La marea dei pescatori

Mai come questa estate, forse per mia distrazione, ho notato tanti pescatori nelle banchine del porto di Cagliari. Una quantità davvero impressionante di giovani, anziani e soprattutto donne. Una marea di persone, ipnotizzate dalla canna da pesca, dal cimino, qualche volta concentrata sul suono del campanello. E per dare spazio ad una scena più dinamica ci mettiamo dentro anche un esercito di spinner, inconfondibili pescatori armati di sola canna e mulinello, qualche artificiale e una dottrina sportiva di primo livello. E all’orizzonte? Un’altra marea di pescatori, questa volta in mezzo al mare, in barca. Mai come quest’anno, ho notato e sono sicuro che non c’entra un’eventuale distrazione, tante barche in navigazione, in rada, nelle poste di pesca. Uno spettacolo, nel complesso, che rimette in pace col mondo, che mitiga le preoccupazioni legate ad un’economia ancora zoppicante, che però rimette in gioco il problema degli spazi. Un’attività ricreativa così diffusa, parliamo della pesca senza fini di lucro, assolutamente trasversale, non ha ancora i suoi spazi, come lo stadio per il calcio, la strada per il ciclismo, la piscina per il nuoto. In un paese civile, le esigenze di una popolazione, come quella di vivere bene e in salute, sia il tempo lavorativo che quello libero, dovrebbero essere il problema quotidiano per ogni amministratore. Un problema da risolvere. Così, a lui, è richiesto da tutta questa gente, uno spazio dove pescare, dove ormeggiare una barca. Ma forse, ancor prima, è fatta un’altra richiesta: cambiare rotta, cambiare idea, cambiare approccio. La pesca ricreativa e sportiva, di per sé, non costituisce un problema, richiede solo un governo, la giusta considerazione in funzione del fenomeno sociale ed economico che esprime. Per quanto riguarda gli spazi, giusto per dirne una a tempo, perché non approfittare della Riforma dell’ordinamento  portuale e individuare più aree in tutti i porti dove concentrare e dare assistenza a questa marea di gente che pesca?