Da sn: Rocco Cuccaro, Fabio Dessì, Luca Vallicelli
Lo scorso anno a Portoscuso, un grande Fabio Dessì, elettricista alla Carbosulcis, atleta della Tana di Aggius, favorito al Campionato italiano assoluto di pesca in apnea, vinse una gara spettacolare contro atleti di grande valore. Per alcuni però, senza malizia, il livello agonistico non era completamente espresso, visto che i titolari della maglia azzurra erano, in quei giorni, impegnati sul fronte internazionale. Ma il nostro Fabione, a fine giugno, a Gallipoli, nelle cui acque pugliesi del mare Ionio non si era mai immerso, si è ripetuto con una performance cristallina, sincera, che rimarrà alla storia perché scritta da un carniere spettacolare, irraggiungibile e irripetibile.

È vero che il meteo non ha consentito lo svolgimento della seconda manche, impedendo una possibile ma improbabile rivincita dei secondi, ma è altrettanto vero che il divario tra la testa e il resto del gruppo era abissale. Sparata la notizia che a prima vista implicherebbe una buona dose di fortuna, chiediamo a Fabio qual è il motivo del successo. “In preparazione, assistito da Matteo Piras, insostituibile barcaiolo, mi sono reso conto che c’era molto pesce, probabilmente in avvicinamento sulla fascia costiera di nostro interesse, e quindi non ancora stabilizzato. Era pesce mobile, anche importante, tante cernie, bianche e dorate, anche “imbrancate”. Ma, ripeto, era pesce mobile che vedevi in un tuffo e spariva alla successiva discesa. Insomma le tane non erano affidabili. Non c’erano abbastanza probabilità di marcare un punto e trovarlo abitato in gara.

Così, finiti i dieci giorni di preparazione, mi sono convinto che in quel fondo di grotto monotono e sterile, privo di roccia e vegetazione, la strategia più efficace non sarebbe stata la caccia in tana, ma la pesca a vista.”. Il giorno della gara non c’era vento, solo un filo di corrente e una buona visibilità, era una bellissima giornata. Io col 115 a poppa parto con un minuto di ritardo e noto che il grosso degli atleti si dirigeva da altre parti, quasi certamente sui punti marcati per le cernie bianche. Io però mi trovavo in mare da solo, senza quella concorrenza che avrebbe potuto disturbare la mia azione di pesca. Ero tranquillo. Al primo tuffo plano su un “corvine da 3,5 kg + dentici”. Poi mi dirigo verso “dentici orate e bianca” e concludo su “bianca, dentici, ricciole e saraghi”. Tutto su quote da 40 a 45 metri. Raccolgo infine 10 pezzi tra i quali due ricciole e un dentice di oltre cinque chili.

Sul podio? Il podio consacra la vittoria, l’emozione si libera e ti riempie di soddisfazione. Pensi alla famiglia, al ritorno a casa, vorresti i tuoi cari con te. Sai che ci saranno successivi momenti di gioia che ti aspettano, a casa. Devo dire, che questa volta, nell’ambiente, ho sentito più calore e affetto rispetto a altre simili circostanze.
Il futuro? Non so, penso che si rafforzeranno le collaborazioni con le aziende. Poi c’è la nazionale e magari, nell’ottica di un ulteriore upgrade sportivo, la licenza di pesca professionale.










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