Calamari e Seppie e...
Nei mesi più freddi, tra le tante tecniche di pesca praticabili dalla barca, una assume particolare importanza: la pesca ai cefalopodi. E intendiamo calamari, seppie e polpi. La valenza di questi molluschi è duplice visto che l’intera triade costituisce non solo la base di una bella frittura o insalata ma anche l’inizio di un’appassionata avventura di pesca al dentice nella traina col vivo o alla cernia per quanto riguarda il polpo nel bolentino profondo. Tutti questi animali con i piedi attaccati alla testa (cefalopodi) hanno determinato lo sviluppo di tecniche di pesca specifiche, dedicate quindi all’uno o all’altro. Allo stesso modo, però, con vergognosa frequenza, salgono a bordo “indifferentemente” quando si è intenti a pescare calamari con l’innocua tecnica del tataki. Siamo nel pieno di una pesca in verticale, dinamica, produttiva e divertente, che accoglie anche in un piccolo gommone, un’altra triade armata di esche morbide ma pericolosamente acuminate per quella coroncina di punte acuminate che spesso, ahimè, cattura per le zampe i cefalopodi e li rilascia solo a pagliolo. Abbiamo capito che si parte da un natante, almeno, e che raggiunta la zona di pesca, in un fondale solitamente dai 20 ai 50 metri, ci si lascia trasportare dalla brezza per una velocità ideale di 0,3-0,5 miglia all’ora. A tal proposito, nulla è si può fare se vento & C latitano, mentre è possibile mitigare la furia di Eolo con un’ancora galleggiante o due, alla ricerca di quella velocità ideale. Tutto ciò, con maggior successo, all’alba e al tramonto.
Continua a leggere sul giornale...
Commenti ()