Il Tonno Bianco

Il Tonno Bianco

Il caldo estivo, per tanti appassionati, è una condizione troppo rigida per trascorrere una giornata in mare a traina, magari col vivo, a velocità bassissime. E non basta l’idea che sia possibile fare catture da capogiro, a meno che non si trovi la maniera di mitigare il calore insopportabile. In questo caso, possiamo correre in mare, con le esche artificiali, anche a 10 nodi, e sperare in un minimo refrigerio e, nei giusti modi, di catturare il famoso tonno bianco, altrimenti tonno alalunga (Thunnus alalunga). L’alalunga è un tonno simile al rosso, più modesto nelle dimensioni (max 100 cm), con gli occhi grossi e le pinne pettorali particolarmente lunghe. Si chiama bianco perché la carne non è rossa come il Thunnus thynnus, che tanto piace ai giapponesi, ma rosata e di pari valore, se non, per alcuni, addirittura superiore.


In Sardegna
Le acque nord-orientali della Sardegna risultano particolarmente ricche di questo pesce, soprattutto nel periodo che va da aprile a ottobre. Grazie a questa condizione assolutamente favorevole, si è sviluppato un interesse generale, sia turistico che agonistico, di forte rilevanza che richiama alla Marina di Porto Rotondo un gran numero di imbarcazioni. Quest’anno, la Fishing division dello Yacht club Porto Rotondo, sodalizio nautico fondato nel 1955, oggi guidato da Roberto Azzi, promuove per il 20-21-22 agosto, la TheO’ - Porto Rotondo offshore classic edition. Il più grande evento di traina d’altura della stagione di pesca 2020 in Sardegna, naturalmente diretto da Sandro Onofaro. L’interesse è tale che travalica il puro evento sportivo, viste le implicazioni scientifiche introdotte da Massimo Brogna, trustee dell’Igfa e coordinatore del Mediterranean spearfish project. Il tutto condiviso e sostenuto dalla Divisione motori marini di Ftp industrial, partner ideale per lo sviluppo di nuove sinergie con la pesca dalla barca in generale, e la traina d’altura in particolare.


Alalunga
E’ un pesce bellissimo e buonissimo a tavola. Spesso, appena catturato s’illumina per un’infinità di macchie bianche, soprattutto nella testa, che purtroppo svaniscono dopo solo qualche attimo. La pesca ideale è la traina d’altura, almeno nel Tirreno, da aprile a ottobre. Nei primi mesi accostano gli esemplari più grossi, poi, da metà giugno, si affondano su batimetriche più profonde, da 500 a 2000 metri. E’ un pesce di branco e quindi bisogna preventivare frequenti strike multipli, in contemporanea, sopratutto se cercati con almeno due esche uguali che lavorano a uguale distanza. Infatti, se le alalunghe aggallano, ad esempio all’altezza della settima onda e lì trovano due esche, è molto probabile uno strike doppio. Purtroppo questi eventi creano quasi sempre confusione nel pozzetto, se non panico, e per essere gestiti razionalmente necessitano di un ottimale assetto di pesca, un’equilibrata disposizione di canne e esche e, se possibile, un equipaggio esperto e affiatato. In primavera, con i tagli di acqua fredda superficiali, può essere vincente affondare una canna. In particolare, con un assetto standard, 8 nodi di velocità, divergenti e esche in superficie, si cala un’esca affondante, un minnow che può essere un tradizionale Rapala magnum 18 cm o un Xrap 30. Filati 20 metri di nylon si aggiunge un piombo da 500, grammi, poi altri 30 metri di filo e di nuovo una zavorra di 750 grammi o un chilo. Diamo ancora 40 metri e in tutto contiamo un’armatura di 90 metri circa. L’ideale è posizionare il minnow all’altezza delle esche più lontane, quelle gestite dai divergenti. Questo perché il branco non vede in superficie per via del termoclino, e invece scorge il rapala che naviga a 10-12 metri di profondità. Quindi, la prima esca che verrà attaccata, in teoria, sarà proprio quella, la più profonda. Il bello è che tutto il branco si muove verso la superficie fino a scorgere anche le altre esche che stanno in alto. Il minnow, quindi, oltre ad essere un’esca catturante riveste, in questo caso, anche la funzione di teaser e lo strike multiplo diventa pertanto una “obbligata” conseguenza. In generale le esche preferite sono scure, con tinte viola, nero e blu. Non per questo sono da scartare quelle chiare che useremo magari per disperazione in preda allo sconforto. La taglia si attesta sui 12-18 centimetri, preferibilmente jet con la testa metallica, affondante, e Kona con la testa di resina. Un’altra esca di successo è la piuma, sempre scura, da 10 a 20 cm. In là con la stagione, quando l’acqua si riscalda, l’alalunga si affonda su batimetriche più importanti, tra i 500 e i 2000 metri. I teaser più utilizzati sono i bird sia singoli che in collana. I terminali sono generosi, intorno al millimetro e mezzo, tanto per affrontare anche eventuali altri pescioni come il tonno rosso, l’aguglia imperiale o lo spada. Quando parte un pesce non bisogna rallentare o peggio fermarsi, conviene continuare a navigare sempre a 8 nodi per 20-30 secondi. Infatti è facile che gli altri pesci del branco abbocchino alle altre esche. Il combattimento varia rispetto al tonno rosso che tende ad andare giù. Di solito l’alalunga fa la fuga iniziale e si stabilizza poi a 20-30 metri sotto, per aggallare una volta sotto la barca. Quando si individua un’area fertile è buona norma prendere il punto e ripassarci, la probabilità di ritrovare il branco è alta. In alcune parti, sempre nel Mediterraneo, la velocità di traina si ferma a 5,5-6 nodi. La raagione è che usano minnow piccoli (12-14 cm) che non riuscirebbero a reggere la velocità di 8 nodi. Così facendo però percorrono meno spazio limitando la possibilità di incrociare il banco di alalunghe. “Mi è capitato - racconta Onofaro - che un comandante portò erroneamente la barca a 9,5 nodi e io vidi chiaramente l’alalunga risalire l’onda più volte finché al terzo tentativo abboccò.”.