Ho appena spento la tv. Sinner e Berrettini spigono l’Italia sul tetto del mondo. Finalmente dopo diversi anni spesi per emergere da un cronico anonimato, il tennis tricolore risale la china e si esprime a livelli come mai sul palcoscenico internazionale. E nonostante la sconfitta ultima delle maglie azzurre nel prato verde, a opera dei cugini d’Oltralpe, anche l’Italia del pallone dà evidenti segni di ripresa e capacità di confronto, senza timori reverenziali. Potrei continuare ancora con altre discipline, ma credo che tanto sia abbastanza per convincersi che il momento d’oro dello sport italiano non sia soltanto una somma di episodi fortunati o il risultato di uno sforzo corale e coordinato, ma anche e forse soprattutto, di un’inespressa diversamente, esigenza di emancipazione: una risposta educata e gentile alle menzogne, ai compromessi, alle imposizioni di un mondo, per certi versi, in decadente trasformazione. Lo sport è fatica, abnegazione, rinunce e delusioni, ma anche orgoglio e soddisfazione. Già, soddisfazione! Come quella che oggi esprimono e noi con loro, gli atleti delle nazionali italiane maschile e femminile di surfcasting, per le due medaglie d’oro vinte a fine novembre nell’ultimo Campionato mondiale di surfcasting a Peniscola, nel versante Mediterraneo della Spagna. Un risultato per nulla scontato, cristallino e inconfutabile, sofferto e meritato, che all’oro dei team aggiunge l’oro e il bronzo, nella classifica individuale, delle immense, granitiche, Rosa Lubrano e Valentina Risalvato. Insomma, non lo dico io, ma è opinione comune che il guizzo di Peniscola ha fatto la storia, come una prova d’orgoglio che non vorrebbe finire.
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