Italian Style

Italian Style

Ho lasciato il cuore a Cape Cod, quando, a soli 15 anni, lo visitai per la prima volta con i miei genitori, e decisi che un giorno, mi sarebbe piaciuto  pescare lì per lavoro. Quelle belle aragostiere americane con quei mu- linelli giganti dorati, quelle canne che fiere e alte sporgevano dai pozzetti sgomberi da qualsiasi seduta o accessorio per fare spazio alle grandi prede, erano immagini nitide e ricorrenti nei miei sogni a quei tempi. Gli anni passano e spesso i sogni vengono riposti e dimenticati in un cassetto, ma non è questo il caso; all’età di 20 anni presi la decisione reale di lasciare la mia amata Sardegna, per me casa,  scuola di pesca e di vita, per trasferirmi in Massachusetts, iniziando a lavorare come mate sulla barca della mia ex guida di pesca Alan. Respiravo un’atmosfera di storia al mio arrivo, la storia della pesca del mio cuore, alla quale ero stato iniziato sul mio Novamarine nelle Bocche di Bonifacio, quella del tonno rosso con esca viva, che ho sempre reputato più pulita ed affascinante rispetto al classico drifting con le sardine. Ero inconsapevole ancora del fatto che quella mia formazione alla pesca col vivo al tonno in Sardegna, si sarebbe rivelata un tassello fondamentale per la mia esperienza americana. Avevo portato con me una canna anellata da 80 lb standup molto corta, un mulinello 30 lb imbobinato con trecciato cavo da 80 lb, un corto preterminale di 10 m di nylon dello 0,90 e un terminale da 130 lb in fluorocarbon: un settaggio analogo a quello della traina col vivo, solamente con fili più grossi.

“Gli ho rotto così tanto le scatole con questa traina che se ora non allamiamo e qualcuno allama a scarroccio vicino a noi faccio una figuraccia”.

Al mio atterraggio l’avevo riposta in cantina, poiché le volte che l’avevo fatta vedere agli amici americani, nessuno di loro mi aveva preso sul serio: “guarda che pesci ci sono qui, io l’anno scorso ne ho perso uno sulle 130 lb che si è portato via tutto il filo! Non va bene questa roba qui, al massimo ci puoi pescare i merluzzi”; erano dei bravi pescatori, pescavano i tonni da tanti anni e di sicuro, ne avevano visti molti più di me, soprattutto quelli giganti, e quindi mi fidavo di loro, anche se in cuor mio, come mi sarebbe piaciuto poter sentire uno di quei pescioni far pressione sul calcio della canna premendomi il piatto della black magic sulle gambe, ero sicuro che si potesse fare, d’altronde era già stato fatto in passato. Gli americani pescano a scarroccio, calano 2 o 3 canne, la più lontana a galla, la più vicina raso fondo, la media a mezz’acqua, senza pasturare per via dei tantissimi squali presenti. Le esche predilette sono sgombri, che in grande quantità popolano queste acque e convincono i tonni a non lasciare Cape Cod fino a dicembre, grossi merluzzi e pesci serra. Pescano con dei terminali molto grossi, 180 o 200 lb di fluorocarbon, quasi sempre ami dritti e di filo molto robusto. Prima con le ricciole e poi con i tonni, ho sempre pensato che la presentazione dell’esca viva sia al massimo della sua efficacia se trainata alla velocità massima che l’esca stessa possa sopportare, e per questo la tecnica americana non mi convinceva in condizioni di mare calmo e scarroccio minimo: quei grossi fili morti in acqua con quegli sgombri che in maniera poco naturale nuotavano attorno al piombo rendendo il terminale visibile e poco catturante. Era il 18 di agosto, nei mesi precedenti avevamo preso molti pesci, anche molto grandi, con la tecnica americana e le canne in murata, e Alan riponeva in me molta fiducia riguardo alle decisioni da prendere a bordo durante le pescate. Quel giorno c’era un caldo afoso, il mare sembrava uno specchio e la corrente era minima; c’erano almeno cento barche all’orizzonte ad osservare questi palloncini che venivano trascinati disordinati in balia del nuoto sbilenco degli sgombri esca, ma nessuno aveva fatto manovre strane a dire che nessuno aveva allamato un pesce ancora.

Quella canna 80lb anellata me la portavo dietro occasionalmente ma non l’avevo mai calata, fino a quel giorno: “Alan, i pesci ci sono, li abbiamo marcati diverse volte, non gli piacciono gli sgombri buttati lì così, finché non sale un po’ di vento, perché non proviamo a trainare? Io in Sardegna li prendo così, sono pur sempre tonni!” Mettemmo uno dei due motori in marcia, e mentre Alan recuperava le 130, io calavo lo sgombro innescato a catalina con una spezzata di piombi da 100 g per mantenere l’esca circa a mezz’acqua su un fondale di 30 m. “Gli ho rotto così tanto le scatole con questa traina che se ora non allamiamo e qualcuno allama a scarroccio vicino a noi faccio una figuraccia” pensavo. Come ricordo quel primo palloncino che ho visto affondare fuori Capo Figari in maniera nitida, ricordo di quel giorno, mentre facevo la bocca di lupo all’elastico per mettere l’ultimo piombo, due colpi di coda dello sgombro, un po’ come quando ha dietro la ricciola e prova a scappare. Quel giorno però, non c’era una ricciola dietro al mio sgombro, eravamo in mezzo all’Atlantico, e nella patria del tonno gigante; l’elastico mi si allungò in mano, feci giusto in tempo a chiudere la frizione del mio 30 bobina larga e il cicalino inizió a strillare. Alan si mise a ridere, mi guardó e urló “Italian Style!!!”.  In circa 40 minuti portammo a bordo un pesce di 187 kg, non era un dinosauro, ma per me significava molto: intravedevo del potenziale in quelle acque non solo dal punto di vista commerciale del pescato, ma anche dal punto di vista sportivo, facendo divertire anglers provenienti da tutto il mondo combattendo il pesce più forte del mare, con le piccole canne, in standup, e rilasciandoli anche quando la stagione commerciale fosse chiusa. Da quel giorno, Alan offre ai suoi clienti dei charter la possibilità di combattere i tonni giganti in standup, e negli ultimi 3 anni abbiamo portato alla pesa pesci da oltre 500 kg con le piccole canne. Nel 2020 nacque Tuna Whisperer Charters & Fishing Travels, il mio centro di pesca a Cape Cod insieme al mio socio Paolo, specializzato nella pesca al tonno gigante in standup, proprio lì dove le canne lunghe e I mulinelli enormi dorati sono stati inventati. È per me un grande orgoglio poter portare l’italianità della nostra tecnica in un posto così ricco di storia, nel rispetto e ricordo di una tradizione affascinante.