I Tonni... di Corsa

I Tonni... di Corsa

Il successo della traina d’altura ha determinato, in questi ultimi anni, un’evoluzione importante e inaspettata della disciplina. Infatti si è scoperto che questa tecnica si può praticare non solo con i grossi fisherman da mille e una notte ma con una fascia di imbarcazioni molto più ampia visto che i pesci, quelli importanti, si possono pescare anche più vicino alla costa. Ancora non è ben chiaro se la “scoperta” sia dovuta a sfacciati e ripetuti tentativi ad opera dei più audaci angler, oppure a mutate e più favorevoli condizioni ambientali. Di fatto si è aperto un nuovo mondo. Un mondo dove è possibile pescare le aguglie imperiali, ad esempio, o i tonni di branco e non di branco da 40-60 chili e le specie affini, e anche le lampughe, a traina di superficie veloce, anche su batimetriche di 50-100 metri. Tutte quelle imbarcazioni in vetroresina o gomma del tipo fino a ieri considerate “vorrei ma non posso”, diciamo comprese tra i 18 e 23 piedi, quindi la stragrande maggioranza delle barche da pesca che circolano nel Mediterraneo, sono di fatto sdoganate e parificate, o quasi, a quelle dell’altura classica, quelle di tutti i mari del mondo, che consentono di navigare in sicurezza a distanze notevoli dalla costa. Fatta questa premessa, la traina d’altura è la pesca di questa stagione, anche perché ci si allontana dal puro sottocosta e quindi non si hanno complicazioni legate al traffico nautico, soprattutto nell’area nord-orientale della Sardegna, e si naviga a distanza di sicurezza dai parchi, aree marine protette e così via. Da luglio a settembre il target è l’aguglia imperiale, l’ottima alalunga, la lampuga, il tonno di branco o più gros-si, più vicini alla costa. Negli ultimi anni, inoltre, abbiamo riscontrato la presenza del tonnetto striato, lo skipjack tuna (Euthynnus pelamis). Poi catture accidentali ne capitano sempre, vedi tre anni fa lo squalo mako a traina con un artificiale, palamite ecc. Di certo si tratta di animali adulti che hanno attraversato più cicli riproduttivi e comunque sempre di una certa taglia.

“In otto ore di pesca un buon ritmo è quello di cambiare l’esca ogni due ore per capire se in quella zona preferiscono una dimensione o un colore diverso.”.

Attrezzatura
In termini di armamento si parte sempre da una canna da 30 libbre che può essere sia carrucolata sia montata con anelli tradizionali. Le carrucolate sarebbero più indicate ma, in occasione di pesci tipo aguglia o lampuga, pesci di superficie, anche le canne anellate vanno più che bene perché le partenze non sono così brucianti e il filo non si compromette. Il filo è una classica lenza, rigorosamente, e pure robusto: 50 lbs, giallo fluo perché visibile anche con sole alto. La sezione può apparire sproporzionata, anche rispetto al libraggio della canna, ma è corretto che sia di un buon diametro. Non perché deve resistere alla trazione della preda, ma deve tutelarci durante la marcia nel caso, abbastanza frequente, soprattutto durante una virata, che un’esca vada su un’altra lenza o che due lenze s’incrocino o perché la pinza dell’outrigger potrebbe pizzicare il filo e ridurne il carico di rottura. Su tutte le canne è indispensabile un terminale di 1,2 millimetri o 1,4 lungo almeno 4 o 5 metri, con una girella e moschettone a cui collegare dei richiami per le esche di superficie: bird di plastica o legno, collana di calamari, deisy chain color rosso, rosa, bleu. L’obiettivo del lavorio in superficie è quello di simulare un banco di pe-sci e per questo, subito dietro i richiami, uno due metri circa, posizioniamo un’esca, vera, con tanto di amo robusto. Ad esempio un jet un pochino più affondate, oppure un kona con la testa in plastica nelle misure dai 12 ai 25 centimetri. In barca non può mancare una buona scorta di esche, diverse per tipologia, per colore e dimensione. Infatti i pesci abboccano in funzione della mangianza presente in quel momento e l’esca, pertanto, va di conserva. Oppure si decide di ribaltare la teoria più ortodossa e calare un potenziale asso vincente, ossia un’esca che rompe gli schemi e si presenta in netto contrasto con l’ambiente o la mangianza che dovrebbe simulare. Quindi, in un assetto ideale, tra 9 e 12 canne, devono rientrare esche grandi, piccole, colorate diversamente con toni scuri o chiarissimi, tipo giallo fluo, arancione, verde acceso. Tutto ciò in una rotazione che serve per trovare l’esca giusta e doppiare o moltiplicare quella vincente per fare più catture. In otto ore di pesca un buon ritmo è quello di cambiare l’esca ogni due ore per capire se in quella zona preferiscono una dimensione o un colore diverso. Sui minnow non c’è storia. I Rapala sono vincenti, e in particolare gli affondanti, per tonni e alalunghe, soprattutto per queste ultime. Questi vanno abbinati ai piombi a sgancio rapido da 700 gram-mi e fino a un chilo, indispensabile per fargli fare metri in profondità. Più si va a fondo, più le alalunghe sono stimolate all’attacco. La giornata ideale si fa con una barca armata con divergenti e sistemi a sgancio tipo clip che di solito sono Rupp marine knot out, oppure quelle con roller Aftco.

Oltre i divergenti, se sono di lunghezza sufficiente, mettiamo 3 canne vicine, più una piombata centrale e altre due, tre o quattro sotto la scia della barca. Sembra strano ma questi pesci sono attratti dalla scia, quindi calare un’esca molto vicina è sempre una cosa giusta. Il mese scorso abbiamo avuto (e qui evidentemente è Sandro il protagonista) un triplo strike con esche vicinissime, due nella prima onda e una sulla seconda. Anche le piccole imbarcazioni, pur senza divergenti possono navigare con 5 canne, molto distanziate e una sola ben zavorrata. Le canne sono da 30 lbs, così come i mulinelli. Mai manchi un buon raffio e guanti appositi. In tutti i casi la velocità di traina varia tra gli 8,2 e 8,5 nodi. Purtroppo non esistono riferimenti circa le batimetriche. Di migliori non ce n’é. Occorre spaziare dai 50 ai 1500 metri cercando in superficie le indicazioni giuste. Anche i tagli di corrente sono da osservare con attenzione, alla torre ma anche alla guida. Si notano perché la superficie marina appare liscia da una parte e increspata in quella adiacente. Su fondali importanti, 1000-1500 metri, le secche significative possono determinare correnti ascensionali (up welling) che alimentano la catena alimentare fino in superficie. Solo per questo dato potrebbe valere la pena di navigarci sopra. Comunque poniamo sempre attenzione alla normativa circa la cattura del tonno rosso. E per quanto riguarda l’aguglia imperiale, detto che si concentra su batimetriche da 50 a 500 metri, a seconda dello spot non troppo distanti dalla costa, visto che non è un animale di pregio, fatta la prima cattura, facciamocela valere per tutta la stagione. È un pesce non protetto ma oggetto di studi e ricerche che vede impegnati in primo piano anche molti di noi.