L'autore con un bel dentex del mare Tirreno catturato con un'esca viva.
Abbiamo visto quanto la pratica del C&R sia efficace con i rostrati nel Mediterraneo e quanto seguito stia riscontrando la traina d'altura. Con gli sparidi e il dentice in particolare dobbiamo adottare altre misure di rispetto: l'astinenza nel periodo di riproduzione della specie, pare proprio la migliore.
Uno dei pesci più insidiati nel Mediterraneo per mano dei pescatori sportivi del sottocosta è certamente il dentice. Questo pesce meraviglioso, bello nella forma e nei colori, ottimo in cucina fino alla mezza taglia, è grosso abbastanza da ingaggiare combattimenti impegnativi. Il Dentex dentex è presente in tutti i mesi dell’anno e in alcune parti, è addirittura declinato in un’altra specie, il Dentex gibbosus, ancora più grosso, meno bello, se adulto, per la caratteristica gibbosità sul capo, ma combattivo come pochi. Vuoi per la limitata distribuzione del gibbosus, vuoi per le consistenti colonie ubiquitarie nel nostro bacino, il dentice volgare è certamente la preda principe della traina costiera.

In tempi remoti è stata questa infatti la tecnica di pesca più diffusa, rigorosamente praticata con l’esca viva. Allora andava in voga l’aguglia, imprescindibile esca, secondo alcuni, che si catturava sempre a traina, a tre nodi circa, rasentando gli scogli con un verme, anch’esso vivo e innescato con due piccoli ami. In alternativa, sempre nella speranza di attirare l’aguglia e imprigionare con i filamenti di cotone il suo lungo muso dentato, si usava la matassina, oggi riproposta con forza e successo da Skeinfish. Ma, sempre a traina per dentici, spesso, anche per mancanza di materia prima fresca, si utilizzavano le esche finte, vedi minnow o cucchiaini, affondati anche con il monel, una lenza metallica, oggi in disuso e anche allora considerata non abbastanza sportiva. In seguito, nella storia recente, responsabile il fishing style nipponico, è intervenuto l’allora famigerato vertical jigging, una tecnica rivoluzionaria che assicurava risultati sorprendenti, tanto da essere oggetto di forti critiche da parte degli ambientalisti più intransigenti. In effetti, allora come oggi, questa tecnica ha completamente sdoganato e in maniera decisamente brutale le esche artificiali, ossia due ami legati a una volgare barra di metallo più o meno colorata da muovere freneticamente su e giù. Ma non fu un fenomeno duraturo perché il vertical veniva declinato, sempre nel Sol levante, in una serie di tecniche simili ma tutte o quasi, qui in Italia, adatte per la pesca del dentice, inchiku e slow jigging su tutte.

Pallucella - L’ultima frontiera per insidiare il dentice è il rockit, una tecnica che ritorna all’esca viva e ancora una volta con una capacità di cattura impressionante. In pratica consiste nel calare sul fondo una zavorra a forma di palla, da qui la tecnica “palluccella”, colorata, da cui si diparte un filo o due di una ventina di centimetri con uno o due ami che trattengono un’esca viva, generalmente un calamaro. Tutto ciò quando il display dello scandaglio segnala la presenza della preda.


La palluccella in due versioni.
Bene, tutto sto pippone, ve lo proponiamo perché il dentice è un animale divertente, insidiato come avete letto, in tanti modi e sempre più catturanti. Con un’arma, la tecnologia, che in barca guadagna sempre maggiori spazi aumentando le nostre possibilità di pesca. È un pesce che tutti noi vorremo continuare a pescare, all’infinito. Ma è anche una preda che risente del prelievo sia del pescatore professionale e, anche se in misura quasi trascurabile, da noi stessi sportivi. Quindi è una specie da tutelare per assicurare ai nostri figli di ripetere le stesse incredibili emozioni che noi abbiamo provato e che speriamo di non dimenticare mai.

Abbiamo anche scritto che il dentice è un animale che si pesca tutto l’anno con stagioni più o meno fortunate. Una di queste è la primavera, tre mesi che coincidono col periodo riproduttivo della specie. In questa fase della vita il dentice abbassa le difese e abbocca più o meno a qualsiasi esca, naturale o meno. Sono due-tre mesi cruciali, nei quali il futuro della specie viene messo in discussione. In questo periodo il prelievo indiscriminato della pesca professionale mette in serio rischio la capacità della specie di sopravvivere, al punto che anche il nostro intervento andrebbe limitato al massimo. E visto che il nostro è solo un divertimento, valutiamo i rischi e comportiamoci di conseguenza, così che il mare possa concederci ancora la possibilità di praticare la nostra passione, magari con tre mesi di moderazione, in modo che mai debba finire.


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