Super Canina in Sette Atti

Il nostro autore, in arte Bebofishing, racconta in queste pagine, un’uscita a pesca fuori porta, a 170 metri di profondità, che si conclude nel migliore dei modi, ma non senza complicazioni.

Super Canina in Sette Atti

Siamo ad agosto 2023, con condizioni meteo marine ottime per la ricerca di qualche grossa cernia canina. La luna è piena e il vento di maestrale in scaduta. L’invito è del mio amico Matteo e di suo padre Salvatore. Luogo: Perd’e Sali, alle spalle dell'area archeologica di Nora. Scarrelliamo il gommone intorno alle 6:30 per dirigerci verso la zona di pesca prestabilita, consci del fatto che ci aspettano 15 miglia di navigazione. Saliamo in gommone e partiamo, e dopo qualche miglio ci rendiamo conto che il mare è ancora abbastanza carico, così facciamo qualche sosta per preparare le attrezzature e bagnare i trecciati su alcune zone di passaggio. Le marcature non mancano, e così il caldo afoso, nonostante il vento di maestrale e nonostante sia ancora mattina presto. Lo scarroccio piano piano scende e ci avviamo così verso la zona di pesca. Continuano a non mancare le soste e le marcature. Prendiamo subito un pagro e un bel sanpietro, ma noi puntiamo a ben altro. Arrivati a destinazione incominciamo a preparare le esche che ci serviranno: trecciato PE3, terminale in fluorocarbon 0,62, al quale abbiamo agganciato, tramite sistema split ring-solid ring, il polpo morto, innescato nella testa con il Nautilus Jlc e doppio assist. La tecnica è molto semplice: avendo uno scarroccio elevato, si posiziona il gommone con la poppa a vento, in modo da controllare la velocità con colpi di retromarcia, mantenendo così l’esca in verticale. Ciò, deve, necessariamente, essere fatto su un fondale che abbia una repentina risalita, che vada dai 240 metri ai 120 metri, in una cinquantina di metri. Questa è infatti esattamente la zona abituale di caccia delle nostre amiche canine. 

Primo atto, prove tecniche - Effettuiamo il primo passaggio per verificare le varie correnti, velocità e direzione dello scarroccio, in modo  da poter correggere, successivamente, i vari spostamenti del gommone durante la fase di scarroccio.

Secondo atto, la discesa - In questo momento della giornata (circa le 11:30) lo scarroccio è ormai sceso a 0,4 nodi. Caliamo dunque le nostre esche nel profondo blu. Una volta che l’insidia tocca il fondo, la solleviamo immediatamente di circa uno-due metri ed è qui che il gioco ha inizio, conferendo un movimento regolare e lineare, con discese e risalite in modo da animare l'esca anche verticalmente. 

Terzo atto: la mangiata - La prima mangiata non si fa attendere sull’esca di Matteo, purtroppo però la cernia risputa l’esca e non rimane attaccata. Non passano neanche dieci minuti che quasi vengo catapultato giù dal gommone, tanto è l’impeto della mangiata sulla mia esca: a quel punto, vista la consistenza dell’apparato boccale della canina, do delle vigorose ferrate per assicurarmi che gli ami si infilino nel palato.

Quarto atto: le fughe - La tensione è alta perché questo è il momento più delicato, il pesce tenterà di sicuro di intanarsi o di rompere la lenza sfregandosi sulle rocce della parete. Quindi effettuo il recupero in maniera molto energica in modo che la testa del pesce resti sempre verso l’alto impedendogli la fuga. Qui mi rendo conto della mole del pesce: è enorme! L’animale tenta una prima volta la fu-ga, ma fortunatamente il primo recupero è bastato perché non riuscisse a riprendere il fondo. Purtroppo per la mia schiena (lo pagherò per la settimana successiva) il pesce ha ritentato la fuga altre 5 volte.

Quinto atto: il recupero - La mangiata è avvenuta a 170 metri, ciò vuol dire che mi tocca penare parecchio e il barotrauma del pesce è iniziato a presentarsi intorno ai 60 metri dal fondale. Da quel momento la cernia ha smesso di combattere, ma mancano ancora 110 metri per portarla a bordo. La tensione aumenta. Non sono sicuro che l’apparato pescante regga, e in particolare che gli ami si possano strappare. A 40 metri dalla barca vediamo delle enormi bolle d’aria: la pressione ha fatto gonfiare la vescica natatoria che a sua volta ha fatto estroflettere lo stomaco rigirandolo come un calzino… mi rendo conto di avercela finalmente fatta, in quanto, anche se si fosse slamata sarebbe comunque risalita a galla.

Sesto atto: la visione - Lo stupore è enorme : mai pescata una cernia così grande. Con l’aiuto di Matteo e Salvatore, compio l’ultimo sforzo e riusciamo a issarla in barca. Un dolore lancinante ai reni, e il tremore delle mani e delle gambe, seppur tra urla di festa e abbracci, mi impongono di sedermi. Non riesco a staccare gli occhi di dosso da quel meraviglioso esemplare, e a distanza di sei mesi ricordo ancora ogni secondo di quell’avventura.

Settimo atto: la conclusione - Nonostante non fosse neanche ora di pranzo, decidiamo di comune accordo di rientrare, in quanto il mare ci aveva già dato tanto, seppur consapevoli del fatto che se fossimo rimasti probabilmente avremmo avuto ulteriori gioie. Se vi state ancora chiedendo quanto pesava la cernia: ebbene sì… quasi 40 chili! Auguro a voi tutti di poter vivere un’esperienza simile, prenden-do un pesce di questa mole con un’attrezzatura così leggera. Infatti posso garantir-vi che, sebbene, abbia preso pesci ben più grandi, come tonni e ricciole, la soddi-sfazione di questa cattura con questa tecnica non è stata inferiore. Si torraus a intendi a s’articulu chi ‘enidi… Bellu mari a totus!