Aspettando Dentici e Co.

Aspettando Dentici e Co.

I cambiamenti climatici oramai rendono sempre meno affidabili quelle poche “certezze” che accompagnano il pescatore nella scelta delle zone da battere e che, difatti, risultano perciò ancora meno concrete; se dunque volessimo fare un azzardo, affermando che il periodo invernale è quello più caratteristico per la presenza della regina del freddo, la spigola, (“azzardo” giacché effettivamente parrebbero diminuiti gli incontri nel bassofondo in inverno appunto, o perlomeno si possono fare in numero minore ma diluiti in un periodo più lungo), allo stesso modo potremmo dire che quello attuale è fra i più propizi per l'incontro con alcune delle prede più ambite, sia per quanto riguarda la mole che tali pesci possono raggiungere, sia per la difficoltà nel catturarli e per la conseguente soddisfazione che si prova. Già dal mese ormai passato, risultava evidente come gli strati superficiali del mare tendano a riscaldarsi sempre più, contribuendo in modo decisivo alla risalita dalle acque profonde di tutti quegli organismi che trovano nel sottocosta o nelle improvvise risalite dagli alti fondali gli ambienti ideali per soddisfare le necessità alimentari e, a seconda della specie, quelle riproduttive. Va da sé che, a seguire tale “regola”, siano anche i grossi pelagici che si trovano all'apice della catena alimentare, e che costituiscono i protagonisti ai quali è rivolto l'approfondimento in questo articolo.

 


Pesca mirata
E' per me doveroso specificare di non essere un così grande esperto in questo senso, tuttavia questo tipo di pesca risulta veramente affascinante e vale la pena conoscerne le basi, perlomeno per avere qualche possibilità di incontro; la cattura di queste prede è infatti assolutamente mirata, sia nel senso delle attrezzature che vengono impiegate, sia per quanto riguarda le zone e le tecniche da adottare, anch'esse decisamente ben specifiche. In sostanza si potrebbe affermare che è improbabile non solo sparare, ma persino anche solo avvicinare tali prede, se non si rispettano alcune di quelle “regole” che, nonostante siano variabili come suddetto, tuttavia regalano ancora qualche chance in più.

La tecnica
Piuttosto che citare i pesci insidiabili, data la loro grande variabilità, è forse meglio ora concentrarsi sulla tecnica in questo caso consigliabile, ovvero quella dell'aspetto, e nella fattispecie quello medio-profondo. Come detto, già da questo periodo e per tutto quello estivo, fino ai mesi di settembre ed ottobre (risaputi come i migliori) cominciano a riavvicinarsi alle coste i grossi pelagici quali le ricciole, le palamite, i tonni e le leccie, che si spingono alla ricerca di cibo lungo le risalite e le secche, presso cui sostano per periodi più o meno lunghi, perlomeno fino a quando la quantità delle loro prede sarà  sufficiente; nel contempo, lungo le franate si presenteranno spesso, in caccia e perlopiù ancora isolati, grossi dentici e cernie che ugualmente risalgono dagli strati più profondi. In generale sono tutti individui reduci da un periodo più o meno lungo in cui presumibilmente non hanno avuto incontri con l'uomo, per cui avvicinare tali esemplari “primaverili” risulterà decisamente più semplice rispetto a quelli che saranno insidiati alcuni mesi dopo che molto probabilmente invece incontreranno il subacqueo diverse volte e ne conserveranno il cattivo ricordo per un periodo più o meno lungo. Anche in questo caso gli orari riconosciuti come migliori sono quelli dell'alba o del tramonto, anche se, più precisamente, le condizioni perfette si hanno quando nella zona prescelta non si sono avute “visite” precedenti alla nostra. La zona più indicata sarà quella della secca e della risalita, rocciosa o di posidonieto, che dai fondali più profondi giunge a quote che possono ancora risultare ottimali per il subacqueo, ovviamente in base alle capacità di ognuno. Per la mia esperienza direi che, sempre in linea di massima, aumentando le quote operative si hanno maggiori possibilità di incontro, anche se tutto ciò è sempre strettamente legato allo specifico luogo in cui si pesca. Molti pescatori sono soliti chiedere, ad esempio, “dove sono i dentici?”... Inutile dire che essi stanno pressoché ovunque! Ma se volessimo esser davvero precisi, possiamo affermare che i fondali preferiti da questa specie bentonica sono sicuramente i classici che si hanno alla fine delle franate, dove le ultime rocce cadono sul misto e lasciano spazio a pozze di sabbia e posidonia. Studiando la conformazione del fondale o anche le batimetriche della zona con una carta nautica, si possono sicuramente avere utili informazioni per individuare quelle più fruttuose. In questi casi, un tuffo ben eseguito con tanto di caduta e appostamento, magari alla base della franata, a mio avviso porta quasi sempre a far avvicinare, dopo una breve attesa, tutto il branco dei predoni che eventualmente pattugliano la zona. La cattura certo non sarà facile, dato il comportamento da predatore e l'atteggiamento circospetto che lo contraddistingue, con la scena classica del dentizione (o più d’uno) che si avvicinerà ed allontanerà più volte, mettendo a dura prova i polmoni del subacqueo. E' in questo momento che un'attrezzatura adeguata, con fucili dalla lunga gittata (oltre i 4 metri è ormai una normalità, vista l'evoluzione e la rivoluzione che i fucili stanno avendo, roller e doppi in primis) che garantiscano lo sparo veloce e potente di un'asta di adeguato spessore (da 7 millimetri sarebbe il minimo per questa pesca), ancor meglio se dotata di doppia aletta per migliorare la trattenuta di una preda che può abbondantemente superare i 10 chili (con le ricciole i pesi sono decisamente più elevati, superando in certi casi il mezzo quintale). Se con tale azione, più difficilmente con l'agguato, è possibile arpionare il dentice (ma anche la grossa orata, o il sarago, o la corvina, tutte prede che però è preferibile non sparare se ci si vuole dedicare a prede più “nobili”), lo stesso può dirsi per la cernia, o il dotto, altre prede che vivono a contatto con il fondo e che spesso sono incuriosite da una discesa ben eseguita; probabilmente la differenza sostanziale sta nella tecnica finale utilizzata per finalizzare la cattura, che in questo caso potrebbe essere un agguato profondo, dato che sarà possibile l'avvistamento già dalla caduta, tuttavia improbabile che il serranide si avvicini all'aspetto, preferendo stare a curiosare, “in candela”, a distanza di sicurezza. Come appena precisato queste tecniche sono rivolte alla cattura di grosse prede; appare dunque intuitivamente ovvio quanto sia sconveniente spaventare tali pesci, magari sparando prede degne di attenzione tuttavia “minori”; si rischierebbe infatti di vanificare l'avvicinamento del predone che, spaventato dallo sparo o allarmato dalla fuga del pesce colpito, si allontanerebbe per diverso tempo vanificando eventuali altri sforzi. Altra preda regina di questa tecnica è naturalmente la ricciola, il cui incontro è già di per sé qualcosa a mio avviso di fantastico, sia per la mole che spesso raggiunge sia per l'incedere maestoso con cui si presenta sempre all'appello: lenta nelle movenze, con un testone grosso che a volte fa trasalire per come improvvisamente ci appare vicino, è forse, con il tonno naturalmente, uno dei traguardi per ogni pescatore subacqueo. Non ho mai avuto il piacere di spararne una così grossa, tuttavia mi si è presentato l'esemplare stimato oltre i 30 chili, purtroppo lontano, mentre ho provato alcune volte l'emozione di prede di un metro di lunghezza (sparate e non, catturate, strappate...) che sono anch'esse sicuramente appaganti! Allo stesso modo, anche se su fondali spesso più bassi, come quelli presso le zone portuali o comunque lungo “rotte” abbastanza abituali, possono avvicinarsi grossi serra, barracuda, lampughe (perlopiù in estate e spesso in pochissimi centimetri d'acqua) e leccie amia, bellissime anche solo da vedere ed anch'esse dal comportamento da veri predatori quali sono: a volte di mole, prive di timore, spesso non si allontanano nemmeno quando il pescasub è costretto ad inseguirle per via della distanza troppo grande, che comprometterebbe il successo del tiro. Scontato è il consiglio di agire sempre in coppia: spesso tale pesca va fatta su fondali impegnativi e si ha a che fare con animali che, anche se sparati con attrezzature adeguate, sono ancora capaci di trainare per diverso tempo il cacciatore verso il mare aperto, con tutte le difficoltà che ci si può ben immaginare... In definitiva, una tecnica di caccia ben specifica, quella dell'aspetto, pare essere la più indicata per ottenere in questo periodo dell'anno, i risultati migliori per incontrare, e spesso catturare, alcune delle prede più eleganti e forti del nostro mare, nonché ambite dai pescasub a tutti i livelli.