D'Inverno sottocosta

D'Inverno sottocosta

L'immensità del mare suggerisce, al pescatore, orizzonti sempre più lontani, vergini e quindi ancora ricchi di pesci. Di fatto però la realtà è diversa. Intanto gli orizzonti sono difficili da raggiungere, da esplorare, mentre il sottocosta risulta ancora il polo biologico per eccellenza, l’area dove tante specie si avvicinano per la riproduzione, la fascia dove la biodiversità impera. Pensate, ad esempio, alla barriera corallina, ai tanti pesci colorati, alle indimenticabili immersioni. Bene, con i dovuti distinguo, possiamo paragonare questi suggestivi paesaggi tropicali, alla fascia più prossimale del nostro mare: il sottocosta. E la cosa interessante è che anche d’inverno, proprio in questi mesi, l’acqua meno profonda pullula di vita, ad esempio di spigole e di palamite. Complice il traffico limitato, la relativa calma e per spigola la biologia (la “regina” infatti si riproduce in inverno), questi pesci sono più tranquilli, meno sospettosi, quindi, insieme a sporadici barracuda, denticiotti, ricciolette e altri pinnuti occasionali, rappresentano il target della traina sottocosta invernale nella fascia che va dai 3 ai 15-18 metri.

Dove
Ristretto il campo d’azione in base alle batimetriche già citate riscontriamo che i fondali adatti sono praticamente tutti. Che si tratti di praterie a posidonia, sabbia o roccia non fa grande differenza, a parte il misto che forse è più battuto, in genere, anche da altre specie.

Pesci e esche
Nello specifico, la tecnica è simile per i due animali. Infatti, sia per la spigola che per la palamita, l’esca viaggia un po’ sollevata dal fondo e fino a metà, quindi, in dieci metri d’acqua può spaziare dal metro fino a cinque metri sopra. Le esche, sono di norma pesciolini artificiali lunghi dai 9 ai 14 centimetri e a seconda della tecnica possono essere affondanti o galleggianti. Le caratteristiche del pesciolino, da sole, non sono sufficienti per nuotare oltre i tre metri. Per andare più giù bisogna ricorrere a qualche sistema meccanico. L’affondatore a palla di cannone, un apparato da murata, anche elettronico, costituito da un braccio e una grossa palla di piombo che trasporta l’esca alla profondità voluta oppure la mantiene alla stessa distanza dal fondo (solo modello elettronico, vedi Cannon Optium 10), consente una grande precisione di pesca e una volta rotto il sistema di sgancio rapido (molletta o elastico) il con- tatto con la preda diventa diretto, più sensibile, più divertente e più sportivo.

“Io inizio sempre con due misure diverse 9 e 11 centimetri, oppure 9 e 14, nella speranza di avere un’indicazione anche dalla misura”.

Piombatura frazionata
In assenza di tale ausilio, in verità un po’ impegnativo, si ricorre, preferibilmente, ai piombi a sgancio rapido, frazionando i pesi e sistemandoli a distanze predefinite. Ad esempio, per calare l’esca (11 centimetri di artificiale con paletta affondante) a 12 metri dalla superficie ci vogliono due zavorre, una da 150 grammi sistemata a 30 metri dall’artificiale e un’altra, filati altri 40 metri, da 200-250 grammi. Naturalmente bisogna rispettare un certo equilibrio che parte dal diametro del filo, ad esempio 0,14-0,15 mm, per 20 lbs circa, in caso di multifibra.

Altri attrezzi
L’attrezzatura va di conserva, sempre proporzionata al filo. Per individuare uno standard possiamo rifarci a un mulinello a tamburo fisso di misura 5000 e una canna non più lunga di 2,5 metri, ottima anche quella per calamari, come suggerisce il coautore più titolato e credibile di questo articolo. Una spigola di 3 o 4 chili, un denticiotto esuberante o una palamita veloce, di sicuro ci faranno divertire. Il terminale è piuttosto generico salvo aumentare un pochino il diametro da 0,40 a 0,50 nel caso sia molto probabile allamare la palamita. Intatti, nell’eventualità che questa ingoiasse l’esca completamen-te, il filo dovrà vedersela con i micidiali dentini dello scombride striato. La velocità di traina si assesta a 3,5 nodi, così da assicurare all’esca un nuoto adeguato e un “affondo” sufficiente. Meglio non superare questa andatura che, nel caso, comporterebbe un incremento della zavorra e un conseguente calo di sensibilità e divertimento.

Asssetto di pesca
I pesciolini (minnow) per la spigola, sono generalmente galleggianti, con la paletta di plastica. Vanno giù fino a un metro e mezzo e risultano particolarmente catturanti perché la velocità (3,5 kn) è ideale per farli muovere alla perfezione, così da risultare irresistibili. In funzione del diametro del filo, dei pesi in gioco, dell’esca utilizzata, ma anche della velocità di traina, cambia l’asset-to generale. È sempre utilissimo, per rendersi conto di come nuota e soprattutto a quale profondità viaggia l’artificiale, simulare la pesca su un fondo sabbioso e su diverse batimetriche. Provocare incagli volontari sulla sabbia non porta danni ma incrementa la nostra percezione circa la posizione dell’esca e quindi la nostra capacità di modulare le varie componenti in gioco per raggiungere l’equilibrio ottimale in ogni situazione di pesca. Per la palamita si può navigare anche a velocità più sostenute, 4-5 nodi e con le esche più vicine alla superficie. In ogni caso quando si cala il pesciolino ad esempio a dritta, per evitare che la lenza finisca sull’elica del fuoribordo, bisogna, nel tempo di circa un minuto virare a sinistra di 15-20 gradi. Naturalmente ci si comporta al contrario se si fila lenza sul bordo opposto. In ogni caso facciamo attenzione che il fondo non risalga proprio in quel momento, il rischio d’incaglio evidentemente aumenta.

Colori
Un altro capitolo che fa discutere tantissimo è quello dei colori. Gli artificiali in commercio sono veramente tanti e diversi per foggia e soprattutto colore, sfumatura, brillantezza. È impossibile, visto l’universo di possibilità, individuare il buono e il cattivo. Però, un’indicazione di massima, una base di partenza, forse… A farsi avanti è sempre lui, professor Onofaro, che propone, di primo acchito, la cala di un pesciolino dai colori naturali che riproduca le sembianze di una sardina o di un muggine, ad esempio. Quindi dorso scuro e ventre chiaro, su una canna e un altro più vivace e contrastato, bianco e arancio o rosso, come il classico e premiatissimo Testa rossa di Rapala. “Io inizio sempre con due misure diverse 9 e 11 centimetri, oppure 9 e14, nella speranza di avere un’indicazione anche dalla misura.” Naturalmente il pensiero non è mio, ma dell’irraggiungibile Sandro! Bisogna considerare, inoltre, che spesso, il predatore attacca l’esca per difendere il territorio e in questo caso non fa differenza colore e forma dell’esca. Il pesce si trova in casa un estraneo “imboscato” che deve essere cacciato via con le buone o con le cattive. Bisogna sconfiggerlo a prescindere dal colore o dai centimetri. L’aggressione “comunque sia” valorizza qualunque tipo di esca, quindi le convinzioni di ogni pescatore che magari una volta ha avuto successo con un minnow artigianale divenuto quindi “magico”. Purtroppo, anche il limpido e trasparente mare della Sardegna, in pratica, si rivela molto più ricco di elementi estranei o comunque dannosi per la traina. Per tanto le esche vanno controllate, almeno ogni mezz’ora di traina. Vedrete che nelle ancorette si attacca di tutto, principalmente plastiche e quando si fa il pelo al fondo, foglie di posidonia. Non ci sono orari certi. L’ideale è quello di individuare una marcatura sull’eco e ripetere il passaggio più volte, anche con diversi assetti. Per questo è importante tracciare il percorso. Con 70-100 metri di traina non si può essere precisi, figuriamoci senza una guida scritta da seguire. Sono ottime le giornate con mare calmo e cielo coperto, anche piovigginoso, perché stimola i predatori a risalire in superficie convinti di trovare una mangianza. È sempre utile un guadino con maglia larga plastificata per evitare che le ancorette si aggancino nel filo intrecciato. Una buona strategia di pesca è quella di scegliere una zona abbastanza limitata, da battere in un’ora circa, e se dopo diverse prove non dà risultati allora conviene cambiare, anche seguen-do le batimetriche ad esempio dei 6 metri, poi 10 e infine 15. Per le barche più grandi un buon autopilota è necessario. La traina è comunque una pesca divertente perché può dare grandi soddisfazioni anche con piccole imbarcazioni, addirittura con la canoa.