La Ricciola Fuori dalle Righe

La Ricciola Fuori dalle Righe

di Alessio Moica

Nello spinning, come per tutte le tecniche di pesca, sarebbe bello poter uscire quando ci sono le condizioni ideali. Questo, almeno nel mio caso, non può avvenire, quasi mai! Tra impegni lavorativi e di famiglia, la pe-sca viene giustamente messa in secon-do piano, e far coincidere il week end con la scaduta è quasi impossibile. Io durante la settimana lavoro tutti i giorni, ma controllo di continuo il bollettino meteo, sperando che nel fine settimana ci sia il moto ondoso giusto per due lanci e che lo spot ipotizzato non sia occupato da altri spinner o, soprattutto nella bella stagione, da rumorosi e colorati bagnanti in mutande. Per fortuna, nello spinning, esiste anche una variabile, imprevista, ma sempre benvenuta, cosiddetta “fuori dalle righe”, con catture inaspettate perché così grosse e rare che non si possono programmare a tavolino. Questa remota possibilità, per me risulta, comunque, una sufficiente motivazione per provare anche quando sembrerebbe che non ci siano le condizioni adatte. E alla fine, visto che per raggiungere la destinazione di pesca bisogna alzarsi dal letto prestissimo, il venerdì sera, armo sempre le mie “10 sveglie”.

L’ora dorata è la migliore
Si dice spesso che alba e tramonto siano momenti della giornata importanti nella pesca. In particolare, in piena estate, se si vuole sperare di vedere qualche pesce che corre e guizza minaccioso dietro l’artificiale, dobbiamo sfruttare le ore prima dell’alba, quella fase che i fotografi chiamano ora dorata. Con un mio amico decidiamo di sfruttare una scaduta avanzata di Libeccio con quasi un metro d’onda previsto. Così, grazie alle mie “10 sveglie”, una mattina di questo luglio passato, mi alzo all’ora giusta e, mentre preparo una buona tazza di caffè, sto lì a pensare le stesse cose penso ogni volta che vado a pesca: speriamo che il mare sia quello giusto… che le previsioni siano azzeccate… speriamo di prendere qualche bel pesce. Il caffè fa il suo effetto e intanto suona l’undicesima sveglia, quella del mio amico: Ajò… Ti muovi? Finalmente siamo in macchina. In mezz’ora ci ritroviamo direttamente al mare. Nel parcheggio, da cui si parte per raggiungere alcuni spot interessanti in una magnifica scogliera, troviamo diverse automobili, probabilmente appartenenti a turisti e vacanzieri. “Qua, oggi, c'è gente, come al solito! Cosa facciamo? Scendiamo lo stesso?” Ci abbandoniamo alla sorte e, per fortuna, scopriamo che le auto sono di turisti accampati per la notte e che, nello spot che vogliamo battere, non c’era nessuno. Ottimo!

Attrezzatura da big
Solo quando arrivo vicino all’acqua e sento e vedo il mare, inizio a montare la mia attrezzatura. In questi casi, prevedendo prede di grossa mole, utilizzo una canna che mi permette di pescare in sicurezza, la Tenryu Injection SP 76 H. Praticamente è una monopezzo poiché il fusto è costituito da un elemento di 191 centimetri a cui si aggiunge il manico, arrivando a una lunghezza finale di 229 centimetri. Sono misure che si adattano bene alla pesca in scogliera, dove il mare si trova qualche metro sotto la nostra postazione. Alla canna abbino l’eccezionale Shimano Stella SW 6000, con una frizione precisa e potentissima e, in bobina, dell’ottimo trecciato da 32 libbre a cui ho legato il finale in fluorocarbon da 60 libbre attraverso un affidabilissimo nodo Tony Pena. Ancora è buio. Lancio un jerk bianco fluo per cercare di attirare l'attenzione di qualche predatore. Ma, lancio dopo lancio e recupero dopo recupero, mi rendo conto che non c'è alcun riscontro. Non si vede un pesce. Pur senza alcun sussulto ci godiamo i primi colori di un'alba bellissima. Il sole fa capolino tra le monta- gne, così decido di cambiare esca: un popper. Ma… nulla, nonostante una lunga spopperata, nulla!

“Uno scoppio in superficie, seguito da una ferrata pazzesca, hanno fatto da preludio al combattimento più bello della mia vita! In un primo momento il pesce sembrava incontenibile. Poi, lentamente, ho avuto la meglio”.


Alba e shore jigging
Sono comunque felice e se non altro mi godo un’alba meravigliosa. Ma non demordo. Voglio scappottare! Quin-di… cambio strategia. Prendo la mia scatoletta di esche e estraggo un jig da 60 grammi, bello, cromato, fornito di assist hook con ami 2/0. Al quarto lancio sento una bottarella in canna. Una piccola preda che mi impegna in un breve recupero. Alla fine sollevo un piccolo tonno alletterato. Foto di rito e rilascio. A questo punto mi sento già appagato, ormai senza più cappotto sulle spalle. Cosa posso desiderare ancora? Tanto più che la possibilità di fare strike dopo l’albeggio è sempre molto bassa.

Top water vincente
A metà mattinata decido di cambiare tecnica. Lo shore jigging è stancante ed io non sono più abituato a jiggare per così tanto tempo. Sicuramente è molto meglio il top water. Aggancio al moschettone un’esca fatta per attirare grosse prede: l’Espetron di Lurenzo,  un particolare pencil che nel recupero scodinzola come un wtd (walking the dog). Ha la forma di un piccolo barracuda. È comunque un’esca voluminosa, che ho in cassetta sempre e uso quando cerco lecce amia, oppure grossi pesci serra. Dopo una decina di lanci, dietro l'esca, intravedo due grossi barracuda pronti ad attaccare. Ma… fanno uno scarto e improvvisamente spariscono. Appena rilancio l'esca vedo un vortice di pesci che si aggira proprio sotto l'Espetron. E poi ecco una freccia. Una freccia color marrone che si stacca dal branco, per aggredire il mio artificiale. A questo punto capisco che si tratta di ricciole, sei o sette esemplari in caccia e quella che sta per attaccare è davvero grossa. Uno scoppio incredibile e una ferrata da paura fanno sì che il combattimento sia uno tra i più belli della mia vita. Alla prima fuga mi sbilancia e per poco non finisco in acqua. La bobina dello Stella non smette più di girare! Mamma mia! L'adrenalina sale a mille. Mi tremano le gambe e il cuore mi batte talmente forte da farmi respirare a fatica. Penso a un sogno ma è tutto vero, incredibilmente vero. Dopo svariate fughe comincio ad avere qualche problema. Ho il braccio e la spalla a pezzi. La ricciola mi sta sfiancando. Ma allo stesso tempo è stanca anche lei ed è la prima a cedere. Finalmente ferma la corsa. Posso iniziare a recuperare. Lentamente, finché scorgo la sua sagoma sotto il pelo dell'acqua e ciò nonostante non riesco ancora a crederci. Il raffio del mio amico la mette al sicuro tra le rocce, proprio mentre l’esca si stacca dalla bocca. Se il combattimento fosse durato qualche secondo di più sicuramente sarebbe riuscita a fuggire. Questa volta ho avuto la meglio io. Le nostre urla di gioia rimbombano talmente forte sulla scogliera che ancora mi fanno venire i brividi al solo pensiero! Un'esperienza che mi rimarrà tatuata nella mente a vita. Perché le cat- ture di questo tipo possono capitare una sola volta nella vita. Insomma, una preda fuori dalle righe.