Dentici con l'Artificiale

Dentici con l'Artificiale

Il dentice è l’incontrastato protagonista nella pesca sportiva in generale e si pesca dalla riva col rockfishing, in apnea a quote abbastanza impegnative e dalla barca, soprattutto con la traina col vivo. Molto meno popolare è invece la pesca al dentice con esche artificiali, con i classici minnow. Eppure, in barba alla non sempre adeguata reperibilità del calamaro o della seppia, giusto per citare i molluschi più utilizzati nella traina, e l’adozione, relativamente recente del multifibra nel mulinello, il pescatore tende ancora a sottovalutare l’esca finta. Non così la pesa il nostro espertissimo Sandro Onofaro che in questo articolo fa il punto sulla tecnica senza e con affondatore. Questa pesca si può praticare sia sottocosta che sulle secche su fondali che vanno dai 12 ai 25 metri, ricchi di posidonia e roccia e fa uso di piombi a sgancio rapido. È la tecnica decisamente più diffusa, ma, per sondare quote di livello inferiore, con qualche manovrina in più e un’attrezzatura dedicata, bisogna adottare l’affondatore a palla.

Piombo a sgancio rapido
Il passaggio dal piombo a tortiglione al piombo a sgancio rapido, nella traina con artificiali, ha segnato la fine di un’epoca e l’inizio di una giustificata modernità. Un altro evento di pari portata, ma più recente, è l’introduzione del multifibra , il quale invece del nylon, propone lo stesso carico di rottura ma un diametro del filo molto inferiore. Lo 0,40 (min.) di un tempo oggi si legge 0,14-0,16. Tradotto nella pratica significa che il minor attrito del filo vista la sezione più ridotta consente, a parità di peso, un affondamento dell’esca superiore. Nella quasi totalità di espressioni la zavorra ha una forma aerodinamica, una specie di siluro simmetrico (vedi Fonderia Roma), con due clip d’acciaio, gommate all’interno. Il piombo si posiziona direttamente sul filo alla distanza desiderata dall’esca, poi, con le pinze, si stringono le clip il cui interno è gommato e pur trattenendo il piombo in posizione non rovinano il filo. Nel caso che una generica “incompatibilità” tra zavorra e multifibra metta a rischio la tenuta, può essere necessario aggiungere due stopper. Il che, purtroppo significa vincolare il piombo alla sua posizione, quindi rinunciare a una successiva messa a punto, al variare della velocità di traina o della profondità dell’acqua. Nel caso si peschi con due zavorre allora è indispensabile realizzare gli stopper con l’elastico e la classica bocca di lupo, un nodo che può essere sciolto o spezzato velocemente.

Terminale
La parte sensibile di tutta l’attrezzatura è senz’altro il terminale, ossia tutto ciò che si aggiunge al filo multifibra del mulinello. Quindi uno spezzone di nylon di diametro compreso tra i millimetri 0,40 e 0,50, lungo 5-6 metri, congiunto con la lenza madre, col nodo “non nodo” giapponese FJ, un avvolgimento di una trentina di spire incrociate che unisce i fili e non incide sul carico di rottura. Sull’estremità libera montiamo un’esca affondante, un minnow di nove centimetri che può arrivare tranquillamente a 18.

Zavorre
Per posizionare correttamente la zavorra sul multifibra, si procede calando l’esca in acqua a velocità ridotta. Filati 25-30 metri di filo dalla nostra 14-16 libbre, sistemiamo la prima zavorra di 200-250 grammi. Poi rilasciamo altri 30-40 metri di multifibra da 20 lbs e posizioniamo la seconda e più pesante zavorra (g 300-350). Infine filiamo altri 30-40 metri e l’esca, un “sinking” di 14 centimetri (da sola va giù per 3-4 metri circa), in questo caso, raggiungerà venti metri circa di profondità, alla velocità di circa 4 nodi. Per guadagnare ancora qualche metro occorre aumentare il peso dei piombi, aumentando, nel contempo, la distanza tra i due. Nota bene, invertendo il peso delle zavorre si riduce l’affondamento dell’esca del 20-25%.

“Effettuata una cattura, non torniamo sullo stesso spot. Facciamo passare una giornata o diverse ore, per non far abituare il pesce all’esca e d’altra parte evitare sgradevoli mattanze”.


Affondatore a palla
Per le massime performance bisogna ricorrere al cosiddetto “affondatore a palla di cannone”. Si tratta di un grosso mulinello manuale collegato a una canna che sostiene una grossa palla di piombo in grado di trascinare l’artificiale a circa 40 metri di profondità. Esistono anche affondatori molto sofisticati, elettronici, interfacciabili con l’ecoscandaglio e che automaticamente sollevano la palla al diminuire del fondale. Ma i più diffusi sono ancora manuali. La canna, più o meno è uguale a quella utilizzata col piombo a sgancio rapido e monta un mulinello rotante che contiene circa 500 metri di multifibra del diametro di 0,15-0,20 millimetri.


In pesca
Filati 25-30 metri di filo, si aggancia il multifibra al cavo della palla con una pinzetta che si sgancia automaticamente in caso di ferrata. La discesa della palla è un momento delicato perché nonostante la zavorra sia dotata generalmente di un’aletta stabilizzatrice, in casi di laschi accidentali, potrebbe comunque ruotare su se stessa e attorcigliarsi con il filo. “La palla che preferisco, (qui entra di prepotenza Onofaro), ha le fattezze di un pesce, con due alette appena accennate che schiacciano la zavorra verso il fondo. In più ha una pinna in coda che evita rotazioni”. Il terminale riprende quello visto in precedenza solo che l’esca è galleggiante, altrimenti potrebbe navigare sotto la palla col reale rischio di toccare il fondo. È molto importante seguire una batimetrica e percorrerla a zig-zag, impostando la profondità al massimo 6 metri sopra. È buona norma cambiare spesso gli artificiali, piccoli, grandi, colorati specchiati, sgargianti, un’ora e poi cam- biare. Nel fortunato caso si attacchi un pesce, la frizione deve essere serrata con discrezione, visto che una prima ferrata la dà la pinzetta e si ha la necessità, in caso arrivi un predatore grosso, di lasciargli la possibilità di fuga. Solo dopo, procederemo a un calibrato serraggio. Quando parte la canna meglio recuperare subito la palla come fa un equipaggio affiatato: uno alla canna e un altro alla palla. “Effettuata una cattura, non torniamo sullo stesso spot. Facciamo passare una giornata o diverse ore, per non far abituare il pesce all’esca e d’altra parte evitare sgradevoli mattanze. Ho notato che con l’acqua leggermente velata il dentice è più attivo. Forse perché avverte maggiormente le vibrazioni dell’esca e magari vede il minnow meno chiaramente. Buoni i quarti di Luna, ma anche la Luna nuova. In ogni caso, ricordiamo, il risultato dipende da chi sta alla guida e soprattutto rilasciamo gli esemplari che non raggiungono il chilo e mezzo. I biologi dicono che se il denticiotto, non è risalito a palla, rilasciato immediatamente si riprende in un attimo.”.