Le Lecce dei Martiri

Le Lecce dei Martiri

Proprio adesso, mentre stai leggendo queste righe, lui è lì. Pioggia, vento, freddo, alghe, lockdown... lui è lì. E non credere sia facile, stare lì. Non è per tutti. Lui è lì e forse, facendo un ragionamento superficiale, verrebbe da pensare che il suo “uscire” dal mondo sia un atteggiamento egoistico. La sua è una forma di pesca quasi monastica, non scherzo, da eremita. Non voglio esagerare, risultare blasfemo. Ma Andrea quando è a pesca, proprio come il monaco che in clausura prega per tutti noi, è lì a svolgere un ruolo fondamentale. È lì a ricordarci che sì, “si può fare!”, si può vivere in modo diverso, staccati dalle follie del progresso chiuso in se stesso. Andrea Galiani ha trovato (conquistato) spazio, in più riprese, nelle pagine di MP. Non è giornalista, non è fotografo, eppure la sua presenza è giustificata dall’enorme mole di foto di catture e racconti che produce e ci invia periodicamente, rigorosamente su Messenger. Proprio come Kurtz, il protagonista di Heart of Darkness che si immerge nella foresta del Congo, scompare e dà segno della sua esistenza in vita solo con le enormi quantità d’avorio che fa uscire dalla tenebra della foresta, arricchendo la sua compagnia... Ecco, Andrea è Kurtz, avorio e spigole hanno lo stesso valore, simbolico, fondamentale. La saga di Andrea Galiani continua, anno dopo anno, con nuovi contenuti e colpi di scena. Stanchi di seguire sterili stagioni di serie TV ormai decotte? La Casa di Carta ha dato il meglio nella prima stagione e poi... Game of Thrones al cospetto della potenza narrativa di Andrea è una semplice pagliacciata in costume? Allora state leggendo le righe giuste. La serie di Andrea continua, non delude, si arricchisce di tanti, gustosi particolari. L’inseparabile chitarra e la caffettiera Melisenda, una sorta di pipa di Poirot; la spaghettata notturna e quella spigola, troppo piccola per arrivare a casa, ma abbastanza grande da essere onorata sulla fiamma di un bivacco notturno. E poi i muggini, gli unici compagni di avventure sempre al fianco del nostro Kurtz. Loro, così necessari e preziosi per Andrea, tanto da vederli quasi come martiri, di cui avere la massima cura e rispetto. Rimani seduto, o caro lettore, spegni il cellulare e con la mente prendi la strada del ma-re, sicuro di trovare, appena camuffata in un cespuglio a pochi metri da riva, un’auto con il bagagliaio aperto e un uomo con la chitarra in mano, a pochi passi da una caffettiera sempre in ebollizione e con lo sguardo rivolto alle canne, rivolto al mare. Ascolta il racconto di un uomo che pesca, adesso pesca per noi.

“Fuga lenta ma costante, quasi inarrestabile e nessuna testata. Il mulinello “regala” metri di lenza che scorre laterale. Non c’è dubbio, è una leccia!”.


Una settimana volata in un attimo
Non sono uno che si arrende e si accontenta. Sono partito giovedì sera. Per prima cosa ho fatto il mio solito giretto nelle scogliere in cerca di “martiri”. Raggiunto il numero di 35, parto con direzione Ziu Franciscu, poco prima di Capo Ferrato. Piazzo la prima canna e poi la seconda e bam! Che beccata, la canna si piega e vibra. Un serra, penso, e corro. Infatti, per evitare che tagli la lenza bisogna ferrare subito, sperando che l’amo si conficchi sul labbro. Affretto anche il recupero, sicuro della mia “linea” di pesca ben dimensionata. Il serra compie tre balzi, epici quanto inutili. È a riva, 4 calci e il pesce è al sicuro. Meno male, l’amo si è conficcato di lato ma la lenza è completamente grattugiata. Mi affretto a lan- ciare le altre canne, anche se sono un po’ deluso: speravo in qualche spigola, ma con questo mare tranquillo probabilmente ci sono solo loro, i serra. Passano 20 minuti e recupero una canna con il bracciolo rotto. Poi vedo un’altra canna “bandata”. Provo a recuperare, il pesce c’è e nel gradino compie due belle piroette. Un altro serra, più piccolo del primo ma sempre “antipatico”. Non sono venuto per pescare serra! Decido di smontare e provare a Costa Rei. Ormai è venerdì mattina. Il mare è bello e, tutto infogato, lancio le mie canne. Non ho però fatto i conti con la stagione turistica più lunga degli ultimi vent’anni! Ore 8 e 30, i turisti sbucano da ogni parte. Decido di levare le canne e fare qualche foto. Intanto due romani abboccano e il “serrino” cambia proprietario. A me arrivano 15 euro, il tan-to da permettermi altro carburante, tabacco e, ma si, 2 birrette del supermercato. “E adesso dove vado?”. Costa Rei è un carnaio e domani è sabato. Figurati, questi sono turisti, anche se l’acqua è gelida, c’è pioggia e bentu, al mare ci vanno lo stesso. Decido di andare a Colostrai, spiaggia molto meno battuta dai turisti. Arrivo e trovo subito un bel angoletto appartato e in mare alcuni bei canaloni che mi permettono di stare in pesca anche con 1,5 o 2 metri d’onda... e col vivo chiaramente. Lancio 3 canne in tre canaloni e mi do alla vita wild. Il vento rafforza, forse anche troppo. Abbasso le canne a 20° da terra e monto zavorre da 200 grammi. Passa il tempo, le ore. A rotazione ripeto tutto il mio repertorio con la chitarra. Sul fuoco ribollono svariate melisende. Incomincio ad annoiarmi e decido di smontare. Vado in direzione canne per incominciare a sbaraccare e vedo la due pezzi posizionata tutta a sinistra con la lenza che passa sopra quella delle altre due canne e va via, direzione Feraxina. La lenza corre parallela alla spiaggia. Già lo immagino, dovrò recuperare centinaia di metri di nylon. Cor-ro, corro per correre, con la canna in mano e intanto recupero lenza, saltando le altre canne. Adesso la vedo, è a 15 metri dalla riva. Due, tre sfuriate ed è sfinita. Mentre correvo e recuperavo sapevo già quale preda avevo in canna. Fuga lenta e costante, laterale; metri e metri di lenza da riavvolgere; recupero pesante ma senza testate; non avete ancora indovinato? È una leccia! Finalmente è a pochi metri da riva, non è gigante ma è sempre un bel pezzo. Aspetto le due onde, la leccia fa un’altra fuga, ma la blocco di prepotenza proprio come arriva il cavallone e il pesce è in secco. Il tutto con un grecale a 50, 60 chilometri all’ora. Decido di smontare con ancora una quindicina di muggini nel secchio. Che dire, sono rientrato giusto il tempo di un caffè. Il cane reclama la mia presenza. Poi mi procuro del ghiaccio, nel secchio i 15 muggini mi aspettano e io non li faccio attendere. Si riparte, per la quarta notte consecutiva a pesca. E la settimana è ancora lunga.