Cristian Righetti

Cristian è un appassionato delle tecniche con fucili lunghi, vedi agguato e aspetto. L'agonismo però lo spinge verso la pesca in tana, e alla fine sia ritrova a suo agio e con grandi capacità, con tutte le armi e in qualsiasi condizione.

Foto sopra: Cristian con una grossa leccia fulminata con un arbalete Thorpedo.

Nasce e cresce a Civitavecchia. Dal 1992, precisamente dal 29 febbraio. Si laurea in scienze ambientali e prima di conseguire la magistrale in biologia marina risponde a una chiamata imperativa di Trenitalia: c’è da guidare un Freccia Rossa! E così Cristian Righetti, molla gli studi e anche la pesca, un’attività di puro piacere iniziata da giovanissimo quando il nonno gli regalò una canna in bambù, simile alla sua, che usava a Tolfa, al fiume. Come quelle che si trovano ancora, in due pezzi, con innesto in ottone, spesso esposta al pubblico, fuori dai bazar, accanto alle ceste degli infradito, delle maschere subacquee e delle spiaggine pieghevoli. Emulava Sampei, il famosissimo manga che dagli anni ’80 rapì attraverso la tv, l’attenzione di giovanissimi e non, solo che anziché girare per le acque giapponesi, si specializzò nella cattura di tordi e donzelle all’isoletta di Riva di Traiano.

E la pescasub? Arrivò presto perché appena imparai a nuotare e di conseguenza vedere pesci, mi armai con l’arco e la freccia ricavati da un ombrello, poi una fiocina e infine, a 16 anni, per la generosità di mio zio, ebbi in dono il diffusissimo Seac Polpone a molla. Poi seguì una muta, usata per via delle ristrettezze giovanili, e finalmente le pescate invernali. Uscivo in mare con un mio amico dell’epoca, Mirco Ceralli, accompagnati dal babbo che aspettava il nostro ritorno, pazientemente, in macchina. Pescavo a razzolo con un 50 a aria compressa. Fulminavo polpi, gronghi, murene, saltuariamente saraghi. Facevo esperienza

Il primo salto di qualità? Con l’arrivo dell’arbalete, un Omer Excalibur 90 carbon, regalo di un amico il cui genitore aveva uno sgabuzzino ricco di attrezzi e cimeli. Da qui mi appassionai all’aspetto, grazie anche ai video di Bardi e Dapiran, Tiveron e Antonini, e naturalmente le immagini e i racconti di Pescasub & Apnea. All’epoca la rivista costava 5 euro, praticamente la mia paga settimanale, in teoria destinata alla merenda. Mia mamma però s’insospettì, capiva che qualcosa era fuori squadra ma io l’anticipai, cancellando il prezzo, anzi riducendolo ad arte alla metà. In quinta superiore il mio amico, virò verso la canna. Non ho mai capito perché. 

grossa ricciola

Quindi hai continuato da autodidatta? No! Nel 2012, per me anno di svolta, conseguii il brevetto di pesca agonistica Fipsas, ma soprattutto a ottobre dello stesso anno… l’incontro con mito Fabio Antonini, fu lui che m’introdusse tra le fila dell’Sps Foce del Mignone. 

Parliamo di pesci? Certo… un pesce per me importante. Era il 30 ottobre del 2012, a Santa Severa. La mareggiata da ponente che infuriava nei giorni precedenti era in scaduta. La visibilità, già scarsa di suo in quella costa, il giorno era ancora peggiore. Non feci molta strada e mi trovai subito di fronte, su un fondale modesto, un bel dentice che sparai immediatamente. Decisi che forse potevo insistere visto il poco tempo speso e in un aspetto catturai una spigola. Ero molto eccitato, ma coperto da una muta di soli 3 millimetri e il freddo si sentiva già pungente. Chiamai mio padre per condividere il bel momento e lui m’invitò a rientrare per vedere subito i pesci, anche perché con lui c’era Fabio Antonini. Fu un rientro trionfale e Fabio ne approfittò per invitarmi nel magico circo dell’agonismo.

Dentice sparato in condizioni di scarsa visibilità.

Quando hai esordito? La prima gara fu a Latina, nel 2013, in primavera, a Foce Verde. Era la mia prima selettiva. L’acqua, come al solito in quei lidi, era molto torbida ma, nell’occasione anche ricca di pesci. Arrivai quinto su oltre trenta agonisti con un bel sarago di oltre ½ chilo su tutti. Ma non ero costante, non riuscivo a chiudere tutte le prove e sfruttare appieno il calendario. La mia posizione era abitualmente a metà classifica. Eppure mi piaceva l’ambiente, ma qualcosa mi distraeva e non riuscivo a esprimere il massimo delle mie potenzialità. Poi il 2023 fu l’anno della svolta. Mi qualificai per la prima volta in seconda categoria. Con tre prove di cui due ottime e una un po’ meno, strappai il biglietto per Bonagia nel 2024. Anche lì andò bene. Vinse Cappelletti, io arrivai dodicesimo, quindi con il pass per l’assoluto a Gallipoli. Tanto entusiasmo, non fu sufficiente a colmare una preparazione scarsa e gli scherzi meteo. Dei due campi gara, uno era più affine alle mie caratteristiche, quindi, visto che il campionato si sarebbe risolto in una sola prova, mi concentrai su quello. Purtroppo l’organizzazione ci destinò tutti sull’altro campo e non potei fare altro che improvvisare. Arrivai ventiseiesimo. Il prossimo impegno è di nuovo nel campionato di qualificazione, nella tua Sardegna, a Alghero, a settembre 2026. Spero tanto di poter disporre del tempo sufficiente per la preparazione e quindi fare una bella figura.

Corvine e una cernia. Cristian è tester di attrezzatura per Pescasub & Apnea e da qualche anno cura la rubrica "Nel cuore delle selettive". Inoltre collabora con Torpedo per gli arbalete e Sub design per le mute.

La preda più grossa? Era marzo 2020. A Santa Marinella, tanto per cambiare. Uscì a pinne, da terra, mi piace, mi sembra di essere quasi a armi pari con i pesci. Il tempo era uggioso come spesso succede. Soffiava un maestrale forte, e l’acqua era molto fredda e abbastanza torbida, più della norma. Impugnavo un Omer HF 90 con elastico da 17,5 e asta da 6.2, tutto calibrato per la spigola. Mi allontanai 200-300 metri, ancora su basso fondale max 5-6 metri. A un tratto apparve un banco di sardine, un banco enorme e compatto, non vedevo oltre. D’improvviso questo muro si pescetti si aprì e vidi sbucare questa grossa ombra… una leccia? Ero indeciso su tutto ma arrivò così tanto vicino che lo riconobbi e lo sparai, sulla coda. Era un tonno. Dopo un po’ di sci nautico assunsi una posizione verticale per fare maggior attrito e farlo stancare. Così per 7-8 minuti, poi cedette esausto fino a cadere sul fondo. Il ritorno, a nuoto, col fardello di 45 chili, per circa 600 metri, fu un bel mazzo. A terra, sfinito anch’io chiamai due amici Giuseppe Forense e Marco Corsetti, che si congratularono e mi diedero una mano. Ma il giorno dopo... acido lattico…

Cristian con la preda più grossa della sua vita, un tonno rosso. Un pesce eccezionale per dimensione e per la modalità di cattura.

Un pesce inatteso? Era il 2022, febbraio, una settimana prima del mio compleanno, e il tempo sempre uggioso. Ero a Santa Marinella col mare in scaduta. Tentai un agguato che terminò sulla posidonia. C’era un gradino e subito sotto scorsi una spigola, una grossa spigola. Mi venne incontro, con tutti i maschi intorno. Fui obbligato a sparare, a me la spigola piace molto e dalle mie parti non se ne vedono tante, poi di queste dimensioni… Pesava 7 chili e 100. 

Spigola monster del peso di oltre sette chili, pescata da Cristian a Santa Marinella.

I posti più frequentati? Ho sempre pescato all’agguato e all’aspetto sul litorale tirrenico tra Santa Severa e Montalto di Castro. Di solito andavo per lo più da solo, e tutt’ora sono abbastanza solitari, soprattutto per le uscite da terra. Ma ho pescato con tutti gli atleti locali, ad esempio Fabio Antonini. Una figura importante per la mia “formazione” da garista è sicuramente, l’ex agonista Angelo D’Onofrio col quale mi confronto quotidianamente, guadagnando ottimi consigli. Da qualche anno faccio “coppia fissa”, soprattutto durante le scorribande in gommone e per le gare, con il mio amico Giuseppe Forense.

Un episodio spiacevole? Beh, molto spesso mi sono passati vicino con le eliche. Ma una volta, un pomeriggio, a Gallipoli, fuori dal faro, mentre preparavo il campo gara col mio compagno di pesca Giuseppe, che stava in acqua, una grossa barca da pesca d’altura ci veniva incontro in velocità. Virerà, virerà... non vira! Impaurito richiamo Giuseppe che con un balzo sale al volo sul tubolare, mentre io do gas e lascio spazio al pazzo che a 30 nodi circa sfreccia esattamente dove eravamo noi. Se fossimo stati distratti anche noi sarebbe stata una tragedia. Ma ti voglio raccontare anche questo, a proposito dell’aggressività della murena, sempre dalle nostre parti. Questa estate ero con un paio di amici (Francesco Pintus e il solito Giuseppe Forense) in cerca di acqua pulita a Montalto. M’immersi su un fondale di 23 metri col l’acqua torbida per almeno 10 metri, mentre vicino al fondo la visibilità era decisamente migliore. Appena mi appoggio per fare l’aspetto, da un pagnottone di grotto schizza fuori una murena che mi attacca con decisione in faccia e mi colpisce il labbro spaccandolo. Nessun morso, per fortuna, ma una botta forte sì. Probabilmente fu solo un avvertimento, ma io mi spaventai tantissimo. Risalì al volo, ovviamente, e raccontai l’accaduto come avrebbe fatto solo un miracolato.