violentemente le gomme. Ma il piccolo “grande” Gioele non finisce di stupirci. Non solo pesca le trote ma anche il black bass, mettendosi in mostra anche in contesto agonistico, vedi la gara dell'ottobre scorso nel lago Flumendosa, strappando un ottimo secondo posto. Inoltre, nel periodo delle risalite, pesca, sempre a spinning, anche le sardine di lago, le saboghe di cui vi ho raccontato in un'altra uscita di Mondo Pesca.


Ringrazio la famiglia Meloni, Cristian, Gioele, Emma e Simona, per avermi dato la possibilità di acquisire e condividere immagini, memorie e ricordi, con tutti voi affezionati lettori di Mondo Pesca.
ALLA RICERCA DELLA TROTA SARDA
di Marco Casu - Grazie all’amico Marco Leo lo scorso anno ho avuto modo di conoscere Cristian Meloni, la sua famiglia, e il piccolo “grande” Gioele, dal quale ho avuto modo di imparare tanti segreti nella pesca a spinning nelle acque di Sadali e dintorni. Ho anche approfittato “scientificamente” delle conoscenze profonde e delle ricostruzioni storiche di Cristian, un amico che conosce le sue acque, patrimonio della nostra isola. A cena con lui, Gioele, Emma e Simona, abbiamo discusso tante volte su cosa sia la trota sarda, e se esista veramente. Ha cambiato diversi nomi latini, sino ad arrivare a quello ancora più in uso, Salmo macrostigma (macrostigma = grande macchia, per indicare il caratteristico spot nero sull’opercolo). Tale nome, per quanto diffuso, non è più valido scientificamente, e si è arrivati a chiamarla Salmo cettii, per ricordare l’abate Cetti che la descrisse per le acque sarde tra il Settecento e l’Ottocento. Tuttavia, le ultime analisi, soprattutto quelle genetiche (“aplotipi”), si stanno orientando nel non distinguere più tra diverse specie di trote, ma tra varianti aplotipiche che ne possano descrivere l’identità geografica. Per cui ora si parla di aplotipi “mediterranei” come di varianti che avrebbero caratterizzato la trota “sarda”, senza per questo renderla unica nel panorama delle trote della penisola. Detto questo è pur vera una cosa: esattamente come le popolazioni umane, anche quelle delle trote sono caratterizzate da identità genetiche e morfologiche (la popolazione umana “sarda” ha delle caratteristiche peculiari). Per cui ben vengano tutti quei progetti che mirano a recuperare il patrimonio genetico della trota “sarda”, ma soprattutto a riprodurla e reimmetterla in natura, altrimenti si rischia di avere acque, anche quelle di Sadali, spopolate delle “nostre” amate trote, e io non avrò più il piacere di imparare un nuovo lancio dal mio piccolo amico Gioele.


Gioele con una trota sarda, la mitica macrostigma, oggi riconducibile alla Salmo cettii, e un agone.
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