Il Primo Passo

Il Primo Passo

L'inizio spesso è il momento più affascinante di un viaggio. Carico di aspettative, incognite e speranze. Questo approccio vale anche quando il viaggio non è tracciato su una mappa. Chi si avvicina alla pesca lo fa perché desidera vivere il mare in modo coinvolgente, in prima persona. Ripone nella pesca la speranza di “staccare”, vede nell’incognita di un lancio l’ebbrezza della possibile vittoria e queste sono aspettative plausibili a patto di organizzare la partenza. Se poi l’avventura ha come traguardo lo spinning in mare, allora bisogna scegliere con cura il momento del primo passo. A meno che non si parli di viaggiatori “estremi”, nessuno sceglie la meta nel periodo dell’anno in cui questa si rivela più inospitale. Questo può essere l’obiettivo solo di chi ha già le idee chiare. Vale anche per lo spinning. Approcciare la pesca con l’artificiale scegliendo come compagni di viaggio il freddo e la pioggia dell’inverno può allontanarci da questa passione, inesorabilmente. Ma adesso, nei mesi di agosto e settembre, le temperature miti ci invitano a uscire da casa, galvanizzati e pronti per intraprendere un nuovo affascinante percorso. Certo, alcune tra le prede più ambite e in primis la spigola, in estate sono davvero rare, ma all’inizio è fondamentale “trovare” i primi strike, quelli necessari ad alimentare la passione, alzare l’asticella, farci intuire le potenzialità dello spinning. Partiamo dalla più bella caratteristica di questa tecnica: il totale controllo durante tutta l’azione di pesca. Dal lancio, al momento in cui l’artificiale tocca l’acqua, al recupero e l’eventuale ferrata, tutto nello spinning avviene “sotto i nostri occhi”. Se scegliamo bene gli attrezzi saremo in grado di sentire tutto, con la mano stretta al manico della canna, con le dita che avvolgono lenza del mulinello, con il polso attraversato dalla vibrazione di un improvviso attacco... Tutti gli spinner che conosco ricordano con assoluta chiarezza il primo strike in mare; non vale lo stesso per altre tecniche di pesca…

La prima canna
Dalle rocce, dai moli e camminando in spiaggia. In estate le occasioni per “spinnare” sono molteplici, di giorno e di notte. Meglio non specializzarci, almeno in questo primo step. Parlando di canne, potete bene immaginare la vastità di proposte disponibili. Così tante che un occhio non esperto potrebbe confondersi. Semplifichiamo la scelta. Lunghezza e azione del fusto sono le due caratteristiche dominanti. Parlando di lunghezza, più in alto decidiamo di sistemarci, più la canna sarà lunga. Se peschiamo da alte scogliere e moli rialzati una canna con una lunghezza anche oltre i 270 centimetri ci permette di usare artificiali che abbisognano di essere animati con la punta della canna il più vicino possibile alla superficie del mare: darter, wtd, alcuni importanti movimenti dei popper. D’altra parte, pescando con i piedi a livello del mare, come succede dalla spiaggia, o in presenza di ostacoli alle nostre spalle, un fusto corto facilita l’azione. In questo caso la lunghezza non supera i 180 centimetri. Capirete bene che la scelta da fare all’inizio è una via di mezzo, intorno a 210 centimetri. Azione di punta, azio-ne parabolica, fast, super fast… No, adesso non è il momento di impazzire dietro alle sigle. Il fusto deve avere un ampio spettro di potenza, dai 7 ai 30 grammi o appena oltre in modo da poter accogliere artificiali un po’ di tutte le specie e materiali. All’inizio dobbiamo avere la libertà di provare gomme, piccoli minnow, wtd, grossi popper e jig. Saranno le esperienze sul campo a suggerirci che strada intraprendere, a svelarci che tipo di spinner siamo, amanti delle scogliere affacciate su abissi profondi o delle piane schiumose, dei lunghi sentieri portuali o della soffice sabbia. Per il momento scegliamo una configurazione che ci permetta di provare tutto.


La qualità del mulinello
Maggiore attenzione è necessaria nella scelta del mulinello. La qualità si paga e il prezzo può sembrare a volte eccessivo. Ma un mulinello economico, a medio termine ci costa molto di più. Mi spiego. Può sembrare inutile scegliere un buon mulinello, pagandolo il doppio e anche di più, rispetto a un modello economico. Uno sguardo distratto nota solo un maggior peso del secondo. Il prezzo però è stabilito soprattutto dalla qualità della meccanica: resistenza strutturale, cuscinetti, boccole, alberini… Tutta “roba” che non si vede e che quindi non si “pesa” al momento dell’acquisto. Un mulinello economico generalmente lavora bene solo nelle prime due o tre uscite; ma presto mostra tutti i suoi difetti: l’avvolgimento irregolare delle spire, la corrosione dello scorrifilo e di tutte le parti esposte alla salsedine, l’imprecisione della frizione… Tutti fattori che portano al consumo prematuro del filo in bobina (trecciato o nylon) e rendono l’azione di pesca disarmonica e fastidiosa. Inizia così una spiacevole odissea che termina immancabilmente con la decisione di comprare un nuovo mulinello. Facciamo quindi uno sforzo, più mentale che economico, e anticipiamo gli eventi anteponendo nella nostra prima scelta la qualità.

Una manciata di artificiali
Ormai il trecciato ha quasi del tutto soppiantato il nylon in bobina. Il costo del filo trecciato è notevolmente diminuito, non le sue migliori qualità. La poca elasticità del trecciato permette di “sentire” l’artificiale che nuota, che vibra, che viene attaccato. La ferrata è istantanea, sicura, senza scampo per la preda. A parità di carico di rottura il trecciato è molto più fino del filo in nylon e quindi fa volare più lontano gli artificiali. Il peggior difetto del trecciato è la vulnerabilità allo sfregamento. Basta un accidentale contatto con una roccia tagliente a segare di netto il filo. Ma se siamo consapevoli di questo possiamo prevenire il pericolo, scegliendo spot adatti, lanciando lontano dagli ostacoli sommersi. Sempre per rimanere su una configurazione generale, un buon 20 libbre combina resistenza con sottigliezza. Al trecciato in bobina si lega uno spezzone di fluorocarbon. La sezione dovrebbe variare in virtù di tanti fattori ma visto che vogliamo parlare di un primo approccio allo spinning e visto che questo deve avvenire in estate, opteremo su uno 0,40, abbastanza per permetterci recuperi sereni anche con prede forzute, quali serra e piccole ricciole, sempre che intorno a noi abbiamo acque libere da ostacoli. Al fluorocarbon leghiamo il moschettone. Scegliamo un modello che ci faciliti il “cambio gomme” e permetta la sostituzione in velocità e al buio. E veniamo all’ultima scelta, quella che poi, quando entriamo in un negozio di pesca, ci colpisce per prima. Gli artificiali. Voglio abbandonare del tutto la teoria, la ragione, l’esperienza. In tutte le cose serve un po’ di pazzia. E allora, lasciamo che a guidarci sia questa; scegliamo gli artificiali non in base alle loro caratteristiche strutturali; ci sarà tutto il tempo per capire, uscita dopo uscita, chi serve, dove e quando. Adesso siamo in partenza, sul punto di scegliere i nostri primi compagni di viaggio. Certo, se volete potete ascoltare i pareri di amici più esperti. Ma, personalmente vi urlo: “Buttatevi!” Prendete quei due o tre artificiali che vi sembrano più… simpatici. Sì, colori e forme a vostro piacimento. Non vi fidate? Andatevi a leggere le specifiche (quasi sempre in giapponese) riportate nelle confezioni, non servirà ad altro che a confondervi ancor più le idee. Questo non è il momento delle scelte razionali. Prendete i vostri 2 o 3 amici, salite su una scogliera, sul bordo di un molo o bagnate i piedi in riva al mare e lanciate. Sfruttate i cambi di luce, in assoluto i momenti migliori per molte tecniche di pesca e lo spinning non fa eccezione. Lanciate sino a quando la notte dà il cambio al giorno; lanciate sino a sentire la spalla indolenzita; lanciate sino a perderli i vostri amici che tanto all’inizio gli artificiali ci salutano presto. Questo è il momento di partire, sfruttiamo i venti favorevoli, gonfiamo le vele.