Carene Plananti

Carene Plananti

Parlare oggi di barche e carene, indicando quale sia la migliore scelta, è pura utopia. È come se volessimo suggerire quale sia l’auto migliore da acquistare. Tutto dipende da molti fattori, dovremo stabilire quale sarà l’uso prevalente che se ne vuol fare, dopo dovremo scegliere le dimensioni, la motorizzazione, il comportamento con mare formato. Una volta stabilito questo la nostra attenzione sarà rivolta alla suddivisione interna dello scafo, alla presenza di scompartimenti, al tendalino, al salpa ancora, alla consolle e relativa strumentazione. Ciò premesso dedicherò quest'articolo alle carene, cercando di dare delle indicazioni generali, che possano orientarre il lettore nella scelta.

Vetroresina e alluminio
Innanzi tutto facciamo la distinzione tra carena in vetroresina e carena in alluminio marino. Sono entrambe validissime, ciascuna con le sue caratteristiche e la scelta, come già accennato, è legata alle esigenze di ciascuno. Ovviamente, parlando più o meno di natanti, a prescindere dal materiale con cui è ricavata la carena, mi limiterò a considerare le caratteristiche di quelle plananti. Questo tipo di carena consen-te all’imbarcazione di sollevarsi dall’acqua durante il moto, in modo da ottenere una notevole diminuzione del- la parte immersa, con conseguente mi-nor resistenza e maggiore velocità a parità di potenza motore. In questo caso lo scafo passa dal regime dislocante a bassa veocità, a quello planante di un moto più vivace.

Spinta idrostatica e portanza
In pratica parte della spinta idrostatica, che garantisce il galleggiamento in condizione di scafo dislocante (cioè con carena completamente immersa), viene sostituita dalla portanza. Negli scafi dislocanti si ha la componente di resistenza d’onda molto pronunciata perché, viaggiando con tutta la carena immersa, tendono a spostare una massa d’acqua quanto più è grande il volume immerso e quanto più alta è la velocità. Quando invece lo scafo si trova in regime planante la superficie della care- na, genera una portanza diretta dal basso verso l’alto e perpendicolarmente al fondo della carena. La portanza sostiene la maggior parte del peso dell’imbarcazione e varia con il variare della velocità e dell’assetto dello scafo, facendolo sollevare dall’acqua, diminuendo così il volume immerso, la superficie a contatto con l’acqua, e di conseguenza, la componente di resistenza d’onda. Questo fenomeno è simile a ciò che avviene sulle ali di un aereo in fase di decollo con la differenza che, nel caso dei profili alari, la portanza è generata dalla differenza di velocità del flusso d’aria tra il dorso e la faccia del profilo, mentre le carene offrono una sola superficie di contatto con il fluido che le investe, vale a dire l’acqua. Il liquido, avendo una densità molto superiore a quella dell’aria, ren-de sufficiente la sola forza di pressione sullo scafo per sostentarlo. La portanza di una carena dipende dalla forma di quest’ultima, dalla dimensione e dalle sagome delle superfici di contatto con l’acqua oltre che dall’angolo di rialzamento del fondo (più comunemente chiamato V di carena).

Nelle carene note come “carene in stile inglese”, invece, il deadrise si mantiene costante per tutta la lunghezza della carena, con valori prossimi ai 24°.


Pattini Hunt
I disegni della carena delle barche non sono tutti uguali, ogni costruttore ha il suo. Quello che li caratterizza è la presenza di gradini longitudinali, detti anche “pattini Hunt” (dal nome del loro progettista Raimond Hunt), che collegano la parte anteriore della carena a V con la parte posteriore che si allarga. Questo gradino è in sostanza una nervatura longitudinale con la superficie della sua parte inferiore pressoché piatta e con la superficie vertica- le che si raccorda con la carena. Questi gradini (strikes in inglese), detti anche pattini di sostentamento, possono essere più o meno pronunciati e variabili sia in altezza sia in larghezza. Lo scopo di queste strutture è di creare una notevole spinta verticale (la portanza),  facilitando il sollevamento dello scafo sull’acqua, a partire da una certa velocità. Hanno inoltre lo scopo di aumentare (sia pur di poco) la stabilità longi- tudinale, riducendo il beccheggio in caso di mare mosso e di aumentare anche la stabilità trasversale oltre al controllo della virata.  I pattini hanno anche la funzione di mantenere asciut-to il mezzo poiché deflettono il flusso d’acqua verso il basso.

Deadrise
Un'altra caratteristica delle carene è il “deadrise”, vale a dire l'angolo, su una sezione trasversale della barca, tra il piano orizzontale e la tangente allo scafo che varia secondo la posizione longitudinale della sezione, diminuendo verso poppa a partire da quella centrale. Questo è tipico delle carene tradizionali italiane le quali si distinguono per avere una V notevolmente pronunciata a prua e che poi si appiattisce dal centro fino a poppa. Nelle carene note come “carene in stile ingle- se”, invece, il deadrise si mantiene costante per tutta la lunghezza della carena, con valori prossimi ai 24°. Questo particolare consente allo scafo, dopo l’entrata in planata, di sollevarsi completamente sull’acqua, mantenendo bagnata soltanto la parte poppiera. Que- sto, soprattutto in condizioni di mare mosso consente inoltre una navigazione “morbida”, priva dei fastidiosi colpi. Queste carene possono lasciare l’acqua quasi completamente quando incontrano un’onda e il successivo punto d’impatto, al rientro, è posizionato normalmente nella parte posteriore, che presenta un deadrise profondo, riducendo, di conseguenza, l’impatto maggiore che si avrebbe con una sezione poppiera piatta. Questo tipo di carena, avendo una V profonda a poppa, assicura anche una stabilità direzionale maggiore rispetto a quelli a V mo- derato, in condizioni di mare di prua, al mascone e con mare di poppa. An-che la morbidezza nelle virate a velocità sostenuta è un fattore positivo a vantaggio degli scafi con una V profonda, permettendo una virata più controllata. Questo è dovuto al fenomeno d’inclinazione laterale dello scafo ver- so l’interno della virata, che è pronunciata nel caso degli scafi a V profondo, mentre nel caso di scafi a fondo piatto, avviene, invece, una tendenza dell’inclinazione verso l’esterno della curva. Relativamente di recente su alcune carene sono stati introdotti anche dei gradini trasversali, chiamati “step”, che creano una sorta di cuscino d’aria col vantaggio di avere meno superficie bagnata. In pratica, per effetto della velocità l’acqua che incontra il gradino scivola al di sotto trovando il vuoto, creando una sacca d’aria tra la superficie dell’acqua e la carena, che funziona da cuscino, sostenendo lo scafo. Questo effetto avviene tutte le volte che l’acqua ne incontra uno. La pressione della aria genera, oltre alla portanza anche una riduzione della superficie bagnata della carena e quindi meno attrito. Il vantaggio offerto dagli step, principalmente, è una riduzione della resistenza dovuta alla diminuzione della superficie bagnata. Questa riduzione della resistenza permette una maggiore velocità massima, l’applicazione di motori con potenze inferiori e, conseguentemente, minori consumi.