I Dentici di Terranoa

I Dentici di Terranoa

Una delle aree più pescose dell’isola è sicuramente quella nord orientale poco a nord di Olbia. Non per niente lì operano con successo una miriade di professionisti e in particolare la Fishing division dello Yacht club di Porto Rotondo diretta da Sandro Onofaro. Quindi, oltre la traina d’altura, una specialità molto praticata è quella quella della traina costiera, in particolare con esca viva per la cattura del dentice.

Il dentice
C’è da dire che la presenza di questo predatore è costante in tutte le stagioni. E’ vero che lo sparide cambia abitudini a seconda del periodo, ma noi sappiamo che d’estate il predatore si spo- sta su acque piuttosto basse (25-40 metri) e si pesca prevalentamente col vivo, altrimenti con artificiali, soprattutto ad inizio stagione. Il dentice è un pesce di taglia importante con esemplari che spesso raggiungono i 10 kg. In Primavera e Autunno oltre alla tra-ina, più costiera con artificiali, e col vivo tra i 30 e 50-60 metri, possiamo includere il light jigging: kabura, inchiku e slow pitch. E si pescano anche più fondi tra 70-85 metri. Pertanto, con attenzione alle abitudini, il dentice si pesca per tutti i 12 mesi. Si inìzia a pescarli d’autunno con l’arrivo dei calamari, in tutte le secche tra 40 e 60 metri, col vivo, da Capo Figari a Porto Cervo. A differenza delle Bocche, do-ve in seguito alla pressione di pesca i dentici sono diminuiti, da noi il prelievo è rimasto costante e le catture sugli stessi livelli. Il dentice è un pesce scaltro che mangia in modo complesso, a tentativi, tanto che non è raro perdere la ferrata, specialmente con un’esca viva.

“Da fine primavera e fino a tutta l’estate l’esca regina è il sugarello, l’alaccia o lo sgombro, trainati in prossimità del fondo. In autunno con l’arrivo dei cefalopodi, l’esca regina diventa indiscutibilmente il calamaro.”

La pesca
Il primo passo è reperire l’esca. Da fine primavera e fino a tutta l’estate l’esca regina è il sugarello, l’alaccia o lo sgombro, trainati in prossimità del fondo. In autunno con l’arrivo dei cefalopodi, l’esca regina diventa indiscuti- bilmente il calamaro. La seppia è altrettanto efficace ma è più difficile da reperire. A differenza del sugarello che si traina a 1-1,4 nodi la traina col calamaro risulta più lenta: 0,8-1,2 nodi. La piomabatura varia da 300 a 700 gram-mi e tutta l’attrezzatura deve essere bilanciata su questi pesi. Il multifibra sarà quindi sottile per favorire l’affondamento, direi uno 0,20-0,22 (40 lbs), adatto a pesi leggeri per non perdere la sensibilità a favore dei pescetti disturbatori. Le canne sono da 12 a 20 lbs di 1,80-1,90 m di lunghezza, anellate, con azione parabolica ma nervosa, perché la ferrata deve essere immediata. Connettiamo il multifibra con uno pre terminale di nylon dello 0,60 lungo 15 metri, così da avere l’esca non troppo vicina al fondo e catturare anche la ricciola che normalmente mangia a mezz’acqua ma a fine autunno e d’inverno si schiaccia al fondo. Poi una piccola girella e ancora un finale di fluorocarbon di diametro tra 0,55 e 70, di lunghezza pari alla canna. Il FC è essen- ziale in quanto risulta invisibile e resiste ai morsi potenti del dentice. Gli ami sono del tipo da carp fishing, un po’ squadrati, rivestiti al teflon, rinforzati (6X) nelle misure 5/7 zero. Un trucco importante è quello di legare bene l’a- mo scorrevole con tante spire di nylon, così da renderlo quasi solidale al filo. E, soprattutto per i pesci grossi, è utile inserirei, perline morbide, anche fluo, tra un amo e l’altro. Così, se il pesce mangia sul trainante, le perline scorrono verso l’amo pescante e proteggono il nodo. Oppure si lega il pescante come se fosse un amo a paletta. Così, alla ferrata, l’amo trainante non lavora sul nodo del pescante ma sull’occhiel-lo. Alla ferrata il dentice spesso dà due o più morsi ma non si ferra. Quindi è bene controllare la canna con la punta abbassata verso il mare e aspettare che l’esca finisca in bocca. Ce ne accorgeremo perché la canna si piega di più rispetto ai primi morsi e solo allora dovremo ferrare due volte. Due ferrate perché se ha mangiato sul trainante la prima ferrata serve per farlo scorrere e mandarlo a battuta sul pescante. Se invece è ferrato sul ferrante così penetra nelle carni. Il dentice spesso si muove in branco e con due canne in pesca è verosimile fare una doppietta. È importante non fare più catture nello stesso posto. Meglio spostarsi su altri spot tanto quella è l’ora in cui mangiano. Ma mangiano anche a distanza di tante miglia. Quindi meglio trovare un altro spot magari sconosciuto che in caso positivo, arricchirà il nostro elenco di WP. Naturalmente è importante seguire le marcature. I dentici sono pesci di fondo l’eco li segnalerà in basso. A seconda del settaggio dello strumento, le marcature saranno però più o meno grandi, più o meno colorate. Pertanto è sempre utile ripassare sui segnali e per invogliarli, sollevare ogni tanto l’esca di una decina di metri.


Inchiku
Con questa tecnica, peschiamo soprattutto in autunno e inverno, dai 55-60 fino agli 85 metri. Si scarroccia su una zona conosciuta a velocità di 0,4-05 nodi, con esche da 120-250 gram-mi impreziosite da una striscetta di calamaro. A volte mangiano al volo, altre bisogna insistere sempre in scarroccio, muovendo lentamente l’esca per una quindicina di metri e ricalandola, sperando nell’effetto sorpresa che spesso regala catture. Non si tratta di una tecnica selettiva, infatti ai dentici si alternano paraghi, san pietro, scorfani e tutti i predatori di fondo. Ancora una volta è importante il fluorocarbon terminale, nei diametri tra 0,50 e 0,60 millimetri. Nel mulinello invece va bene il multifibra tra 8 e 10 libbre (0,10 mm). La canna si assesta sui due metri e mezzo, molto sensibile, con mulinello 4-5000 e 300 metri di multifibra collegata al nylon con un nodo FJ.